[03/05/2013] News
Non si affronta il problema essenziale: quello del cambio di paradigma di sviluppo, dell’equa redistribuzione della ricchezza e della limitatezza delle risorse
Solo pochi giorni fa i giornali di tutto il mondo (greenreport.it compreso) hanno dato grande risalto alle (auto)critiche del Fondo monetario internazionale (Fmi) all'iperliberismo e alle politiche di austerità nate per salvarlo dalla sua crisi, che stanno mettendo in ginocchio molti Paesi ed hanno portato alla stagnazione ed alla recessione l'economia europea. Ma ieri - all'indomani delle manifestazioni del 1 maggio che in tutta Europa hanno preso di mira proprio l'austerity - la direttrice generale dell'Fmi, la francese Christine Lagarde, ha corretto fortemente il tiro in un'intervista alla radio-televisione svizzera Rts, affermando che «Non c'è alternativa all'austerità».
La Lagarde, che è in Svizzera per partecipare al simposio di San Gallo, una sorta di mini-Davos che riunisce decision-makers internazionali, è stata voluta a dirigere l'Fmi dall'ex presidente francese Nicolas Sarkozy e probabilmente le sue retromarce hanno anche un occhio alla Francia ed alle politiche di François Hollande, che non piacciono alla cancelliera tedesca Angela Merkel, che invece andava d'amore e d'accordo con Sarkozy e (ai bei tempi) con Berlusconi prima e con Monti poi. Una vicinanza con la Merkel che la Lagarde ha riconfermato: «La situazione è difficile - ha spiegato, sposando la linea filo-tedesca - E' importante osservare una disciplina di bilancio e favorire gli elementi di crescita, al fine di promuovere gli investimenti ed il lavoro».
Siamo dunque alle solite: coloro che per lunghi anni ci dicevano che la mondializzazione ipercapitalista era il migliore dei mondi possibile, ora ci dicono che bisogna fare sacrifici per salvare quella loro astratta costruzione ideologica da un fallimento annunciato. Gli avvelenatori dei pozzi dell'economia trasformata in finanziarizzazione e del lavoro ridotto a merce ora ci propongono un antidoto che somiglia troppo al vecchio veleno. Ma la Lagarde su una cosa ha ragione: non esiste alternativa all'austerità, perché la ritirata ideale della sinistra europea ha lasciato il deserto davanti all'ideologia neo-conservatrice ed anche le ricette progressiste per uscire da questa crisi facendo pagare chi fino ad ora non ne ha mai pagato davvero il costo. Non si affronta davvero il problema essenziale, che alla fine sarà ineludibile: quello del cambio di paradigma di sviluppo, dell'equa redistribuzione della ricchezza e della limitatezza delle risorse di cui dispone l'umanità.
Tornando alla Lagarde, ha spiegato all'Rts che «Attualmente esistono tre tipi di velocità nel mondo. I Paesi più rapidi nella crescita sono i Paesi emergenti, seguiti da un secondo gruppo dei Paesi che cominciano a tornare a crescere, del quale fanno parte gli Usa, la Svezia e la Svizzera. Il terzo gruppo è composto dalla zona euro e dal Giappone, che penano a ritrovare la strada della crescita». La direttrice dell'Fmi vorrebbe «Più solidarietà in Europa» e per questo ha sottolineato un esempio che non sembra esattamente solidale agli europei, quello della Germania «Che sta raccogliendo i frutti della sua politica». E' chiaro che l'estabilishment economico internazionale tifa per la Merkel e per il suo rigore paneuropeo e che, dopo aver mal digerito la vittoria di Hollande in Francia, vede come fumo negli occhi una possibile sconfitta della Merkel ad opera di una coalizione socialdemocratici-verdi.
La Lagarde ha poi approfondito meglio il suo pensiero nell'intervista alla televisione della Svizzera, affermando senza mezzi termini che «Non è possibile fare politiche di rilancio, non sono disponibili mezzi finanziari adeguati. Devono essere proseguiti gli sforzi».
Ai giornalisti che la facevano notare la Spagna e la Grecia sono le prove che l'austerità non funziona, ha risposto «Quale è l'alternativa? Non è possibile ricorrere maggiormente al debito, né "rifare" del deficit, né fare una politica di rilancio, perché mancano i mezzi finanziari. Bisogna che gli sforzi attuali siano proseguiti, ma ad un ritmo ragionevole, assicurando che i fattori produttivi siano utilizzati appieno». Si tratta della stessa ricetta ribadita ieri dall'Ocse per l'Italia e per l'Europa.
Intanto il National institute of economic and social research (Niesr) britannico ha pubblicato il suo The forecast for the global economy, nel quale spiega il quadro che preoccupa tanto la Lagarde: «L'economia mondiale crescerà del 3,3% quest'anno e del 3,7% nel 2014: ancora al di sotto del trend. Nel mondo sviluppato, continua la divergenza; gli Usa cresceranno poco più del 2% per ogni anno, mentre la zona euro rimane in recessione e crescerà solo circa l'1% l'anno prossimo. La disoccupazione rimane molto elevata in molti Paesi, e si trasforma in una "depression-era" in alcuni Paesi periferici dell'area Euro. Le proiezioni globali della crescita per il 2013-14 sono sostanzialmente invariate da tre mesi, con alcune revisioni al rialzo, in particolare per il Giappone, compensate da alcune revisioni al ribasso, anche per il gruppo dei Paesi non Ocse. Con ancora una volta la crescita del prodotto mondiale proiettata al 3,3% nel 2013 e del 3,7% nel 2014, la previsione indica di nuovo una ripresa globale che è esitante, al di sotto del livello e irregolare». Il tasso tendenziale previsto era infatti dal 4 al 4,25%.
Dawn Holland, del Niesr, ha spiegato che le cifre della crescita mondiale sono sempre inferiori al loro potenziale e che l'economia mondiale sconta delle debolezze, «Più nettamente in Europa e nella zona euro in particolare». C'è una previsione al rialzo dell'economia giapponese, grazie al piano di rilancio approvato dal governo, che porterà la crescita al 2%, prima di queste misure era allo 0,5%. .
Secondo la Holland, «L'economia americana dovrebbe crescere al suo tasso tendenziale del 2,25%, sostenuto da una ripresa del mercato delle case che quest'anno è stato un po' compensato da una stretta di bilancio di circa l'1,75% del Pil e dell'1% per l'anno prossimo».
Per l'Ue se andrà bene si passerà dalla recessione alla stagnazione: «L'economia della zona euro è prevista in calo dello 0,4% nel 2013, con una crescita del Pil dello 0,9% prevista per il 2014 - ha detto la Holland - Prevediamo una contrazione della produzione, ma non solo nei Paesi colpiti dalla crisi: l'Italia, la Grecia, il Portogallo e la Spagna, ma anche in Francia, Olanda e Slovenia. Questo riflette la debolezza dell'economia europea, le misure della stretta di bilancio ed anche un rallentamento della domanda estera ed un livello elevato di incertezza. La Cina resta uno dei punti forti dell'economia mondiale, ma quest'anno o l'anno prossimo non ci attendiamo una crescita superiore all'8%».
Tempi duri e margini di manovra scarsissimi per il governo di larghe intese italiano, dunque, che si barcamena tra la fedeltà all'austerity conservatrice della Merkel e le tentazioni "socialiste" di Hollande.