
[12/02/2013] News
Federparchi ha organizzato il 29 gennaio un appuntamento a Roma per richiamare anche il mondo esterno ai parchi ad una discussione sul futuro delle aree protette. Oltre 20 interventi in 5 ore di serrato confronto in una sala gremita. Il convegno "Parchi, proposte e alleanze - Verso gli stati generali delle aree protette" ha permesso a Federparchi, che conta tra i suoi soci praticamente tutti i parchi nazionali e regionali, oltre a Regioni, Province, molte associazioni ambientaliste e di guide ambientali, di incassare un risultato di partecipazione e idee ben oltre le aspettative. Ne abbiamo parlato con il presidente Giampiero Sammuri
Quali erano gli obiettivi di Federparchi nell'organizzare questo evento?
«L'obiettivo principale era quello di concretizzare un fronte di alleanze al di fuori del normale parterre degli addetti ai lavori, per la valorizzazione e rilancio della aree protette. E registro con favore il fatto che siano intervenuti tanti attori del mondo delle istituzioni, del mondo ambientalista, delle associazioni agricole, del mondo sindacale per cercare, insieme, di riportare le aree protette in una posizione più centrale nell'attuale discussione cui si assiste nel panorama politico. (Dato che il tema non è neanche in agenda nella campagna elettorale in corso). E' stata anche l'occasione per cominciare a discutere nel merito - anziché in maniera generica- della revisione della Legge 394 che è stata approvata in Senato e che costituirà il punto di partenza per la prossima legislatura».
Partiamo da questo disegno di legge, su cui sono molte le critiche oltre alle condivisioni. Federparchi cosa apprezza della revisione prevista nel disegno di legge approvato dal Senato e cosa crede dovrebbe essere rivisto alla ripresa nella prossima legislatura?
«Federparchi reputa positivo il fatto che si vada ad una revisione della Legge 394, che è stata una buona legge ma che a distanza di oltre vent'anni dalla sua definizione ha sicuramente bisogno di alcune correzioni. E vorrei che si discutesse a questo punto nel merito delle modifiche apportate anziché continuare a dibattere se fosse giusto o meno farle».
Partiamo dalle cose positive
«Sicuramente tra le cose positive c'è una profonda semplificazione che riguarda molti aspetti a partire dalla pianificazione. Crediamo sia assolutamente un elemento di grande positività l'avere introdotto un unico piano con l'abolizione del piano socio-economico, che era un elemento ridondante e frutto di una vecchia visione dei parchi in cui si faceva presupporre che il piano del parco volto alla conservazione fosse cosa contrapposta al piano economico, redatto da un soggetto diverso: la visione ormai condivisa anche in ambito internazionale è che il piano debba tenere in conto entrambi gli aspetti e quindi bene il fatto che sia unico. Altro elemento di grande semplificazione è poi il fatto che l'approvazione del piano sia soggetta al silenzio assenso, ciò significa che se entro 180 giorni le istituzioni preposte non lo hanno approvato il piano sarà comunque vigente. Questo eviterà situazioni come quelle che si registrano in molti parchi in cui ci sono piani che giacciono da quasi dieci anni nei cassetti.
Sempre in ambito di pianificazione riteniamo importante che vi sia un ampliamento del piano regolamentare delle aree protette anche sulle aree contigue, dove adesso si possono dare soltanto alcune direttive. In pratica si definisce l'area contigua come una sorta di zona E in aggiunta alle aree A,B,C,D previste all'interno del perimetro dei parchi, in coerenza con quanto avviene in Europa per le buffer zone. In questo senso è importante che in questa modifica sia data ai parchi anche la regolamentazione della caccia nelle aree contigue. Anche questo è un aspetto che riporta l'Italia nell'alveo di quanto avviene in Europa e va a compensare un limite attuale; basti pensare che il Parco Nazionale d'Abruzzo ha avuto difficoltà nel rinnovo del diploma europeo perché il Consiglio d'Europa aveva ritenuto che non vi fosse stata una adeguata regolamentazione del contenimento della fauna selvatica - che creava una problema all'orso marsicano - nelle aree contigue, ritenendo scontato che questa fosse un compito del parco, quando invece per la legge italiana così non è.
