[11/04/2013] News

Tre modi per sbloccare i finanziamenti per il clima: alle porte una nuova strategia internazionale?

Prende il via oggi a Washington il Ministerial Meeting on Mobilizing Climate Finance, che ha come obiettivo a lungo termine quello di coordinare l'azione dei donatori per mobilitare gli investimenti privati per affrontare il cambiamento climatico, tenendo conto degli impegni finanziari sul clima assunti nel quadro dell'Unfccc, mentre gli obiettivi a medio termine sono quelli di: Comprendere le ragioni di merito e politiche per il lavoro per cui è necessario un coordinamento; Comprendere le attuali barriere per incrementare gli investimenti privati; Comprendere le azioni intraprese e necessarie per affrontare questi ostacoli; Discutere le opportunità per migliorare il progresso ed il coordinamento

Al meeting, organizzato dal Dipartimento di Stato Usa, partecipano ministri ed alti funzionari dei Paesi sviluppati, molti dei quali si sono già ritrovati ad un altro meeting di esperti di finanza climatica organizzato a Parigi dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).

Il problema è quello di dove e come trovare entro il 2020 gli almeno 5,7 trilioni di dollari che il mondo dovrà investire in acqua potabile, trasporti sostenibili, energie rinnovabili ed altre infrastrutture verdi per  mantenere l'aumento della temperatura globale al di sotto 2 gradi centigradi, evitando così i peggiori impatti del cambiamento climatico. Attualmente gli investimenti di questo tipo sono intorno ai 360 miliardi di dollari all'anno.

Mentre continuano i summit ci si comincia a chiedere se i ministri e i tecnici si stanno ponendo le questioni giuste che secondo il World Resources Institute (Wri) sarebbero tre:  Ci stiamo concentrando sugli investimenti giusti? Stiamo distribuendo i finanziamenti con criteri efficaci? Stiamo lavorando insieme?

Secondo Clifford Polycarp e Shally Venugopal, due ricercatori del Wri che hanno scritto il rapporto "3 Ways To Unlock Climate Finance" i decisori dei Paesi sviluppati si stanno concentrando sui problemi sbagliati: «Gran parte de 5,7 trilioni di dollari di investimenti annui dovranno sicuramente avvenire nei Paesi in via di sviluppo, dove la vulnerabilità agli impatti del cambiamento climatico è elevata ma dove esistono significative possibilità di ridurre le emissioni di gas serra. Tuttavia, i governi, che hanno un ruolo importante da svolgere nel mobilitare le risorse finanziarie necessarie, sono stati distratti recentemente da numeri sbagliati e le questioni sbagliate».

Per all'Ocse i governi dei Paesi sviluppati hanno trascorso due giornate a discutere i metodi per quantificare quanto i finanziamenti climatici pubblici possono mobilitare in dollari del settore privato. «Questa fissazione con i cosiddetti "leverage ratios" de i dollari pubblici in privati deriva da un impegno collettivo delle nazioni sviluppate a mobilitare, da fonti pubbliche e private, ulteriori 1000 miliardi di dollari all'anno entro il 2020 per sostenere le attività contro il cambiamento climatico nei Paesi in via di sviluppo - spiegano i due esperti -   Di fronte alla stretta fiscale, questi governi si rendono conto che dimostrare di aver compiuto progressi verso i  100 miliardi dollari è più facilmente ottenibile riportando il massimo leverage ratio». Ma questo "trucco contabile" «Non riesce a riconoscere la vera quantità di investimenti necessari per indirizzare il mondo verso un'economia low carbon ed agisce come una distrazione dalle sfide più grandi legate alla mobilitazione di finanziamenti per il clima. Per mobilitare davvero la quantità di denaro necessaria per mitigare e prepararsi ai cambiamenti climatici, dobbiamo premere il tasto reset delle discussioni sulla finanza climatica». Ma sarà difficile che il resettaggio inizi oggi a Washington.

