
[28/03/2013] News
«Dobbiamo passare dalla mentalità del “dopo di te” ad una prospettiva che dice seguiteci!»
I paesi meno sviluppati del mondo (Least developed countries Ldc) sembrano proprio aver perso la pazienza per l'esasperante lentezza dei negoziati Onu sul cambiamento climatico. I delegati del gruppo dei 49 Paesi Lcd che si sono riuniti nella capitale del Nepal, Kathmandu, hanno discusso una risposta al "Doha Gateway" approvato nel dicembre 2012 alla Conferenza delle parti dell'United Nations framework convention on climate change (Unfccc) tenutasi nel Qatar.
La nazioni Lcd hanno tutte le ragioni di essere arrabbiate: tra loro ci sono molti dei Paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici e stanno pagando sulla loro pelle lo sviluppo industriale ed il consumismo dei Paesi ricchi, mentre la nazioni sviluppate non mantengono o rinviano gli impegni, anche finanziari, per ridurre le emissioni e mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici.
All'indomani del summit Unfccc di Doha, il presidente del gruppo Lcd, il nepalese Pa Ousman Jarju disse a Rsponding To Climate Change (Rtcc) che lo status quo era «Inadeguato», mentre il ministro degli Esteri di Nauru Kieren Keke era ancora più deluso: «E' difficile vedere come il processo potrebbe continuare».
Ora il gruppo dei 49 Paesi più poveri del mondo ha un nuovo presidente nepalese, Prakash Mathema, che ha detto che assumerà una posizione più decisa al prossimo round dei climate change talks Unfccc che è programmato a Bonn, in Germania, per la fine di aprile.
«L'adozione del trattato nel 2015 si rivelerà scoraggiante - ha detto Prakash Mathema - Tuttavia, è mia convinzione che nel rispondere a queste sfide, si dovrebbe adottare un nuovo mantra sul clima nell'arena internazionale. Nella nostra ricerca per garantire un futuro di sicurezza climatica, dobbiamo passare dalla mentalità del "dopo di te" ad una prospettiva che dice seguiteci!»
Mathema ha chiuso il meeting di Kathmandu ricordando che «Mentre le singole nazioni Lcd hanno pochi muscoli economici o politici, collettivamente, agiscono come la coscienza del processo Onu sul clima con i i piccoli Stati insulari. I Paesi meno sviluppati occupano una posizione unica nei negoziati sul clima: siamo tra i più vulnerabili, siamo tra i meno responsabili, e nonostante questo abbiamo già iniziato a mettere in atto alcune delle politiche più ambiziose per il cambiamento climatico. Dovremmo, quindi, utilizzare la nostra posizione per modificare l'attenzione internazionale e la percezione del cambiamento climatico. Non possiamo più restare in attesa, con l'atteggiamento del "dopo di te". Invece, dobbiamo marciare coraggiosamente in avanti con la mentalità del "dopo di noi". E' ora che i Paesi meno sviluppati diventino produttori dell'accordo. E' tempo che diano forma all'agenda ed alle decisioni, invece di averli preparati per noi».
L'alleanza tra Unione europea e Paesi Lcd nel 2011 alla Cop Unfcc di Durban è stata fondamentale per costringere l'India e la Cina (e in qualche misura gli Usa) sd impegnarsi a firmare un nuovo accordo sul cambiamento climatico nel 2015. I due colossi asiatici non si potevano permettere di rompere con questi Paesi poverissimi ma che per loro rappresentano un buon mercato e fornitori di materie prime, ma anche preziosi alleati geopolitici.
L'Unione europea sperava che questa alleanza "a basso costo" continuasse anche a Doha, ma le promesse di finanziamenti mai arrivati e la scarsa ambizione dell'Ue hanno fatto calare il gelo sulle relazioni Ue-Lcd.
La dichiarazione di Kathmandu sembra evidenziare una svolta nell'azione degli Lcd che sembrano determinati a prendere l'iniziativa, costringendo i principali Paesi in via di sviluppo a lavorare con loro in un fronte unico che metta sul piatto gli impegni presi e non mantenuti dei Paesi ricchi.
Le preoccupazioni per la lentezza dei colloqui Unfccc non sono limitate ai Paesi meno sviluppati: la scorsa settimana la segretaria esecutiva dell'Unfccc, Christiana Figueres, ha detto che nei climate change talks «Mancava l'urgenza e sono semplicemente troppo lenti. Gli ultimi tre negoziati intergovernativi sul clima a Cancun, Durban e Doha hanno avuto successo in quanto hanno ottenuto quello che avrebbero dovuto adottare per spostare in avanti il regime climatico. Però adesso la marcia in questa direzione continua ad essere troppo lenta. Anche un'ulteriore integrazione di tutti e tre i livelli, internazionale, nazionale e settore privato aiuterebbe a raggiungere quell'economia low carbon della quale abbiamo bisogno di garantire la risposta ai cambiamenti climatici. E dobbiamo rispondere. Non possiamo avere un piano B, perché non abbiamo un pianeta B».