[30/01/2013] News
L’inviato Onu Brahimi: «Conflitto che ormai ha raggiunto livelli di orrore senza precedenti»
Mentre Ahmed Moaz al-Khatib il capo della "Coalizione nazionale siriana delle forze 
dell'opposizione e della rivoluzione" dichiara a Doha di essere pronto ad intavolare negoziati con il 
regime nazional-socialista di Bashir Al Assad, quando Israele interviene per la prima volta 
apertamente nella guerra civile siriana e non è detto che lo abbia fatto contro la dittatura.
Stanotte l'aviazione israeliana ha effettuato dei raid contro convogli che avrebbero trasportato 
armi attraverso la frontiera tra Siria e Libano. Fonti del Mossad, i servizi segreti di Tel Aviv, hanno 
fatto sapere che «L'aviazione israeliana ha colpito un convoglio in arrivo dalla Siria nel momento in 
cui entrava in Libano».
Gli israeliani non hanno precisato di quali armi si tratterebbe, ma il 
27 gennaio il vice-premier israeliano, Sylvan Shalom, aveva confermato che lo Stato ebraico 
avrebbe potuto ricorrere alla forza per impedire che le milizie sciite libanesi di Hezbollah (alleate di 
Assad) o i ribelli sunniti siriani, finanziati e sostenuti militarmente dall'Arabia Saudita e dal Qatar, si 
impadronissero delle armi chimiche in possesso della Siria.
Ma a quanto pare gli israeliani 
temono più i ribelli siriani, pesantemente infiltrati dall'integralismo waabita e di Al Qaeda - che ha 
spostato il suo quartier generale da Bagdad in Siria - che i conosciuti Hezbollah amici di Assad,  e da 
due settimane  Tel Aviv chiede al Consiglio di sicurezza dell'Onu di adottare misure urgenti per 
impedire che gli islamisti mettano le mani sugli arsenali chimici siriani.
Quale sia il rischio 
che la comunità internazionale sta correndo in Siria lo ha spiegato pochi giorni fa al World economic 
forum di Davos qualcuno davvero non sospettabile di avere simpatie per Assad: Henry Kissinger.
L'ex segretario di Stato Usa ha invitato Stati Uniti e Russia a lavorare insieme per 
risolvere la crisi in Siria: «Un'intesa russo-americana come primo passo verso la definizione di ciò 
che è l'obiettivo da raggiungere. Il problema siriano sarebbe stato meglio trattarlo a livello 
internazionale da parte della Russia e dell'America, che non è farne una gara di interesse nazionale. 
Il conflitto siriano, inizialmente visto come una lotta della democrazia contro la dittatura, si è 
trasformata in un conflitto tra i vari gruppi etnici, lasciando la comunità internazionale con un 
dilemma: il mondo esterno rileva che, se interviene militarmente, sarà al centro di un vasto conflitto 
etnico e se non interviene militarmente, verrà preso in una tragedia umanitaria. Nel mentre è 
possibile un certo numero di esiti possibili: Assad rimane al potere, una vittoria totale sunnita, o la 
nascita di una federazione di vari gruppi etnici. Ciò che è chiaro è che quanto più il mondo esterno 
compete, peggio è».
Intervenendo  al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l'inviato 
speciale Onu-Lega Araba in Siria, l'algerino Lakhdar Brahimi, ha detto: «Non c'è prospettiva di una 
fine per la tragedia siriana». Brahimi è sembrato sconvolto all'indomani del ritrovamento ad Aleppo 
dei cadaveri di circa 80 persone, apparentemente giustiziate con colpi d'arma da fuoco alla testa e le 
mani legate dietro la schiena, ed ha spiegato: «Non prevedo  una fine a questo conflitto che 
ormai ha raggiunto livelli di orrore senza precedenti». Il massacro è avvenuto a Bustan al Qasr, un 
quartiere di Aleppo in mano ai ribelli che naturalmente danno la colpa all'esercito di Assad. 80 corpi - 
 per altre fonti sarebbero 65, per altre oltre 100 - sono stati trovati nell'acqua. Alcuni avevano le 
mani legate dietro la schiena, tutti indossavano abiti civili ed avevano un'età  compresa tra i 20 ed i 
30 anni. Secondo il diplomatico algerino «La Siria sta andando in pezzi sotto gli occhi del mondo. Il 
Consiglio di sicurezza non può  accontentarsi di dire "siamo divisi, quindi aspettiamo giorni 
migliori"».
Intanto gli iraniani (alleati di Assad e di Hezbollah) rilanciano un documento, 
preso dal sito web della società britannica Britain Defence, che opera direttamente al servizio del 
ministero della difesa di Londra, secondo il quale «il Qatar avrebbe proposto ad una agenzia di 
contractor britannica di fornire armi chimiche ai ribelli nella città di Homs, per poter poi addossarne 
la responsabilità al governo siriano - si legge nel sito della radio internazionale iraniana Irib -  Il 
regime del Qatar, in cambio, avrebbe proposto una grossa somma di denaro. Il tutto si è saputo 
grazie ad una fuga di  informazioni; secondo gli stessi documenti il piano ha ricevuto anche il 
beneplacito di non meglio specificate "autorità statunitensi"»
Gli iraniani annunciano anche 
il raggiungimento dell'accordo tra Iran e Iraq «Per la costruzione di un gasdotto che attraversa 
alcuni paesi dell'area, come Giordania e Libano, passando per la Siria, e che in un futuro non lontano 
dovrebbe raggiungere il Mediterraneo, arrivando ai confini meridionali dell'Europa».  Il ministero del 
Petrolio di Teheran ha detto che «La realizzazione del progetto "Gasdotto dell'Amicizia", aiuterà  la 
Repubblica islamica, la seconda riserva al mondo dopo la Russia, a risolvere una buona parte dei 
problemi legati all'esportazione del proprio gas. Problemi dovuti alle sanzioni economiche volute 
dagli Stati Uniti contro il programma nucleare iraniano».
Il dipartimento di Stato Usa 
minimizza la portata del progetto dicendo di averne già  sentito parlare «Almeno sei o sette volte se 
non dieci, senza che questo abbia mai trovato realizzazione».