
[12/04/2013] News
Mezzi fuoristrada ed accampamenti nelle aree sensibili. Un “ripristino” distruttivo per flora e fauna
Krystal A. Tolley, del South African National Biodiversity Institute e Michele Menegon, un noto fotografo conservazionista che lavora anche per il Museo Tridentino di Scienze Naturali lanciano su mongabay.com un accorato allarme per difendere il Namib, il deserto più antico della Terra, composto da pianure di ghiaia e campi di dune che sono stati intatti per circa 40 milioni anni. I due ricercatori spiegano che il Namib «Forma una sottile striscia lungo la costa dell'Africa sud-occidentale, correndo per circa 2000 km dalla Namibia all'Angola. Il suo unico insieme di flora e fauna è specializzato per la vita del deserto e comprende uno dei più organismi che vivono più a lungo sul pianeta, una pianta di nome Welwitschia mirabilis , con una durata di vita di 5 - 15 secoli». Nel Namib vive anche l'unico camaleonte del deserto il Namaqu (Chamaeleo namaquensis), ma le sue pianure sassose ospitano una varietà impressionante di invertebrati e piccoli vertebrati.
Tolley e Menegon spiegano che la cuticola superficiale del deserto è costituita da carbonato di calcio arricchito, una crosta delicata dove le tracce di pneumatici e le impronte rimangono per decenni. «Il deserto del Namib è davvero un notevole ma fragile ecosistema, che non può tollerare un estremo sfruttamento antropico (impatti ambientali umani) senza importanti conseguenze».
Una gran parte del Namib è tutelata dal Namib Skeleton Coast National Park, una gigantesca area protetta di 10,7 milioni di ettari che al suo interno comprende il Dorob National Park (780.000 ettari) e il Namib Naukluft Park (circa 5 milioni di ettari). A questi parchi possono accedere turisti autorizzati ed in più ci possono essere organizzate attività ricreative e di ricerca ottenendo i permessi previsti dal ministero dell'Ambiente e del turismo della Namibis. Gli impatti antropici sono in genere limitati, perché i veicoli possono percorrere solo itinerari fissati ed è assolutamente proibito prelevare flora, fauna, minerali e qualsiasi tipo di oggetto. Inoltre il rigoroso Environmental Management Act approvato nel 2007 dalla Namibia prevede che gli impatti antropici debbano essere mitigati.
Però, come denunciano Tolley e Menegon, «Nel corso del 2012, le aree dei parchi azionali del Dorob e del Namib Naukluft sono state utilizzate come siti per le locations per le riprese di un sequel (Fury Road) della popolare serie cinematografica Mad Max. Durante queste operazioni, i veicoli sono stati autorizzati a viaggiare fuori dai sentieri ufficiali, con l'intesa che l'area sarebbe stata ripristinata subito dopo». Le riprese del sequel di Mad Max avrebbero dovuto portare 40 milioni dollari all'economia della Namibia, un Paese enormemente ricco di risorse minerarie, ma ancora realmente poverissimo, impiegando temporaneamente centinaia di comparse locali, un'occasione significativa per uno Stato africano con una popolazione di poco più di 2 milioni di persone che ha subito prima la colonizzazione tedesca, poi quella britannica ed alla fine l'occupazione ed il dominio del regime razzista bianco sudafricano.
Ma, come ricordano i due ricercatori/fotografi, «L'industria del turismo della Namibia, che si basa principalmente sul turismo ecologico grazie al notevole paesaggio namibiano, porta 780 milioni dollari l'anno e dà lavoro a decine di migliaia di namibiani su base permanente. Certamente, qualsiasi attività all'interno degli ecosistemi fragili ha un impatto, ma questi dovrebbero essere ridotti al minimo e mitigati. Nel caso delle recenti attività di ripresa del film, l'impatto su questa delicata area è stato aumentato dalla guida al di fuori delle vie ufficiali e dai grossi accampamenti in aree precedentemente incontaminate. Queste attività sfregiato la superficie dei fragili "topsoils" lungo molte migliaia di ettari e piante ed animali sensibili erano direttamene sulla linea di guida. Dato che non è stata effettuata nessuna valutazione di impatto ambientale (Via) per ottenere una baseline prima delle riprese, gli ingenti danni all'ecosistema non sono quantificabili».
Ma a quanto pare il ripristino è stato anche peggiore del danno inflitto dalle riprese: l'area è stata "livellata" «Trascinando catene e reti» per cancellare parzialmente le tracce lasciate dal passaggio dei mezzi e della troupe cinematografica. Quindi è stata danneggiata un'area ancora più estesa, passando sopra alle piante ed agli animali del deserto sopravvissuti.
«Nel complesso - scrivo la sudafricana e l'italiano - tutto questo manca di un approccio precauzionale, e indica un valore intrinsecamente superiore dato all'intrattenimento piuttosto che alla tutela ed alla conservazione di ecosistemi unici del nostro globo. Mentre un aumento delle attività di questo tipo potrebbe rilanciare l'economia della Namibia, a lungo termine è importante non perdere di vista il motivo per i quali questo Paese è così desiderabile, a cominciare da queste attività . Quel che la Namibia ha da offrire è la sua natura incontaminata e senza uguali, ma insostituibile. Le superficiali misure cosmetiche a breve termine, applicate agli impatti antropici acuti, hanno un costo: molti danni a lungo termine alla risorsa che rende il Namib così prezioso e ricercato. Deve essere presa un'estrema cura per assicurare che gli impatti di tali attività siano minimi e che il recupero sia diretto a ripristinare l'habitat nella sua forma originale, non alla cancellazione in superficie, incompleta e superficiale delle cicatrici dell'ecosistema. Inoltre, la baseline ecologica e dati delle indagini sono necessari per le valutazioni di impatto ambientale per valutare correttamente il potenziale danno prodotto da un tale utilizzo e per fornire una consulenza adeguata per quanto riguarda la mitigazione, al fine di garantire che questo ecosistema conservi il suo valore per l'economia della Namibia».