[11/02/2013] News

Uomini e gatti selvatici in Cile. Il misterioso kodkod e i Mapuche nell'Araucanía che cambia

Il progetto coordinato dall' Helmholtz-Zentrum für Umweltforschung (Ufz) ha un nome lunghissimo, "Forecasting conservation needs for endangered fauna: integrating landscape ecology and ethnoecology to predict habitat quality for the kodkod cat (Leopardus guigna) in the Chilean temperate rainforest", ma in realtà punta a salvare uno dei felini più rari e misteriosi del mondo il kodkod (Leopardus guigna) che i cileni chiamano "gato guiña". Nell'ultimo rapporto i ricercatori sottolineano che «La perdita, l'alterazione e la frammentazione degli habitat rappresentano gravi minacce alla biodiversità su scala globale. I gatti selvatici, che in genere necessitano di grandi aree per cibarsi, sono  particolarmente colpiti dalla frammentazione e dai conflitti uomo-felide. Dato che una parte considerevole delle ricerche è diretta verso i grandi carnivori, le specie più piccole più criptiche hanno ricevuto poca attenzione. Il kodkod o guiña (Leopardus guigna) è il più piccolo dei gatti neotropicali e ha una delle distribuzioni più limitate note per i felini, che occupa una stretta striscia in centro-sud del Cile e dell'Argentina, il cuore della comunità indigene mapuche». 

La Lista Rossa Iucn classifica il kodkod come "vulnerabile" e i principali pericoli che lo minacciano di estinzione sono la perdita di habitat a causa della conversione dei terreni ad uso agricolo e le taglie che si riscuotono per l'uccisione di questi felini che spesso attaccano il pollame. L'obiettivo principale del progetto dei ricercatori dell'Ufz è quello capire  «Come il previsto futuro sviluppo sociale ed economico di una a regione frammentata ed etnicamente eterogenea come l'Araucanía influenzerà la disponibilità di habitat per il kodkod sui terreni privati». 

Uno studio  "auto-ecologico", avviato nel 2010 nell'ambito del programma "Persone" del 7° Programma quadro dell'Unione europea, utilizza  per la prima volta la radio-telemetria nell'areale pre-andino settentrionale del guiña" per valutare come utilizza l'habitat, il suo home range ed i modelli di attività. Uno studio etno-ecologico fornirà la comprensione del contesto ambientale umano in cui vive il kodkod. Il progetto analizza gli atteggiamenti verso questi felini attraverso interviste quantitative e qualitative con i mapuche e altri gruppi socio-culturali e la conoscenza proprietari terrieri, mettendo così insieme informazioni ecologiche, etniche e sociali e geografiche e modellando i futuri scenari dell'utilizzo del solo. Secondi i ricercatori , «Questo permette di identificare le strategie per mitigare i conflitti tra il processo di sviluppo e la qualità degli habitat e per il ruolo del kodkod, come una specie culturale chiave, per un suo utilizzo nel campo dell'istruzione/conservazione. La formazione sarà realizzata per quanto riguarda gli aspetti interdisciplinari della conservazione della biodiversità (ethnoecology) e le sue metodologie (telemetria, , Geographical information systems)».

In un'intervista a "Research Eu  results magazine" Elke Schuttler, dell'Ufz, spiega gli obiettivi del progetto, il suo approccio singolare e l'impatto previsto sulle strategie di conservazione future per il gatto selvatico cileno e altre specie in pericolo. 

Quali sono gli obiettivi del progetto Kodkod?

«È un progetto scientifico che si occupa di un gatto selvatico raro del Sud America - il kodkod o guina - che ha ricevuto meno attenzioni rispetto ai più comuni e carismatici felini. I gatti selvatici sono carnivori e hanno bisogno di grandi spazi sui quali cercare il cibo. Questo li rende vulnerabili alla frammentazione e crea conflitti con gli esseri umani per quanto riguarda il bestiame. Il kodkod, che pesa da uno a due chilogrammi, è il più piccolo felino del Sud America. Abita le foreste pluviali temperate meridionali altamente minacciate del Cile meridionale e dell'Argentina e occasionalmente attacca il pollame nelle zone agricole. I proprietari terrieri spesso reagiscono uccidendo i gatti, il che rende la ricerca per la loro conservazione una sfida complessa, che richiede un approccio integrato socio-ecologico.  Da una parte abbiamo usato i metodi classici come la radio-telemetria e le trappole fotografiche per valutare l'uso da parte dei gatti dei resti della foresta e di altri habitat. Dall'altra, abbiamo intervistato i proprietari terrieri e i loro figli sulla tolleranza nei riguardi dei gatti che uccidono il pollame. Nella fase finale del progetto, questo ci permetterà di sovrapporre due mappe diverse: il paesaggio ecologico dal punto di vista dei gatti e il paesaggio di tolleranza dalla prospettiva dei proprietari terrieri. In questo modo possiamo creare diversi scenari per il futuro del kodkod, che dovranno essere discussi nell'ambito di tavole rotonde per la conservazione dalle parti interessate». 

Cosa c'è di nuovo o innovativo in questo progetto e nella metodologia che avete usato? 