Secondo il World Economic Forum  per arrivare entro il 2020 si circa 5.700 miliardi dollari che dovranno essere investiti ogni anno in infrastrutture verdi, bisognerebbe "spostare" 5.000 miliardi di dollari dagli investimenti business-as-usual a quelli verdi, ma anche mobilitare  altri 700 miliardi di dollari per garantire che questo cambiamento avvenga realmente. Il Climate Policy Institute   dice che attualmente siamo a circa 360 miliardi dollari all'anno  in investimenti pubblici e privati  sul clima, con i governi dei Paesi sviluppati che, secondo i rapporti fast-start finance e le stime Ocse,  forniscono tra i 10 e i 20 miliardi di dollari all'anno. «Se  si considerano queste cifre - scrivono Polycarp e Venugopal  -  l'obiettivo annuale di 100 miliardi dollari, al quale di solito si fa riferimento è solo un piccolo pezzo del puzzle da  5.700 miliardi di dollari». I governi quindi non si starebbero concentrando sui dati giusti e quindi non stanno riconoscendo la portata della sfida. «Sembra arduo, ma ci sono modi per raggiungere questo significativo cambiamento - dicono i due ricercatori del Wri - Il gruppo consultivo ad alto livello del Segretario generale delle Nazioni Unite sul finanziamento per il cambiamento climatico e un documento della Banca Mondiale indirizzato al G-20 ci hanno mostrato un paio di modi per arrivarci. Sia il livello pubblico che privato di finanziamento hanno bisogno di una crescita sostenuta per garantire che si mantenga sul percorso delle esigenze indicate dai meeting sugli investimenti per il 2020 e oltre».

I governi stanno tentando di mobilitare i finanziamenti necessari per affrontare la sfida del cambiamento climatico, quindi bisogna garantire che i finanziamenti disponibili vengano utilizzati el modo più efficace possibile. Identificare e usare le politiche e gli strumenti finanziari giusti sarà fondamentale nel creare i giusti incentivi per gli investitori pubblici e privati a spostare i loro investimenti verso le attività compatibili con il clima. Polycarp e Venugopal  sottolineano ce «Gli interventi politici e finanziari sono il catalizzatore della trasformazione solo se sono proprio mirati alle barriere giuste, che variano ampiamente in diversi contesti. Non ci sono proiettili d'argento ed approcci "cookie-cutter" non funzioneranno, ma abbiamo alcuni buoni esempi a cui attingere. Ad esempio, l'industria eolica del Messico dimostra quanto potenti i dollari pubblici possono essere nel mobilitare investimenti privati se sono utilizzati per fornire sostegno politico ed istituzionale ed applicare strumenti finanziari adeguati al momento giusto. Tra il 2003 e il 2011, un mix di politiche nazionali di energia rinnovabile, finanza internazionale e supporto tecnico hanno trasformato la nascente industria eolica nascente del Messico da due piccoli progetti in un settore che alla fine del 2011 vantava 17 progetti e investimenti totali per 1,14 miliardi dollari».

Investimenti pubblici e privati dei Paesi sviluppati e di quelli in via di sviluppo sono importanti se vogliamo progredire verso 5,7 trilioni di dollari, ma occorre che ci sia una effettiva cooperazione se si vuole davvero arrivare al livello di impatto desiderato: «Ognuno controlla diversi portafogli di denaro, ma ciascuno può svolgere un ruolo complementare - dice il Wri - Senza dubbio, diversi gruppi di protagonisti devono avere la priorità, ma queste scelte devono essere flessibili per rispondere al dinamismo di ogni settore, alla geografia, ad al protagonista».

Quindi il meeting di Washington deve concentrarsi sulla soluzione delle questioni giuste e superare le strette pressioni politiche, concentrandosi su come fare meglio collettivamente come comunità, per affrontare una sfida di enorme portata. «A seconda di come i governi agiscono oggi - concludono Polycarp e Venugopal  -  possono sia eliminare la sfida 5,7 trilioni di dollari sia il grande rischio che ci prenderemmo per i decenni a venire, e trasformarli in un'opportunità che promette un futuro prospero e con un clima sicuro».

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