
[18/02/2013] News
No all'oleodotto XL tar sands, Obama agisca subito contro il global warming
168 organizzazioni, che vanno da Greenpeace ai Young Evangelicals for Climate Action, da Sierra Club e 350.org all'Indigenous environmental network, hanno portato più di 40mila persone a manifestare nel weekend del President's Day, davanti alla Casa Bianca ed al monumento a Washington. E' stata la manifestazione centrale della più grande iniziativa ambientalista della storia Usa, che ha visto cortei in più di 20 città ed oltre un milioni di attivisti online che hanno rilanciato l'iniziativa sui blog e sui social-network.
La principale richiesta è stata quella che Barack Obama si assuma davvero tutte le sue responsabilità e i poteri che gli conferisce la sua carica perché gli Usa assumano davvero la leadership climatica per combattere il global warming e le emissioni climalteranti.
Tra le decine di migliaia di persone che hanno marciato fino alla Casa Bianca c'erano gli esponenti delle comunità i cui territori, case e salute sono direttamente minacciati dalla crisi climatica e dall'inquinamento, ma anche a studenti, scienziati, comunità indigene e semplici cittadini che hanno voluto partecipare «Al più grande rally climatico nella storia degli Stati Uniti», per chiedere ad Obama di non approvare l'oleodotto Keystone XL che dovrebbe portare il petrolio delle sabbie bituminose canadesi fino alle coste del Texas, di mettere limiti all'inquinamento da CO2 delle centrali elettriche e di attuare così quanto detto nel suo recente discorso sullo stato dell'Unione: «Per il bene dei nostri figli e del nostro futuro, dobbiamo fare di più per combattere il cambiamento climatico».
Bill McKibben, fondatore di 350.org, ha ricordato che «Per 25 anni il nostro governo ha sostanzialmente ignorato la crisi climatica: ora un gran numero di persone stanno finalmente chiedendo che si metta al lavoro. Noi non dovremmo essere qui: la scienza dovrebbe aver deciso questo percorso da tempo, ma è necessario un movimento... per resistere a tutti quei soldi».
Michael Brune, direttore esecutivo di Sierra Club, ha detto che «Fra 20 anni, nel President's Day, la gente vorrà sapere che cosa ha fatto il presidente di fronte all'innalzamento del livello del mare, alla siccità record ed alle furiose tempeste causati dalla distruzione del clima. Il presidente Obama ha in mano una penna e il potere di mantenere le sue promesse di speranza per i nostri figli. Oggi siamo qui per chiedergli di usare quella penna per respingere la Keystone XL tar sands pipeline e di garantire che questo sporco, pericoloso oleodotto non sarà mai costruito».
L'oleodotto Keystone XL è diventato il simbolo della lotta contro le Big Oil perché trasporterebbe il più sporco petrolio del pianeta attraverso il "granaio d'America", per poi essere spedito all'estero attraverso il Golfo del Messico. «Sarebbe un disastro per il nostro clima - spiegavano in molti ieri a Washington - la produzione di tar sands crude emette due o tre volte più inquinamento da CO2 prodotto dal greggio convenzionale». L'oleodotto Keystone XL è un elemento fondamentale nel piano delle Big Oil per triplicare la produzione di petrolio da sabbie bituminose dagli attuali 2 milioni di barili al giorno a 6 milioni di barili al giorno entro il 2030,con una previsione a più lungo termine di arrivare a più di 9 milioni di barili al giorno. Un rapporto del Natural resources defense council (Nrdc) sugli impatti climatici del Keystone XL afferma che il raggiungimento di questi obiettivi avrebbe un fortissimo impatto ambientale ed un conseguente aumento delle emissioni di CO2; inoltre, con questo oleodotto gli Usa punterebbero a lungo termine su una infrastruttura energetica pesante basata sul petrolio più sporco.