«Abbiamo cercato di integrare la visione degli indigeni Mapuche nella nostra ricerca bio-sociale. I ricercatori la chiamano etnozoologia, un approccio ancora relativamente nuovo nelle scienze della conservazione. Il punto di vista degli indigeni sulla diversità biologica spesso si discosta dagli approcci di conservazione moderni motivati più globalmente. È quindi importante capire meglio i rapporti spirituali e culturali tra i locali e gli animali selvatici in modo da arrivare a strategie di conservazione più integrative e responsabili.  In questo progetto abbiamo chiesto agli anziani Mapuche se il kodkod appariva in leggende, luoghi o cognomi o se era usato in alcune cerimonie. Queste informazioni potrebbero essere usate anche nel materiale educativo bio-culturale come i libri bilingue per i bambini con storie sulla fauna a rischio. Per esempio, kodkod nella lingua Mapudungun potrebbe venire da "ko", che significa "entrare in un luogo", probabilmente un riferimento alla presenza del guina nei pollai». 

Quali difficoltà avete incontrato e come le avete risolte? 

«È stato piuttosto difficile studiare un animale tanto raro e sfuggente come il kodkod direttamente attraverso la radio-telemetria. Ne esistono pochi esemplari ed essendo molto intelligenti non cadevano subito nelle trappole. Per questo motivo, abbiamo dovuto mettere trappole durante i due anni di lavoro sul campo, mentre inizialmente avevamo previsto di farlo solo per alcuni mesi. Siamo riusciti a catturare un numero adeguato di gatti solo con l'aiuto di molte persone e con idee creative per attirarli, come i CD appesi agli alberi per attirare la loro attenzione o vari menù di carne accompagnati da odori invitanti. In totale, cinque studenti e otto volontari hanno partecipato a diversi aspetti del progetto Kodkod e sono lieta che siamo riusciti a ottenere altri finanziamenti per sostenere il loro coinvolgimento».

Quali sono i risultati concreti della ricerca fino a questo momento? 

«Sulla base dei dati telemetrici, possiamo vedere che i kodkod abitano ancora gli ambienti notevolmente modificati, ma anche che hanno bisogno di corridoi di foreste per collegare i resti della foresta. Tali corridoi sono spesso associati a fiumi e potrebbero essere promossi in quanto habitat ecologicamente importanti tra i proprietari di terre. Le interviste hanno rivelato che la conoscenza di questa specie è scarsa e che il kodkod occupa un posto piuttosto mistico nella mente delle persone, come un segno di sfortuna. Ciò è probabilmente collegato alla vita misteriosa del felino. Abbiamo anche scoperto che si può raggiungere una maggiore tolleranza migliorando le conoscenze su quanto sia rara questa specie e sul suo ruolo nel controllo dei roditori. Per le generazioni più giovani è stato già sviluppato del materiale di sensibilizzazione innovativo da parte di un team di insegnanti, designer e biologi. Nelle scuole locali è stato distribuito un video che usa pupazzi kodkod, mentre il Dvd "Searching for an opportunity" (In cerca di un'opportunità) racconta la vita del kodkod Leopolda nella foresta, e le difficoltà che deve superare per trovare da mangiare per sua figlia. Il Dvd insiste anche sui benefici portati agli esseri umani dai kodkod, per esempio mostrando Leopolda che riesce a catturare alcuni dei topi che sono portatori della letale sindrome polmonare Hantavirus negli esseri umani».

Quali sono le prossime fasi del progetto? 

«Ho appena finito la fase sul campo in Cile e sono tornata in Germania. Nell'ultimo anno del progetto dobbiamo pubblicare i dati, quindi la maggior parte del lavoro sarà fatta in ufficio. Non appena avremo i risultati finali, però, li presenteremo nella regione dello studio. L'idea è di discutere i risultati in incontri per la conservazione con le parti coinvolte locali, come le autorità locali, le comunità indigene Mapuche, le associazioni agricole rurali e le Ong. Questo dovrebbe portare a raccomandazioni sull'uso della terra per i proprietari privati».

Cosa sperate di ottenere con questo progetto? 

«Spero che il nostro lavoro contribuisca a migliorare la coesistenza di questa bellissima specie di felino con gli abitanti che abitano la stessa regione. I nostri risultati faranno luce sia sulle esigenze di habitat di questa specie sfuggente e poco conosciuta, sia su come essa è percepita dai proprietari terrieri, che hanno l'ultima parola sulla disponibilità di un habitat adeguato. Capire entrambi i punti di vista è un primo passo verso strategie di conservazione a lungo termine, non solo per questa specie di felino, ma in generale per la maggior parte della biodiversità del nostro Paese».

La vostra metodologia può e sarà estesa ad altre specie? 

«Sì, l'approccio interdisciplinare di questo progetto può essere usato per altre specie, in particolare per i carnivori che spesso entrano in conflitto con gli esseri umani. Il progetto può essere probabilmente applicato ad altre specie a rischio di piccoli felini come un esempio di come biologi, veterinari, insegnanti ed esperti di scienze sociali possano lavorare insieme sullo stesso problema e di come ognuno possa dare il suo contributo fornendo un pezzo del mosaico».

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