[02/05/2013] News

Il nucleare e il carbone pulito: le nostalgie e la propaganda di Bonanni, industriali e Zanonato

Ecodem: «E' sull'economia verde che si ricostruisce il paese»

Il segretario della Cisl Raffaele Bonanni ha concluso la sua densa giornata del primo maggio rilanciando a Linea Notte del TG3 quell'alleanza dei produttori che si è vista nelle piazze, con gli imprenditori che "senza occhiali ideologici" hanno sfilato per la prima volta a fianco degli operai, mettendo finalmente in dubbio gli effetti di una globalizzazione iperliberista che fino a qualche mese fa veniva data per salvifica. In studio con lui c'era Paolo Agnelli, il segretario della Confederazione delle industrie manifatturiere italiane (Confimi), ed entrambi hanno rilanciato i  vecchi cavalli di battaglia: l'eccessiva tassazione su imprese e lavoro, e «Da un costo del lavoro più alto d'Europa e quello dell'energia più alto del mondo», come ha detto Agnelli.

Bonanni, che spesso si fa prendere la mano dalla foga quando è a fianco di un imprenditore o di un politico, ha sorvolato sul fatto che non è proprio vero che i lavoratori italiani sono quelli che costano di più e che producono di meno, ha attaccato pesantemente chi si oppone al modello energetico (costoso) dell'Italia e detto che bisogna farla finita con «Questo  effetto nimby, basta una piccola minoranza che blocca un'opera», soprattutto i gruppi che si oppongono a nuove grandi infrastrutture ed impianti energetici, «visto che insieme al nucleare il carbone pulito è l'energia meno costosa».

Insomma, nel primo maggio più fosco degli ultimi anni e della ritrovata unità sindacale e dei produttori, Bonanni ha attaccato a spada tratta movimenti ed associazioni (molte delle quali erano in piazza con i sindacati) che si oppongono allo stesso modello di sviluppo che sia gli imprenditori sia i sindacalisti dicono esser fallito. Ma il segretario della Cisl, con le sue non ben informate dichiarazioni sull'energia (che sotto sotto fanno passare le rinnovabili come un accessorio o un costoso sfizio) ha anche sconfessato il recente programma per l'Italia della Cgil, non a caso accolto bene da associazioni come Legambiente, che ci pare vada in ben altra direzione.

Bonanni parla di cambio del sistema ma propone di andare avanti con la stessa politica energetica: «Non possiamo continuare con un'energia che costa così, che costa più di qualsiasi altra energia di qualsiasi altro Paese. Tutto idrocarburi». Ma l'alternativa reale al petrolio, le rinnovabili, non vengono nemmeno sfiorate nello sfogo (senza contraddittorio alcuno) di  Bonanni, che invece spiega: «Ci sono problemi per esempio di blocco per i rigassificatori, ci sono problemi di blocco  per centrali che restano ferme, addirittura dal passare dal petrolio al carbone pulito che è l'energia a più basso costo dopo quella  nucleare. Bisogna frantumare questo clima che vuole che l'Italia rimanga questa sorta di presepe che è impossibile da modificarsi».

Questo del costo dell'energia perché mancano rigassificatori e centrali a carbone "pulito" è un artificio propagandistico regolarmente smentito, numeri alla mano, dalle associazioni ambientaliste e di categoria delle rinnovabili. In un Paese dove l'energia è oramai in eccesso e si spreca, dove ci sono centrali in standby, dove il costo del gas è più alto per i contratti capestro firmati da Berlusconi ed Eni con Putin, avere una malcelata nostalgia del nucleare bocciato da un referendum, che ha visto protagonisti molti dei giovani presenti ai concertoni di Roma e Taranto, dei quali Bonanni sembra essersi dimenticato appena arrivato in Rai a Saxa Rubra,  e con propagandare l'ossimoro del carbone pulito non fa né un buon servizio  al necessario rinnovamento economico di questo Paese (che non si capisce da dove debba cominciare se non da una decisa riconversione a tappe forzate verso la green economy e l'energia davvero pulita) né alla competitività del lavoro e delle imprese richiesta da Agnelli e Bonanni.

Che questa nostalgia del nucleare sia condivisa lo stesso giorno dal neo-ministro  allo Sviluppo economico Flavi Zanonato rende l'intero quadro ancora più preoccupante. Zanonato, intervistato dalla trasmissione "satirica" Un Giorno da Pecora, ha detto che il nucleare «Di per sé potrebbe anche essere una cosa interessante, ma non lo ritengo nel modo più assoluto una priorità per l'Italia» e poi ha aggiunto: «Non mi piace quando si enfatizzano le cose demonizzandole. L'energia nucleare è una forma di energia, se si può gestire non è sbagliata di per sé. «In Italia credo che non si possa fare, ma nel mondo c'è». Ed alla domanda se potessimo gestirla, si potrebbe usare anche in Italia? Risponde: «Se avessimo i siti adatti, perché no?», il ministro sembra non  sapere che il 12 e 13 giugno 2011 in Italia c'è stato un referendum che ha detto no al nucleare e sembra addirittura ignorare le catastrofi nucleari di Chernobyl e di Fukushima Daiichi e i continui incidenti che funestano quella che lui crede sia un'energia tranquillamente gestibile e Bonanni crede sia la più economica (sic!).