Jacqueline Thomas, uno dei capi tribali della Saik'uz First Nation idella British Columbia e co-fondatore della Yinka Dene Alliance ("Popolo della Terra") ha evidenziato che «Noi della Yinka Dene Alliance della British Columbia vediamo i danni fatti dal cambiamento climatico ai nostri popoli ed alle nostre acque. Vediamo la minaccia di estrarre le sabbie bituminose fuori della Terra per portarle attraverso i nostri territori e sopra i nostri fiumi. Il danno che si sta facendo alla gente della regione delle tar sands non può più essere uno sporco segreto del Canada. Non abbiamo i miliardi di dollari che ha l'industria. Ma noi abbiamo la nostra fede che la gente farà la cosa giusta per proteggere la Madre Terra. The Forward on Climate Rally dimostra che non siamo soli nella lotta per fermare l'espansione delle tar sands e nell'affrontare il cambiamento climatico. Inoltre, in questo momento, il presidente ha l'autorità e la responsabilità nel quadro del Clean Air Act per ridurre le pericolose quantità di inquinamento da carbonio emesse dalle sporche centrali elettriche. Queste centrali danno il maggior contributo alla distruzione del clima, ma attualmente hanno permessi di inquinare senza limiti».
Ai manifestanti è arrivato anche il saluto dei capi pellerossa Abraham, Flurer, Thomas - anche loro della Yinka Dene Alliance -, e capo Billy Redwing Tayac (Tordo Sassello) ha dichiarato: «A nome della Piscataway Indian Nation, do il benvenuto a tutti i rappresentanti indigeni ed a tutti gli alleati della nostra patria ancestrale sul fiume Potomac, un luogo ora conosciuto come Washington, DC . Vi siamo grati per il vostro coraggio e la ferma perseveranza per smantellare questo attacco terribile alla nostra Madre Terra: l'oleodotto Keystone XL. Ci uniamo nel chiedere al presidente Obama di respingere il petrolio delle Tar Sands e di desistere immediatamente da ogni ulteriore impegno per l'oleodotto. I nostri antenati ci ha affidato la cura di tutte le nostre relazioni, mantenendo l'equilibrio della vita in modo che la settima generazione possa conoscere questa Terra vivente. Queste sono le nostre istruzioni originali. Non la legge dell'uomo, ma la legge del Creatore. Quando si è iniziato a parlare di cambiamenti climatici, più di dieci anni fa, mi sono preoccupato perché i miei futuri nipoti, un giorno, avrebbero dovuto affrontare la crescita del livello del mare e sarebbero stati puniti dalla siccità. Ora è chiaro che quei pericoli non aspetteranno fino a una data futura. Sono già arrivati e stanno distribuendo angoscia e sofferenza, ora».
Van Jones, dell'Nrdc e presidente di Rebuild the dream ha detto ai manifestanti: «Questo presidente ha il potere per ottenere la singola più grande riduzione di CO2 di sempre, ritenendo i nostri più grandi inquinatori di carbonio, le sporche centrali elettriche, responsabili di quello che scaricano nell'aria. Ripulire questo inquinamento e utilizzare più energia pulita fornirà posti di lavoro a migliaia di americani, farà risparmiare davvero soldi alle famiglie soldi quando si tratterà di pagare le bollette dell'energia elettrica e, cosa più importante, farà la differenza per la nostra salute e la salute dei nostri figli».
La storica manifestazione di fronte alla Casa Bianca è un forte richiamo alla politica Usa perché si assuma la leadership climatica riconoscendo ormai un concetto diffuso tra i cittadini americani: «Le minacce dei cambiamenti climatici hanno bisogno ora di un sostegno ad azioni significative». Come dimostrano diversi studi ed un recente sondaggio condotto da Public Policy Polling subito dopo il discorso di Obama sullo stato dell'Unione, il 65% degli statunitensi pensa che il cambiamento climatico sia un problema serio e una grande maggioranza sostiene l'impegno del presidente a far valere tutta la sua autorità per ridurne la causa principale: le emissioni di CO2.