
[26/04/2013] News toscana
La green economy non nasce sugli alberi, ma tra i banchi di scuola
Altro che cifre e conti. Il tesoretto della Regione Toscana per il futuro è tutto racchiuso nel I rapporto Dal nido alla scuola superiore, un'approfondita analisi dei punti di forza e delle debolezze che è stata presentata a Palazzo Strozzi Sacrati. Sono poco più di 500mila bambine e bambini, ragazze e ragazzi, che stanno crescendo tra i banchi di scuola. Al netto di una formazione continua per gli adulti che in Italia è adesso tanto lontana quanto necessaria, è negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza che i cittadini e i lavoratori del domani ricevono un indelebile imprinting; ed è anche nella bistrattata scuola, dunque, che stabilisce non solo il loro, ma anche il nostro futuro. In che acque naviga, dunque, la Toscana?
Nel 2011/2012 gli studenti in Toscana sono poco più di mezzo milione, così distribuiti: 96mila scuola dell'infanzia, 159mila primaria, 98mila secondaria I grado e 147mila secondaria II grado. Dal 2007 l'aumento è stato di oltre 24mila studenti (al netto della scuola dell'infanzia): per quasi la metà di questo numero dobbiamo ringraziare gli studenti stranieri. Questa carica dei 500mila si trova ogni giorno a vivere un sistema scolastico mediamente efficiente, all'interno del quadro nazionale.
Su stessa ammissione della Regione, però, molte delle ombre riguardano ancora il fenomeno della dispersione scolastica. La Toscana è tra le regioni italiane con valori più alti di abbandono prematuro degli studi: 18,6% contro il 18,2% nazionale e un trend non favorevole, soprattutto nell'ultimo periodo. I maschi abbandonano molto di più (23,4%) rispetto alle femmine (13,6%). I Neet - Not in Education, Employment or Training (la popolazione tra i 15-29 anni né occupata, né in un percorso di istruzione formazione di qualsiasi tipo, escluso l'autoapprendimento) è un altro fenomeno in crescita, in questo caso più diffuso tra le donne che tra gli uomini. In Italia siamo al 22,7% (media UE intorno al 15%), che si traduce nel 2011 in oltre 2 milioni di persone. I valori toscani, in questo caso, sono al di sotto della media nazionale, ma dal 2007 al 2011 la crescita è stata superiore a quella della media italiana, raggiungendo il 16,4% (uomini 13,4% donne 19,4%). Non positivo anche il dato che riguarda gli alunni in ritardo rispetto al regolare percorso di studi: nel 2011 sono quasi 63mila, 15,59% degli iscritti. Anche in questo caso il fenomeno è in aumento negli ultimi cinque anni e riguarda soprattutto le scuole secondarie, specie quelle di II grado.
A preoccupare la vicepresidente della Regione, Stella Targetti, è proprio il trend dell'abbandono scolastico, in aumento: «E' un segno del crescente disagio sociale e allo stesso tempo ne è la causa Chi lascia la scuola infatti non manifesta solo un disagio, ma è destinato a viverne anche di peggiori in futuro, perché abbandonando gli studi diventerà poi più difficile entrare nel mondo del lavoro e stare nella società, visto che tra i banchi si sviluppano competenze anche sociali. Anche per questo motivo la prima risposta al disagio sociale è proprio la scuola, perché è il luogo privilegiato per aggredirlo».
Per migliorare, però, occorrono però investimenti. «Come Regione - ha precisato Stella Targetti - stiamo lavorando su vari progetti, ma per cambiare in profondità le cose occorrerebbe una seria riforma della scuola: sperimentare modelli diversi, cioè innovare il rapporto tra insegnanti e studenti, cambiare il sistema di reclutamento e di formazione dei docenti, riformare i contratti di lavoro. E naturalmente metterci le risorse che servono».
Perché la Toscana possa esprimere quelle che sono le sue eccellenze più spendibili sul mercato, ossia la manifattura e l'artigianato di qualità - oltre alla cura e la valorizzazione di un territorio unico al mondo per storia, immagini, valori e sapori - servono saperi che occorre sviluppare. Come ha sottolineato Targetti, è certamente una questione di risorse, ma non solo. Si tratta di scoprire modalità di coinvolgimento degli studenti e di valorizzazione dei docenti, un rinnovamento dei programmi scolastici (e degli edifici) che si basi più sulla trasmissibilità dei contenuti che sull'affibbiare qualche iPad in classe. Non sarà infatti una lavagna elettronica a far comprendere temi complessi come la sostenibilità, in un Paese dove i ¾ della popolazione naviga ancora entro i limiti dell'analfabetismo. Se vogliamo che si apra l'era dei lavori verdi, dell'immaginata green economy, beh, dobbiamo prepararci fin dai banchi di scuola.