[26/02/2013] News
Queste terrificanti elezioni italiane ci consegnano un Paese dilaniato ed ancora più indecifrabile di quanto già fosse: il vincitore numerico (il centro-sinistra) è in realtà il vero perdente; lo sconfitto (il centro-destra Berlusconi che ha lasciato sul campo un terzo dei suoi elettori e la Lega Nord dimezzata anche nelle sue roccaforti) che canta vittoria; un movimento fatta di un nuovo populismo figlio/cannibale della lunghissima crisi morale, politica e sociale di un Paese che si è incarnata disperatamente nel governo tecnocratico del quarto incomodo: il centro senz'anima di Mario Monti, che ha fagocitato quel che restava delle ultime vestigia della Democrazia cristiana e del popolarismo cattolico. Ma la vera scomparsa è quella della Sinistra italiana che si accingeva a compiere la traversata nel deserto per rientrare in Parlamento e si è svegliata in pieno Sahara, circondata da preponderanti truppe nemiche che impediscono l'accesso a qualsiasi oasi.
In una situazione come questa le tematiche che stanno a cuore a questo giornale (ambiente, lavori, green economy, giustizia sociale, uso/riuso sostenibile delle materie), rischiano di esse, anzi già sono, chimere o tutt'al più clave grilline (speriamo, come nel caso della Tav) da agitare. Se in campagna elettorale l'ambiente è stato poco più di un paragrafo verde su programmi che nessuno ha letto, in questo caos rischia di scomparire del tutto: difficile pensare al rispetto dei nostri impegni internazionali su clima, biodiversità, direttive europee, Horizon 2020 quando dopo essersi sparato allegramente alla testa un colpo di pistola elettorale un intero popolo sta barcollando pericolosamente sull'orlo della Grecia. Nella Grecia in fiamme ed al freddo le foreste protette si tagliano per scaldarsi, Atene è soffocata dal carbone e il rispetto dell'ambiente è diventato una cosa da "ricchi".
Ma sbaglieremmo a dire che il colpo alla testa ce lo siamo sparati votando Grillo, purtroppo la pistola l'hanno fornita 20 anni di berlusconismo amorale e i proiettili vengono quasi tutti da un centro-sinistra senza strategia e con ancor meno coraggio. Sono la somma di tre anomalie: un Paese senza una sinistra socialdemocratica e con quella "radicale" incapace di fare altro che guardarsi l'ombelico, un populismo di destra che è alieno rispetto alla destra liberale e popolare europea, un populismo trasversale ma che ha dimostrato di saper pescare molto a sinistra, fino ad evirare una vittoria annunciata con troppa sicumera e dissipata con una campagna elettorale così sciatta e di basso profilo da non sembrare vera. Mentre i grillini occupavano i social-network e le piazze e Berlusconi le televisioni il "popolo delle primarie" stava a casa ad aspettare almeno un volantino elettorale, un bussare alla porta, un attivista... che in pochi hanno visto.
Greenreport.it ha spesso scritto che Grillo non era l'antipolitca ma un politicissimo avvertimento salutare alla politica e che se il centro-sinistra non avesse ritrovato una sua dimensione "normale", europea, compiendo scelte chiare ed identitarie, questo Paese non sarebbe mai potuto diventare "normale" e in un Paese "anormale" è difficile parlare di ambiente ed affrontare i grandi temi del cambiamento sociale ed economico che comportano la necessaria riconversione. Ma parliamoci chiaro: se il centro-sinistra fosse "normalmente" europeo oggi Bersani si sarebbe presentato dimissionario e Vendola avrebbe annunciato lo scioglimento di Sel per ricostruire una sinistra italiana partendo dalle sue polverizzate macerie che il vento della disillusione e della protesta ha facilmente ammucchiato nell'accogliente recinto di Beppe Grillo.
Questo risultato rivela un altro corno della vicenda del progressismo italiano, tanto conosciuto quanto ignorato: la rincorsa al centro di un partito il Pd ancora votato da un elettorato che si considera in gran parte di sinistra, un moderatismo vero che non è stato saputo/voluto essere trasmesso con sincerità, cercando anche in questa campagna elettorale di tappare immaginarie falle a destra mentre la la fiancata sinistra della vecchia corazzata veniva sfondata da un gigantesco siluro a 5 stelle.
Quello che si vede, a partire dalle regioni "rosse" dove l'insediamento sociale del centro-sinistra ha ancora radici politiche, è che è mancato il radar per individuare il pericolo e che non c'era nessuna contromisura per evitare l'esodo dei naufraghi. Anche la scialuppa di Sel si è dimostrata poco più di un guscio di noce. Ma è da questa ferita che bisogna ripartire.
Per troppi anni i progressisti italiani hanno fatto finta che dopo le ripetute scosse sismiche inferte al loro popolo, dallo scioglimento del Pci in poi, le case e le mura di cinta della cittadella fossero rimaste in piedi, ma quest'ultimo sisma, con Grillo che diventa primo partito irridendo storie e traduzioni e con Berlusconi che tallona distribuendo promesse fantasmagoriche, incolpevole del disastro economico e morale di questo Paese, ha messo in luce che il Pd è ormai simile al centro storico de L'Aquila terremotata, tenuto su da impalcature e con nessun vero progetto di ricostruzione. Troppo spesso puro apparato autoreferenziale, partito di assessori, che chiama a raccolta il suo popolo solo per votare alle primarie, diventate catarsi (nuovamente autoreferenziale) di ogni possibile attività politica. Gli elettori (una minoranza) possono anche scegliere i candidati, ma se questo non viene accompagnato da una convinta presenza sul territorio, da idee chiare, da una nuova "pedagogia" (e Grillo rozzamente l'ha fatta urlando tutti ladri e tutti a casa) e da comportamenti coerenti, le primarie restano un vano esercizio di democrazia, tanto è vero che in questo strano Paese un bel po' tra coloro che hanno votato Renzi (oggi invocato come un salvatore), dopo aver sottoscritto il programma del centro-sinistra ed essersene dichiarati elettori, ieri senza nessun imbarazzo hanno votato per Grillo o sono tornati a votare per Berlusconi.
Strano Paese dove anche la coerenza e la parola data sono così rivoluzionarie da essere diventate impraticabili.