[21/01/2013] News

Turismo Italia 2020, Legambiente stronca il Piano del ministro Gnudi: «Non sembra fatto per il nostro Paese»

Puntare sulla valorizzazione dei nuovi turismi legati a territorio e ambiente non sulle grandi infrastrutture alberghiere

Il ministro del Turismo Piero Gnudi ha presentato al Consiglio dei ministri del 18 gennaio il suo Piano Strategico "Turismo Italia 2020. Leadership, Lavoro, Sud" che prevede sette linee di intervento fondamentali, declinate in circa 60 azioni concrete da realizzare. Le sette linee guida sono: Governance: potenziamento del supporto e del coordinamento centrale; Rilancio dell'Agenzia Nazionale del Turismo: riprogettazione della missione e dell'organizzazione, in linea con le migliori agenzie nazionali per il Turismo; Miglioramento dell'offerta: focus su 30-40 poli prioritari, innovazione e segmenti affluent e Bric (Brasile, Russia, India, Cina); Ricettivo: riqualifica e consolidamento; Trasporti e infrastrutture: evoluzione coerente con i bisogni del turismo; Formazione e competenze: riqualificazione dell'istruzione turistica e attrattività delle professioni; Investimenti: attrazione tramite incentivi specifici e "burocrazia zero".

Il Piano, presentato a legislatura già finita da un ministro uscente, non convince affatto Angelo Gentili, responsabile nazionale del settore Turismo di Legambiente: «Questo piano sembra fatto per un paese qualsiasi  ma l'Italia non è un paese qualsiasi. Il piano Gnudi non tiene infatti conto delle specificità e delle bellezze del nostro Paese, dell'intreccio tra agricoltura di qualità e territori tutelati e di pregio, o delle suggestive specificità dei nostri centri minori. Sembra non considerare affatto l'importanza di un turismo diffuso, capace di restituire  una sorta di modello unico italiano che conserva straordinarie capacità di ripresa nonostante il momento di grave crisi. L'obiettivo centrale del piano è infatti il rilancio delle grandi strutture con una logica datata e perdente, oltre che non adatta per il sistema Italia».

Il Cigno Verde boccia quindi senza appello il Piano strategico del ministro Gnudi, «Che punta soltanto sull'imitazione del modello oggi in crisi legato alle grandi strutture e realizzato in Spagna, Croazia e Turchia».

Secondo Gentili, «Occorre puntare su tutte le forme di turismo diffuse e sulla valorizzazione della bellezza declinata in molti modi diversi nel nostro territorio. Bisogna investire su quella parte dei nuovi turismi, che è oggi in crescita e che vede un viaggiatore attento alla sostenibilità ambientale, alle peculiarità storiche e paesaggistiche dei nostri territori. Ma di tutto questo non c'è traccia nel Piano del Turismo proposto dal ministro Gnudi, che ripropone formule ormai obsolete e prive di efficacia anche dal punto di vista economico, arrivando addirittura a ipotizzare la nascita di "nuove Costa Smeralda"". Oggi infatti assistiamo sempre più alla domanda di una vacanza breve e intensa che ha bisogno proprio di far leva su un rinnovato e capillare rapporto con il territorio. Se è vero che si è passati dal turismo di massa alla massa di nuovi turismi (escursionismo, cicloturismo, agriturismo, ecc.), la prima cosa da fare sarebbe stimolare in questo senso una progettualità e soggettività dal basso che faccia tesoro di quanto già oggi esiste sul mercato. Invece che investire enormi risorse per un turismo che non si incrocia con le realtà storiche e culturali del nostro paese, occorre promuovere servizi specifici che diano maggiore forza alle iniziative portate avanti con difficoltà dai singoli operatori privati; bisogna cioè offrire un contesto all'interno del quale le nuove offerte turistiche possano trovare humus favorevole e fattori di crescita. Nonostante nel rapporto si riconosca, ad esempio, che il prodotto mare dell'Italia è in forte crisi, la proposta si limita in modo preoccupante a prevedere lo sviluppo di strutture di grandi dimensioni, per lo più concentrate in grandi catene alberghiere».

Infatti il Piano Gnudi riduce tutte le ragioni della crisi del turismo costiero e insulare all'offerta alternativa estremamente aggressiva, più moderna e meno costosa di Paesi come Spagna, Turchia e Croazia ed alla dimensione media degli alberghi italiani, per fare riferimento in modo preoccupante ad "Un trend mondiale che vede lo sviluppo di strutture di grandi dimensioni, per lo più concentrate in grandi catene alberghiere". Non una parola sulle villettopoli e sugli abusi edilizi che hanno sfigurato molte delle nostre coste e che rendono problematici i piani dei poli turistici al Sud proposti dal Ministro se non si andrà ad una ricognizione puntuale di quanto già fatto sul territorio, al risanamento ed alla restituzione di quei luoghi alla loro bellezza originaria. Positivo anche il richiamo al fatto che "Lo sviluppo del mercato delle seconde case è già maturo: il numero di notti complessive in seconde case (circa 670 milioni) è circa doppio di quello in esercizi ricettivi", anche se poi non se ne traggono le dovute conseguenze e non si affronta il tema emergente dell'albergo diffuso come modo per valorizzare i centri storici delle piccole località turistiche.

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