[24/04/2013] News
La sostenibilità è il progetto da cui ripartire: lo ricordano proprio i dieci “saggi” di Napolitano
«Ora ci vuole il coraggio di fare delle scelte, di guardare avanti, sarebbe sbagliato fare marcia indietro». Esattamente dieci giorni fa usciva in edicola l'intervista del direttore de la Stampa a Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica a fine mandato. Sembrava un punto di non ritorno: tornare indietro, disse, «sarebbe ai limiti del ridicolo», per la nazione, s'intende. Ma a noi italiani le barzellette piacciono, si sa. A designare il nuovo premier incaricato, oggi, è proprio il (suo malgrado) "neo" presidente Napolitano: il volto è quello di Enrico Letta, vicesegretario del Partito Democratico (che ha detto sì, ma con riserva). Il nome non è certo dei migliori, ma lo svilupparsi della situazione data non prometteva ormai di meglio.
Nelle aule parlamentari si è intanto consumato un altro revival: Enrico Giovannini, uno dei dieci "saggi" convocati dal presidente Napolitano per stendere un'Agenda possibile. Giovannini si è visto costretto a tornare, stavolta, in veste di presidente dell'Istat, per illustrare davanti alla Commissione speciale nell'audizione al Senato le ultime e ingigantite forme conquistate in Italia dalla crisi. Il focus è sui consumi: il 71% delle famiglie italiane con bassi livelli di spesa ha modificato sensibilmente il proprio modello di consumo, cambiando (al ribasso) quantità e qualità degli acquisti, «arrivando a eliminare quasi del tutto le spese per visite mediche, analisi cliniche e radiografie, mantenendo - riporta il Corriere - quelli per i medicinali».
«Lo stesso presidente Giovannini - ricorda Pietro Giordano, segretario generale Adiconsum - fa rilevare come il vero problema italiano ed europeo sia la disoccupazione, che inevitabilmente produce abbattimento dei redditi familiari, ridimensionamento pesantissimo della richiesta di beni e servizi e quindi ulteriore disoccupazione, in un circuito perverso che ha concretizzato la recessione e che rischia di mandare in default centinaia di migliaia di famiglie italiane».
Stiamo raschiando, e da tempo, il fondo del barile. Viviamo adesso un sadico gioco dell'oca: tra incompetenza e sfortuna, un tiro di dadi ci ha riportato alla casella di partenza. Il Paese è ora di nuovo nelle mani del suo Re Giorgio, Napolitano, unico riferimento istituzionale ancora stabile. Quello che sta prendendo forma è sì un governo del presidente, ma un governo del presidente della Repubblica: chiediamo dunque che si riparta dal messaggio fondamentale lasciato in dono proprio da Napolitano nel suo ultimo atto prima della rielezione.
Pur snobbato, il perno di quell'Agenda possibile redatta dai dieci "saggi" recitava che «Le misure di politica economico-sociale qui suggerite, anche quelle limitate alle urgenze, si inscrivono in due obiettivi di fondo: riavviare lo sviluppo economico, renderlo più equo e sostenibile. Lo sviluppo deve portare un aumento del benessere, non risolversi in un mero accumulo di beni materiali. [...] I governi possono e debbono incanalare lo sviluppo su binari di sostenibilità ambientale e sociale, di equità fra generazioni, fra donne e uomini, fra ceti e territori diversi».
La sostenibilità è il progetto da cui ripartire. Sostenibilità del capitale ambientale e sociale, prima della tenuta (anch'essa una forma di sostenibilità) dei conti finanziari. Perché per l'Italia «è vitale - spiega oggi su la Repubblica l'economista Nouriel Roubini, presentando l'ultimo rapporto del suo think tanck sul Bel Paese - presentarsi con un governo credibile guidato da una personalità con forte carisma e sicura competenza economica. Perché questo premier dovrà ottenere a tutti i costi un allentamento dell'austerity dettata dalla Germania».
Se questo dev'essere un governo di riforme, dev'esserlo anche in sede europea. E deve mettere nel mirino, all'interno dei confini nazionali, due imperativi: far ripartire l'occupazione, e tutelare il nostro territorio. Per conciliare le due missioni abbiamo molte opzioni d'emergenza da poter vagliare. Molte delle quali intelligenti, come quella proposta dal sociologo Luciano Gallino, più che mai attuale. La situazione non è buona, ma rialziamo ancora una volta la testa. Sappiamo che ne siamo capaci: domani è di nuovo il 25 aprile, festa della Liberazione.