[15/01/2013] News
Negli ultimi giorni si è acceso un dibattito - peraltro non è la prima volta che accade - sulla figura del presidente di Parco. Ad innescarlo le nomine, ancora in itinere, nei parchi nazionali delle Foreste Casentinesi e dei Monti Sibillini. Anche alcune associazioni ambientaliste hanno sollecitato, giustamente, delle decisioni rapide per evitare fasi commissariali.
Fino ad oggi devo riconoscere al ministro Clini il merito di aver risolto velocemente quasi tutte le nomine, superando anche alcune annose gestioni commissariali. Si è sempre passati, come è giusto e come prevede la legge, attraverso proficue concertazioni con le regioni. Penso all'Appennino Tosco-Emiliano, all'Appennino Lucano, all'Alta Murgia, al Gargano, e al Pollino, alle Cinque terre, all'Arcipelago toscano; e ancora Maddalena, Maiella. In tutti questi casi il Ministero ha trovato soluzioni in tempi brevi senza bracci di ferro con le Regioni, segnando un metodo ‘di svolta' e andando oltre esperienze del passato che io mi auguro davvero superate.
Adesso rimangono solo quattro parchi senza un presidente: i due citati all'inizio più quelli dell'Aspromonte e di Abruzzo Lazio e Molise.
Ma che caratteristiche deve avere il presidente di un parco? Se facciamo riferimento alla normativa, la Legge 394 del 1991, nulla dice rispetto a questo argomento, lasciando il ministro libero nella scelta, purché d'intesa con le Regioni. Ecco che allora entriamo nel campo delle opinioni e per questo esprimo le mie, che sono frutto dell'esperienza maturata negli anni e della conoscenza diretta di decine (forse centinaia) di presidenti di parco.
Direi che c'è una prima serie di prerogative che a mio avviso sono comuni a qualunque amministratore pubblico e che quindi, anche il presidente di un parco deve possedere: l'onestà, il rispetto e l'orgoglio di rappresentare un'istituzione, la voglia di impegnarsi in un contesto pubblico, la capacità di saper ascoltare con attenzione anche chi esprime opinioni diverse dalle proprie, e ancora la capacità di mediare per raggiungere un risultato, la dote di leadership, la disponibilità al confronto con chi svolge gli stessi compiti in altri territori. Ma non è tutto. Per fare bene il presidente di Parco sono necessarie anche altre cose, in realtà utili anche all'amministratore di un Comune o di una Provincia: e cioè sensibilità verso le tematiche ambientali, curiosità e rispetto verso la scienza, conoscenza degli usi e costumi locali, delle tradizioni.
Non voglio eludere un punto dibattuto: il presidente di un parco deve essere un esperto di ambiente? Io ritengo che la competenza in campo ambientale possa senz'altro aiutare, ma sono altri, come ho detto, i requisiti propedeutici. Io sono biologo, mi occupo da sempre di biodiversità e ho insegnato all'università per sei anni nel corso "Gestione delle aree protette". Questo certamente mi aiuta, ma più ancora, per condurre un parco, mi hanno aiutato e mi assistono altre esperienze. Anche perché le competenze tecnico-scientifiche ed amministrative - nei parchi - ce l'hanno già, sicuramente, i dipendenti. Per essere un buon sindaco non serve avere una laurea in scienze politiche o essere un docente di diritto amministrativo. Gli atti e i progetti li fanno i segretari comunali, i dirigenti, i dipendenti. Bisogna poi considerare che con l'esperienza e "l'allenamento" si può migliorare, crescere e acquisire competenze che magari, in avvio, non fanno parte del bagaglio personale.
Ciò che invece, secondo me, è importante - e concludo - è un altro requisito: molti dei più bravi presidenti che ho conosciuto nella mia vita hanno avuto in precedenza esperienze di amministrazione locale. Sì, è vero, ho conosciuto anche bravi presidenti che questo background non lo possedevano, ma in percentuale sono più rari. Sono l'eccezione, non la regola.