
[09/04/2013] News
E il governo Monti concede una nuova concessione per ricerche petrolifere
Proprio mentre si apprestava a presentare i dati sui rischi derivanti dai progetti petroliferi che si stanno moltiplicando nel mare abruzzese, il Wwf è venuto a conoscenza di un'ennesima concessione per ricerche petrolifere nel tratto di mare antistante Pescara, Francavilla ed Ortona. «Nei giorni scorsi abbiamo appreso che il governo dimissionario ha realizzato un nuovo colpo di mano, concedendo il 15 marzo 2013 un permesso di ricerca di idrocarburi in mare alla società Petroceltic- ha dichiarato Luciano Di Tizio, presidente del Wwf Abruzzo- Si tratta di una porzione di Adriatico enorme antistante Pescara, Francavilla e Ortona, dell'estensione di ben 50.000 ettari che ora sarà destinati alla ricerca di idrocarburi.
Intere comunità si oppongono a queste proposte ma i ministeri vanno avanti lo stesso come se nulla fosse. Il Wwf chiede agli enti, a partire dal comune di Pescara, di fare ricorso al Tar contro quest'ennesima decisione che va contro gli interessi ambientali ed economici della regione. La manifestazione di sabato 13 aprile, a Pescara (partenza dalla Madonnina ore 15:30)- ha informato Di Tizio- è un appuntamento da non perdere a cui invitiamo a partecipare tutti i cittadini che hanno a cuore il futuro sostenibile dell'Abruzzo e del suo mare».
Oltre ai permessi di ricerca ci sono soprattutto i progetti già approvati dalla commissione Via nazionale, come "Ombrina mare", composto da una piattaforma di produzione con 6 pozzi, 36-42 km di tubazioni sottomarine e una grande nave raffineria FPSO (unità di produzione galleggiante con stoccaggio e impianto di caricamento del greggio) di 320 metri di lunghezza, ormeggiata a 10 km dalla costa per almeno 24 anni. I potenziali rischi di questo progetto sono stati evidenziati dall'associazione ambientalista che ha presentato alcuni studi sugli incidenti riguardanti impianti simili a questo.
Un testo di riferimento in tal senso è "Accident Statistics for Offshore Units on the UKCS 1990-2007" della OIL and GAS UK, pubblicato nel 2009, che riassume tutti gli incidenti avvenuti tra il 1990 e il 2007 nelle strutture di sfruttamento degli idrocarburi attive nella piattaforma continentale inglese. Per quanto riguarda le piattaforme fisse inglesi, spiega il Wwf, nel periodo considerato sono avvenuti 5.871 incidenti con una frequenza di 3,4 incidenti per unità all'anno. Gli incendi sono stati 0,412 l'anno per unità, le esplosioni 0,024 l'anno e le perdite in mare di petrolio ben 1,76 l'anno per unità.
Per quanto riguarda le 16 navi FPSO inglesi nel periodo considerato sono avvenuti 603 incidenti con una frequenza di 4,10 incidenti per FPSO all'anno. Gli incendi sono stati 0,42 l'anno per unità, le esplosioni 0,013 l'anno e le perdite in mare di petrolio ben 2,82 l'anno per unità. Altro studio di riferimento è quello del Direttorato Norvegese per il Petrolio che riporta la stima di perdite in mare di petrolio dalle FPSO di 3.240 barili in un ciclo di vita di 24 anni, solo tenendo conto delle perdite che avvengono durante l'allibo, il trasferimento del petrolio dalla FPSO alla petroliera (procedura che nel progetto Ombrina è prevista una volta al mese per 24 anni). Ovviamente, spiega l'associazione ambientalista, a queste perdite vanno aggiunte quelle relative ad altre fasi della produzione e gestione.
Un simile quantitativo, potenzialmente, secondo l'Unep avrebbe la capacità di coprire circa 400.000 ettari di mare con un sottile film di meno di 1mm di spessore. Nello stesso studio relativo alle strutture della piattaforma continentale norvegese, si riporta anche una frequenza di collisioni tra FPSO e petroliera di 0,15 collisioni per anno per unità, ben superiori alla frequenza di collisione tra navi ed altri tipi di installazioni petrolifere. Nel 2011 una FPSO della Shell posta a circa 75 miglia al largo del Delta del Niger, secondo i dati forniti dalla compagnia petrolifera, ha riversato in mare 40.000 barili di petrolio. La marea nera si estendeva per 70 km, coprendo 92.300 ettari di mare, secondo quanto dichiarato dalla stessa compagnia.
«La nostra principale preoccupazione è che le navi FPSO e le stesse piattaforme di produzione sono potenziali fonti di frequenti e a volte enormi fuoriuscite di petrolio- ha dichiarato- Fabrizia Arduini, responsabile del settore energia del Wwf Abruzzo. I vari studi prodotti, commissionati dai governi o dagli stessi petrolieri, evidenziano in maniera inequivocabile l'alta frequenza di incidenti. Solo in Italia dobbiamo sentire i fautori della deriva petrolifera dichiarare che tutto è compatibile e non vi sono rischi. Basti pensare che la nave FPSO collegata ad Ombrina dovrebbe stoccare sino a 50.000 tonnellate di petrolio e 15.000 tonnellate di zolfo e acqua di produzione. Per il progetto Ombrina- ha continuato Arduini- non esiste una approfondita analisi del rischio nonostante sia a ridosso della costa, quando nel resto del mondo queste strutture sono poste a decine e decine di chilometri di distanza. Oltre ai rischi relativi alla dispersione dei fumi e dei fanghi, agli incendi, agli scoppi e ai rilasci in mare di petrolio, abbiamo anche il rischio della subsidenza».
L'esponente del Wwf ha poi evidenziato un paradosso "tutto italiano". «Il progetto è realizzato in un'area dove sono in corso importanti investimenti per milioni di euro del Docup Pesca 2000/2006 "Protezione e sviluppo delle risorse acquatiche", con fondi anche dalla Commissione Europea. Lo scopo dell'intervento è di ottimizzare l'habitat per la conservazione ed il ripristino di spigole, orate, corvine, cernie, saraghi ed altri pesci pelagici o di scoglio. La commissione Via del ministero dell'Ambiente ha incredibilmente dato parere favorevole al progetto prescrivendo alla Medoilgas di predisporre un'analisi del rischio, che, quindi, arriverà dopo il parere positivo.
Il proponente dovrà provvedere alla redazione di una analisi di rischio globale con le analisi quantitative che tengano conto di tutti i possibili scenari. Ciò è del tutto illogico visto che è compito proprio della Via stabilire preventivamente se i rischi sono sopportabili dall'ambiente e dall'economia delle regioni potenzialmente interessate dagli incidenti», ha concluso Arduini.