Secondo il presidente di Confimi «In Italia una politica industriale manca da 50 anni, e sull'energia dall'ultimo referendum contro il nucleare degli anni '80 (anche lui sorvola su quello del 2011, ndr) non è stato fatto più niente», viene da chiedersi che cosa abbia fatto la sempre filo-governativa Confindustria in questi 50 anni se non difendere le grandi imprese che hanno permesso (e lavorato) che questo avvenisse e tutelato quegli interessi monopolistici dei combustibili fossili che hanno realizzato questa struttura energetica obsoleta che vede come nemico le rinnovabili e la produzione diffusa di energia.

Se l'alleanza (necessaria) tra produttori parte su queste basi politiche, sindacali ed imprenditoriali c'è da essere preoccupati perché chiede un cambiamento che sembra la riproposizione del vecchio, con qualche aggiustamento fiscale e ai diritti dei lavoratori, ma ignorando le altre due grandi crisi: quella energetica e delle risorse e quella ambientale, senza la cui consapevolezza ogni rilancio è effimero e prepara una crisi ancora più devastante.

Fortunatamente anche in un quadro politico, sindacale e imprenditoriale,  che sembra sempre più confuso proprio sui fondamentali, qualcuno mantiene un po' di lucidità. Gli Ecodem del Pd mandano a dire al loro ministro Zanonato che «E' sull'economia  verde che si ricostruisce il paese». Marco Ciarafoni, portavoce nazionale degli Ecologisti Democratici ha detto: «Siamo rimasti francamente stupiti delle affermazioni del Ministro Zanonato. Se lo lasci dire da chi, come noi, non ha mai avuto un approccio ideologico al problema. Il nucleare è definitivamente uscito di scena e non può essere, in alcun modo, una prospettiva da riaprire. Non solo per ragioni ambientali e per i problemi irrisolti legati alla sicurezza, ma anche per i costi insostenibili del nucleare e per ragioni strategiche. Senza contare l'orientamento chiaro e determinato che il popolo italiano ha dato con il referendum, e che deve essere assolutamente rispettato. Dal ministro dello sviluppo economico ci aspettiamo un impegno serio e rigoroso per sviluppare politiche energetiche che abbiano come priorità l'efficienza energetica e le rinnovabili, settori strategici che rappresentano oggi, nel tempo della crisi, occasione di sviluppo e di lavoro. E' di un modello di sviluppo sostenibile e di qualità che il paese ha bisogno e il motore sul quale far girare la ripartenza è l'economia verde».    

«Non è di certo un buon inizio quello del ministro Zanonato - commenta Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente - che dice di non demonizzare il nucleare. Il futuro del Paese si gioca sulle fonti rinnovabili e non sul nucleare, un dibattitto vecchio e superato e a cui gli italiani, con il referendum del 2011, hanno ribadito con fermezza il loro no all'atomo. E ora di guardare avanti puntando sulle fonti rinnovabili e su una buona politica energetica, che rappresentano la via maestra che si deve percorrere per rendere l'Italia più competitiva. Le fonti pulite permettono di ridurre la dipendenza dai fossili e le emissioni di gas serra, creando tra l'altro nuova occupazione. E a dimostrare ciò è la costante crescita nei comuni italiani della produzione di energia da fonti pulite, un produzione che rappresenta una fronte importante non solo per contribuire al fabbisogno energetico dell'Italia e alla salute dell'ambiente, ma anche una fonte di introito significativa per i comuni italiani. Dunque ci auguriamo che il ministro Zanonato si muova in questa direzione, perché investire su innovazione e green economy significa guardare al futuro».

Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, ha aggiunto che «Nessuna demonizzazione sul nucleare, quello sull'energia atomica è un dibattito vecchio e superato non solo perché gli italiani con il referendum del 2011 hanno deciso di fermare la follia del ritorno al nucleare, ma anche perché il nucleare è un pessimo affare. Se Enel fosse oggi impegnata nella costruzione di nuove centrali atomiche nel Paese, correrebbe il rischio di essere una ‘bad company'.  Anche nelle scelte sulla politica energetica bisogna guardare al futuro e non al passato. L'Italia non ha bisogno di centrali di grande potenza, né dell'energia nucleare. Mentre il risparmio e l'efficienza energetica, le fonti rinnovabili, l'innovazione, la ricerca e la conoscenza continuano ad essere la via maestra che si deve percorrere per rendere il nostro Paese più competitivo».

Da segnalare, ultimo ma non ultimo, che comunque almeno per tema di energia (dal risparmio, alle rinnovabili a quelle fossili) se ne parla e se ne discute ovunque, mentre di materia (dal risparmio, al riciclo) non se ne sente neanche il puzzo...

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