
[01/02/2013] News
Survie, una Ong che chiede una drastica riforma della politica francese in Africa, la coalizione antinucleare Réseau Sortir du nucléaire e il collettivo "Areva ne fera pas la loi au Niger" hanno presentato l'interessante dossier "Areva en Afrique" che vi proponiamo:
Da 40 anni, lo sviluppo del nucleare è stato giustificato in nome della "indipendenza energetica" del nostro Paese. Pertanto, ancora prima della chiusura dell'ultima miniera d'uranio francese, nel 2001, il combustibile necessario alle centrali nucleari francesi era in gran parte importato. Attualmente è la totalità. Se le fonti di approvvigionamento si sono diversificate, il sottosuolo africano è stato storicamente e resta ancora oggi indispensabile al funzionamento del nostro parco elettronucleare. Come si può allora parlare di indipendenza energetica? E' semplice, ai nostri dirigenti basta considerare che il sottosuolo delle ex colonie francesi continua ad appartenere all'ex-metropoli, o di pagare l'uranio ad un prezzo talmente irrisorio che diventa ininfluente. E' proprio questa logica che sottintende la politica francese di approvvigionamento in uranio e il funzionamento della compagnia incaricata di realizzarla, Areva, ex-Cogema. Così come la salvaguardia dell'approvvigionamento petrolifero attraverso Elf, assorbita da Total, la messa in sicurezza delle miniere di uranio in Gabon ed in Niger ha giustificato il fatto che la cellula Afrique dell'Eliseo, sponsorizzi dei colpi di Stato e dia un sostegno senza cedimenti a dei regimi dittatoriali "amis de la France", più comprensivi riguardo agli interessi economici francesi che preoccupati di nuocere alla loro popolazione. E' a questo prezzo che si è realizzata la pretesa "indipendenza energetica" francese. Indipendenza per gli uni, privazione della sovranità e miseria per gli altri.
L'euforia nucleare rivista al ribasso
A partire dal 2005, quando i prezzi dell'uranio hanno cominciato ad esplodere sotto gli effetti della speculazione, Areva ha cominciato a moltiplicare le sue licenze minerarie, soprattutto in Africa. Con l'aiuto di rappresentanti ufficiali e della rete ufficiosa della Françafrique, ha così strappato nuovi contratti - con clausole segrete - in Repubblica Centrafricana, in Niger, nella Repubblica democratica del Congo, in Senegal ed anche in Namibia. Da allora i guadagni potenziali di Areva sul mercato del nucleare sono stati rivisti al ribasso, i giganteschi progetti minerari che erano stati annunciati sono oggi congelati, in attesa che li si giudichino di nuovo redditizi. Anche le ricadute finanziarie per i Paesi interessati sono state dimenticate, dimostrando l'abbaglio che costituisce la promessa di uno sviluppo economico fondato sullo sfruttamento dell'uranio da parte di una società straniera. Questo disprezzo è anche quello dello Stato Francese, principale azionista di Areva... per ora. Nell'annunciato progetto di privatizzazione - pardon, "di apertura al capitale" - è il polo minerario di Areva, il più redditizio, che dovrebbe essere venduto per primo. Bisogna quindi temere il peggio, quando l'impresa non obbedirà più che agli imperativi del massimo profitto, agli umori della speculazione e non avrà da rendere conto che ai suoi azionisti. Una ragione di più per farla subito finita con le malefatte dello sfruttamento francese dell'uranio in africa.
Delle indipendenze sotto tutela francese
Al momento delle indipendenze negli anni '60, gli accordi di difesa firmati tra la Francia e le sue ex colonie, tra le quali il Niger e il Gabon, comportavano una clausola detta "d'approvisionnement prioritaire" sulle materie prime ed i prodotti
Le reti françafricains di Areva
La Cogema e poi Areva hanno sempre utilizzato i canali ufficiali ed ufficiosi di Françafrique: Dei diplomatici transfughi sono stati messi alla testa delle società minerarie: Maurice Delauney, uomo ligio a Foccart, ambasciatore in Gabon, diventa amministratore delegato della Comuf dal 1979 al 1989; Dominique Pin, un anziano della cellula Africa dell'Eliseo (all'epoca in cui Anne Lauvergeon, futura patron di Areva, lavorava con François Mitterrand), diventò direttore di Areva in Niger durante la rinegoziazione del prezzo dell'uranio con Niamey nel 2007. Degli intermediari abituali del continente sono stati sollecitati: il deputato Patrick Balkany, emissario ufficioso soprattutto in Centrafrica, il belga George Forrest nel Congo Rdc, soprannominato "vice-re del Katanga". Degli ex militari o spie sono inviati in missione, come Gilles Denamur, ex colonnello attaché della difesa all'ambasciata di Franca a Niamey, inviato in Niger nel 2007 dalla società privata Epée incaricata di mantenere la sicurezza delle miniere.
Niamey, 1974: un colpo di Stato al servizio del nucleare
A partire dal 1967, la France sfrutta l'uranio del Niger a costi estremamente bassi. Nel 1973, la crisi petrolifera e la decisione francese di accelerare il suo programma nucleare incitano il presidente Hamani Diori a chiedere un aumento del prezzo dell'uranio. «Il Niger può contribuire all'eccezionale nuclearismo della Francia - pensa Diori - sarebbe normale che la Francia contribuisca in maniera eccezionale allo sviluppo del Niger» spiega la storica Gabrielle Hecht. I negoziati si fanno tesi. Nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1974, Hamani Diori è vittima di un colpo di Stato miliare condotto da Seyni Kountché. I golpisti avevano necessariamente ricevuto delle promesse dalla Francia prima di lanciarsi in avanti. L'inerzia dei soldati francesi sul posto di fronte ai movimenti di truppe prima del putsch, poi il rifiuto di intervenire malgrado l'esistenza di un accordo di difesa tra I due Paesi, militano a favore di questa tesi.
