
[23/01/2013] News
«Il clima globale potrebbe essere “dirottato” da un Paese canaglia o anche un ricco individuo con costi imprevedibili»
Nel suo Global Risks Report 2013 il World economic forum (Wef) in corso a Davos ha identificato, insieme a Nature, i 5 rischi X Factor che non sono solo i rischi principali esistenti ma anche i potenziali "game-changers": tra questi c'è la geo-ingegneria.
Tim Appenzeller, chief magazine editor di Nature, che ha collaborato alla redazione degli X Factors, spiega: «Con sentimenti molto contrastanti, i climatologi stanno studiando sistemi di geoingegneria per alterare volutamente il sistema climatico e combattere gli effetti dei gas serra in aumento. In uno scenario, palloni e jet rilascerebbero nella stratosfera una nebbia di particelle di zolfo riflettenti, oscurando i raggi del sole e raffreddando il pianeta». Gli stessi ricercatori temono però che la geoingegneria possa influire sul clima del pianeta in modo inaspettato e per questo i test di geo-ingegneria fino ad ora sono stati sempre su scala ridotta e sperimentali. «Ma si profila un X Factor - dice un Appenzeller - La geo-ingegneria è abbastanza semplice ed economica che una nazione canaglia, ed anche una company, potrebbe applicarla su larga scala prima che i suoi rischi siano ben compresi, innescando forse una diffusa crisi climatica».
Il termine geoingegneria in realtà comprende molte cose, ma il Risk Team del Wef sottolinea che «E' più spesso associata a un campo scientifico che è conosciuto come "solar radiation management". L'idea di base è quella che particelle di piccole dimensioni potrebbero essere iniettate in alto nella stratosfera per bloccare una parte dell'energia solare in arrivo e rifletterla nello spazio, così come hanno fatto in passato grandi eruzioni vulcaniche. In netto contrasto con decenni di evoluzione tecnologica e dispute politiche riguardanti la revisione delle infrastrutture energetiche per ridurre le emissioni di gas serra, la gestione della radiazione solare dovrebbe agire in fretta e la sua attuazione sarebbe economica, anche se gli effetti collaterali possono renderla una scelta molto costosa».
Fino ad ora la maggior parte della ricerca si è concentrata sullo spargimento aereo di particelle e studi recenti suggeriscono che una piccola flotta di aeromobili potrebbe sversare un milione di tonnellate di composti di zolfo nella stratosfera, abbastanza per compensare circa la metà del global warming che abbiamo avuto fino ad oggi, ed il tutto per un costo di 1,2 miliardi di dollari all'anno. «In teoria - si legge nell'X Factos del Wef - la tecnologia equivarrebbe ad un termostato planetario, dando all'uomo il controllo diretto della temperatura globale. L'impatto diretto di oscuramento del sole si farebbe sentire in poche settimane o mesi. Tuttavia, una lunga serie di questioni etiche, giuridiche e scientifiche si pone velocemente sugli innumerevoli altri effetti che potrebbero essere molto più difficili da valutare».
«Il problema - continua il report - è che la radiazione solare è il motore dell'intero sistema climatico del nostro pianeta, quindi, riducendo la luce solare si modificano sostanzialmente il modo in cui l'energia e l'acqua si muovono intorno al pianeta. Quasi ogni cambiamento dei modelli meteorologici e del clima è tale da creare vincitori e vinti, ma determinarne le cause e quantificarne le conseguenze in una determinata regione o Paese sarebbe una sfida enorme».
Anche i più accesi sostenitori della geoingegneria non prevedono una prossima attuazione del "solar radiation management", perché ci sono grandi difficoltà per risolvere una serie di problemi di governance, come dimostra il fatto che anche un esperimento relativamente semplice come il britannico Stratospheric particle injection for climate engineering è naufragato tra le polemiche. dalla Royal Society britannica, infatti, molti istituti di ricerca ed istituzioni hanno chiesto che la ricerca adotti un atteggiamento molto prudente e che si avvii un più ampio dibattito sulle tecnologie della geoingegneria.
La contrarietà diffusa a far diventare l'intero pianeta un laboratorio geoingegneistico (emersa anche alle Conferenze Unfccc di Durban e Doha) ha portato alcuni analisti della geoingegneria ad iniziare a pensare a uno "scenario corollario", nel quale un Paese, o di un gruppo ristretto di Paesi, decidano di innescare una crisi internazionale, andando avanti con una scala di sperimentazione su larga scala svolta senza il consenso della comunità globale. «Il clima globale potrebbe, in effetti, essere "dirottato" da un Paese canaglia o anche un ricco individuo - dice il Risk Team del Wef - con costi imprevedibili per l'agricoltura, le infrastrutture e la stabilità globale. Il problema è che l'unico modo per testare realmente il solar radiation management è a questa scala. Questo fonde potenzialmente la ricerca su vasta scala con la sua distribuzione, dando così, con il pretesto della scienza, la copertura politica alle nazioni canaglia». Una gran parte della ricerca in questo campo potrebbe riguardare il clima dell'Artico, dove gli impatti del global warming sono sempre più evidenti, ma secondi alcuni ricercatori suggeriscono che gli impatti di questi test potrebbe rapidamente migrare dal Mar Artico ad altre regioni. Molti affermano che un vero test di solar radiation management non può che essere globale.
Proprio a causa di queste grandi difficoltà, la maggior parte dei test fino ad oggi è stato condotto attraverso simulazioni al computer, anche se gli scienziati sono alla ricerca di modi per testare localmente questi progetti di geoingegneria. «Ma nel complesso, nonostante le richieste di programmi scientifici governativi più coordinati, il panorama dei finanziamenti per questo tipo di scienza rimane "spotty" - dice il rapporto Wef/Nature - Questo lascia un vuoto per la sperimentazione non regolamentata da parte degli Stati canaglia. Ad esempio, uno stato insulare minacciato dall'aumento del livello del mare potrebbe decidere che non aver nulla da perdere, o individui ben finanziati con buone intenzioni potrebbero prendere in mano la situazione. Ci sono segnali che indicano che ciò stia già iniziando a verificarsi».
L'ultimo episodio di questo tipo, del quale abbiamo scritto anche su greenreport.it, è quello accaduto nel luglio 2012, quando un uomo d'affari americano ha fatto scaricare circa 100 tonnellate di solfato di ferro nell'Oceano Pacifico, al largo della costa occidentale del Canada, per innescare una fioritura artificiale del plancton. Il plancton assorbe anidride carbonica e poi, a fine vita, si deposita sul fondo del mare, dove la CO2 rimarrebbe imprigionata. Le immagini satellitari confermarono che il test canadese era riuscito a produrre una fioritura artificiale di plancton estesa su 10.000 Km2. Si tratta della fertilizzazione dell'oceano, un altro tipo di geo-ingegneria che attira scienziati ed imprenditori. Infatti il business man americano che ha finanziato l'esperimento punta a riscuotere con la geo-ingegneria oceanica lucrosi carbon credits, ma le sue attività avrebbero violato due accordi internazionali e gli ambientalisti ed i governi più responsabili dal punto di vista della lotta al global warming (tra questi non c'è davvero il Canada) sono preoccupati che questo atto di pirateria geo-ingegneristica possa essere solo il primo assaggio di quello che potrebbe accadere al nostro pianeta.