Parlando di semplificazioni riteniamo un fattore positivo che tra le modifiche previste venga abolita la giunta nei parchi nazionali, anche in considerazione che il consiglio è ridotto a 8-10 membri e quindi la giunta al suo interno diventerebbe assolutamente ridondante, come nei fatti lo è già adesso. Così come la previsione di un unico revisore dei conti anziché il collegio, in analogia a quanto previsto per i comuni di 15.000 abitanti, con conseguente riduzione dei costi. Riteniamo inoltre positivo che nella composizione del consiglio direttivo, le comunità del parco abbiano una 50% di rappresentanza, così come è utile che nell'altro 50 % oltre alla conferma della presenza degli ambientalisti e del mondo scientifico sia stata introdotta la presenza degli agricoltori; sicuramente un valore aggiunto per ottemperare ad una gestione più integrata con il mondo agricolo che è una componente importante di molte aree protette del nostro paese».
L'allargamento al mondo agricolo non è però un aspetto molto condiviso
«Anche per esperienza personale, avendo per tre mandati guidato il parco regionale della Maremma, credo che la presenza degli agricoltori nel consiglio direttivo - per quanto non prevista per legge - abbia dato un contributo fondamentale nella gestione dell'area protetta».
Un problema molto sentito nei territori che ricadono nella aree protette è il controllo della fauna selvatica. Quali sono le modifiche che ritenete utili su questo fronte?
«La nuova regolamentazione della gestione faunistica toglie molte delle attuali ambiguità e differenze tra parchi nazionali e regionali. La 394 prevede che nei parchi regionali la caccia sia vietata, salvo interventi di controllo faunistico: questo aspetto è stato spesso frutto di ambiguità e riteniamo che la modifica per cui la caccia è vietata tout court nei parchi, nazionali e regionali, sia un elemento di grande importanza. Così come lo è il fatto che si preveda nei parchi il parere obbligatorio e vincolante dell'Ispra, che è l'organo tecnico del Ministero dell'Ambiente, sui piani di controllo delle specie in eccesso, sia nei parchi nazionali che in quelli regionali. In coerenza poi con le norme internazionali viene affrontato anche il problema delle specie alloctone e della loro gestione, che oggi non trova posto nella normativa italiana e che invece viene finalmente affrontato richiamando anche in questo caso il parere vincolante dell'Ispra. Ed è molto importante che venga inoltre introdotto il vincolo che una parte degli introiti della vendita dei capi abbattuti e catturati debba andare a costituire un fondo dell'Ispra per la sperimentazione del contenimento delle specie in eccesso con metodi non cruenti».
Alcune delle critiche emerse alla revisione della 394 riguardano l'aver introdotto il riconoscimento economico ai parchi per alcuni servizi ecologici che essi forniscono alla collettività. Federparchi cosa ne pensa al riguardo?
«Il problema delle royalties su una serie di attività presenti nelle aree protette è molto dibattuta perché si ravvisa il rischio che questo implichi il loro sviluppo, ad esempio per gli impianti idroelettrici . Ma la norma riguarda le attività già presenti nei parchi, dove i gestori riconoscono oneri economici a tutti gli enti meno che ai parchi. Credo che invece sia giusto riconoscere anche alle aree protette una royalty per i servizi resi alla collettività al pari degli altri enti del territorio dove queste attività vengono svolte. Il valore economico dei servizi ecologici resi dalle aree protette è ormai un fatto assodato a livello internazionale e quindi mi sembra giusto che sia affermato in maniera concreta».
Veniamo, se ce ne sono, agli aspetti da rivedere nella modifica della 394
«Federparchi ritiene che nella revisione delle aree marine protette sia positivo il fatto che qualora vi sia un'area marina protetta prospiciente ad un parco a terra si consideri un tutt'uno sia come perimetro che come gestione e riteniamo che sarebbe utile che questo valesse anche per le aree marine protette di fronte ai parchi regionali, mentre nella modifica attuale è previsto che ne venga affidata al parco di terra prospiciente solo la gestione, senza cioè che l'area marina entri a far parte del parco stesso.
Un altro aspetto da rivedere riguarda la figura del direttore nei parchi nazionali: bisogna chiarire meglio le caratteristiche per l'individuazione del direttore, in coerenza con altri enti pubblici, che sono invece troppo generiche. Senza tuttavia dover ricorrere all'albo così come adesso connaturato. Non ci convince nemmeno il fatto che venga di nuovo istituito un Comitato nazionale per le aree protette dove non sono però previsti rappresentanti delle Regioni. Al netto delle modifiche che si possono apportare per migliorare il disegno di legge della 394 credo però sia utile sottolineare che il parlamento, con questa revisione della legge quadro sulle aree protette, ne ribadisce ancora una volta l'utilità e sciolga ogni dubbio sull'importanza di mantenerle nel nostro paese; ritengo quindi che questo disegno di legge vada sostenuto proprio per sostenere i parchi e dare loro più forza per essere davvero protagonisti di un nuovo modello economico che sappia tutelare il capitale naturale e farne un elemento di ricchezza per l'intero paese».