La salvaguardia degli interessi della Francia in Niger nel 2009 e 2010
Nel 2007, il presidente del Niger, Mamadou Tandja, ha aperto la corsa ai permessi minerari. La concorrenza tra investitori era allora vivace, soprattutto per la miniera gigante di Imouraren che Areva bramava. Quest'ultima per ottenerla ha dovuto accettare un aumento del prezzo dell'uranio. Nel marzo 2009, mentre aumentava la contestazione contro Mamadou Tandja che si apprestata a correre per il terzo mandato in maniera anticostituzionale, Nicolas Sarkozy arriva a Niamey per "pre-firmare" il contratto di Imouraren, seguito da vicino dalla presidente di Areva. Il segnale è chiaro, la Francia accetta il colpo di Stato costituzionale per salvaguardare i suoi interessi, calpestando di passaggio i diritti dei nigerini. Ma la sua posizione diventa presto insostenibile sulla scena diplomatica. Il 18 febbraio 2010 Mamadou Tandja viene rovesciato dai militari. Alain Joyandet, segretario di Stato alla cooperazione, annuncia immediatamente che «Non c'è nessuna ragione di temere che il partenariato a lungo termine che Areva ha costruito con lo Stato nigerino e popolazioni locali sia perturbato». La Francia sapeva visibilmente che cosa si stava preparando e non ha dissuaso i militari dal perpetrare il colpo di Stato contro un presidente più deciso che mai ad aprire il Niger ai concorrenti cinesi e perfino iraniani.
Le scandalo ecologico, sanitario e sociale
Le conseguenze dei 40 anni di sfruttamento minerario della Cogema poi di Areva in Niger sono disastrose: spoliazione delle terre agro-pastorali intorno ai due siti minerari, distruzione della fauna e della flora, contaminazione dell'aria da parte delle polveri dei gas radioattivi, contaminazione radiologica delle risorse idriche, impoverimento irreversibile a breve termine delle grandi falde idriche fossili... L'omertà regna sull'impatto sanitario dello sfruttamento sulle popolazioni ed I lavoratori delle miniere: l'accesso alle cure è assicurato da Areva, i cui medici, stranamente, non trovano patologie radio-indotte. A Mounana, in Gabon, più di 10 anni dopo la chiusura delle attività minerarie, le scorie radioattive sono sempre presenti nell'ambiente e lo stato sanitario della popolazione è molto preoccupante.
Gli investimenti disturbati di Areva
Areva fa a volte cattivi affair. L'acquisizione nel 2007 per un ammontare di 1,8 miliardi di euro della canadese Uramin in circostanze sospette ne è il perfetto esempio. Registrata alle Isole Vergini Britanniche, notorio paradiso fiscale, questa struttura dispone di filiali in Namibia, Repubblica Centrafricana, Senegal e Sudafrica. A fine 2011, Areva ha fatto i suoi conti e non tornavano. Il gruppo ha provveduto sa più di 1,9 miliardi di euro per anticipare la perdita di valore, più del costo di acquisto di Uramin! Un audit finanziario è stato avviato dall'Assemblée nationale nel giugno 2011 per esaminare le condizioni di acquisto di Uramin; non è escluso che siano state accordate tangenti a degli intermediari.
Areva, le ribellioni e l'insicurezza in Niger
Né le diverse crisi politiche nigerine, né il contesto di insicurezza hanno mai rallentato l'attività mineraria di Areva in Niger. La sua presenza predatrice è anche un fattore di accrescimento delle tensioni nell'are sahelo-sahariana. Le ribellioni armate degli anni '90 s des années 1990 e del periodo 2007-2009 reclamavano la condivisione dei benefici legati alo sfruttamento dell'uranio, evidenziando la frustrazione delle popolazioni vicine ai siti minerari. Areva ha anche approfittato dello stato giuridico del nord del Niger en 2008 per convalidare alla chetichella il suo studio di impatto ambientale del progetto della miniera di Imouraren. Alla fine del 2010, un gruppo terrorista definitosi Aqmi (Al-Quaida au Maghreb islamique) ha rapito diversi emigrati francesi che lavoravano per Areva e VinciSatom al centro della città mineraria di Arlit. 5 sono ancora ostaggi, il che permette alla Francia di giustificare il rafforzamento della sua presenza militare in Niger e nei Paesi vicini, così come la sicurizzazione accresciuta delle miniere da parte di compagnie private e dell'esercito nigerino.
La società civile mobilitata
E' essenziale denunciare le conseguenze disastrose delle scelte energetiche francesi e contrastare la propaganda di Areva. Con grandi spese pubblicitarie, comunica qui la sua "energia pulita" e non il suo sostegno allo sviluppo di regioni in realtà saccheggiate. In Niger come in Gabon, delle organizzazioni della società civile come Aghir In Man ad Arlit, le Gren e la Rotab a Niamey, Brainforest a Libreville, denunciano le condizioni dello sfruttamento dell'uranio. A Falea, in Mali, l'Aracf ha ottenuto una migliore considerazione delle conseguenze dello sfruttamento dell'uranio anche prima della messa in produzione da parte di Rockgate, un'impresa canadese. Ma ovunque l'emergere di un dibattito democratico attorno alle questioni minerarie tarda a venire, le critiche sono ignorate ai governi spazzate via da Areva che pretende di dispensare 6 milioni di euro all'anno in azioni di sviluppo sostenibile!