[13/05/2013] News

Aspettando la staffetta generazionale e la svolta green, le opportunità lavorative dei figli sono la metà di quelle dei padri

La percentuale dei giovani ufficialmente disoccupati registrato dall'Istat in Italia è arrivato al 38,4%, ancora in crescita: dietro i numeri si nascondono 635 mila ragazze e ragazzi. È questa - almeno ascoltando le priorità annunciate da Enrico Letta - la soglia critica attorno alla quale sta ruotando l'esecutivo, riunito nell'abbazia di Spineto, in Toscana. Buona parte del successo (o del fallimento) di questo governo si misurerà guardando quanto l'asticella dell'occupazione - giovanile, in particolare - si sarà alzata, una volta arrivati al liberi tutti.

La misura più incisiva al momento sul tavolo del governo sembra essere quella della staffetta generazionale, già affrontata anche sulle nostre pagine. Riassumendo, funziona così: un lavoratore vicino alla pensione accetta un part-time (a parità di contributi pensionistici, grazie all'intervento dello Stato), e l'azienda assume un giovane a tempo indeterminato. Una misura che in qualche forma è già attiva in forma sperimentale in Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Piemonte, nota oggi il Sole24Ore, e che strizza l'occhio ai cugini francesi: «Oltralpe, dove un giovane su 4 è disoccupato, a metà marzo ha debuttato il contrat de génération che assegna un bonus da 4mila euro all'anno per tre anni alle imprese con meno di 300 dipendenti. In cambio le aziende devono assumere lavoratori under 26 e conservare il posto a un senior di almeno 57 anni fino al momento della pensione (a 60 anni per i francesi, ndr). L'obiettivo dichiarato è siglare 500mila contratti da qui al 2017».

Se Enrico Giovanni, neoministro del Lavoro, deciderà di puntare forte su questo intervento potrebbe essere una boccata d'ossigeno per l'occupazione giovanile nel nostro Paese: certo, non risolutiva, ma utile a smuovere le acque e a stimolare magari quel tasso d'occupazione femminile - sotto il 50%, il 12% in meno rispetto alla media Ue - cronicamente basso in Italia, ma con un occhio di riguardo tradizionalmente rivolto proprio verso il part-time.

La staffetta generazionale sarebbe anche un modo per provare a pareggiare almeno in parte quella disparità di opportunità lavorative di cui i padri - volenti o nolenti - hanno potuto usufruire, al contrario dei figli. «Non c'è partita - come sottolinea infatti il quotidiano di Confindustria - con i propri genitori alla stessa età: il match tra le due generazioni messe a confronto evidenzia un risultato netto a favore dei senior». Secondo i risultati di Datagiovani, che ha messo a confronto gli under 25 dal 1980 al 1982 con i pari età del 2012, le «nuove leve hanno visto sgretolarsi le certezze che garantivano a tanti padri l'indipendenza economica prima dei 25 anni. Con il risultato che oggi i lavoratori "green" sono meno della metà di quelli di 30 anni e che il tasso di occupazione si è dimezzato (dal 36% al 18,6%)». Alla faccia dei bamboccioni, insomma, che nella stragrande maggioranza dei casi si trovano loro malgrado ancora a 25 anni spettatori non paganti (e non gaudenti) alla corsa della vita verso l'indipendenza.

Ricucire la frattura è una delle più grandi sfide dell'oggi che la politica non può evitare di sobbarcarsi. Come scrive oggi l'economista Massimo D'Antoni su l'Unità, «Occorre riconoscere che nella mediazione politica tra ragioni del lavoro e del capitale convivono spazi di cooperazione e divergenza di interessi». Senza questa consapevolezza, è proprio la politica che diviene (stavolta consapevolmente) spettatore non pagante - o scrutatore non votante, per dirla con Samuele Bersani (nomen omen) - nei processi di trasformazione socioeconomici che chiedono di essere governati per essere indirizzati alla sostenibilità, quell'economia verde che può diventare il grimaldello per scardinare il sogno del lavoro minimo garantito per tutti, finora un tabù anche per buona parte dell'italica sinistra.

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