
[16/05/2013] News
L’Arctic Council tra la difesa dell’ambiente e dei popoli autoctoni e lo sfruttamento delle possibilità nascoste dal ghiaccio
Il Consiglio artico ha concesso lo status di osservatore a 6 nazioni - una sola europea, l'Italia - e ben 5 asiatiche, alcune di molto più peso politico-economico del nostro Paese: Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Singapore. E' stata invece respinta la richiesta dell'Unione europea perché l'Ue ha un contenzioso non risolto con il Canada sul commercio di prodotti derivati dalla foca. Altri Paesi sono già in fila per ottenere lo status di osservatore: dalla Turchia fino alla Mongolia.
La decisione è arrivata dopo accese discussioni nella notte del 14 maggio a Kiruna, nel nord della Svezia, dove si è tenuto il summit semestrale dell'Arctic Council che ha visto la significativa partecipazione del segretari di Stato Usa John Kerry e che ha coinvolto circa 230 delegati tra ministri, rappresentanti dei popoli autoctoni, scienziati ed osservatori. Ma alla fine la decisione l'ha presa il consiglio dei ministri degli 8 Paesi artici che ha concluso la presidenza di turno svedese ed avviato quella canadese.
Lo status di osservatore dà ai 6 Paesi il diritto di partecipare alle riunioni del Consiglio e di proporre e finanziare politiche per l'Artico: non hanno diritto di voto ma, a differenza degli osservatori ad hoc, sono automaticamente invitati alle riunioni del gruppo. «Non è un pranzo gratis - ha spiegato il ministro degli Esteri norvegese Espen Barth Eide - Diventando un osservatore si sta anche firmando i principi incarnati da questa organizzazione ed è per questo che abbiamo lavorato duramente per realizzare questo obiettivo».
Il summit è stato anche segnato dalla firma della Dichiarazione di Kiruna, che riconosce «L'importanza del mantenimento della pace, della stabilità e della cooperazione costruttiva nell'Artico» e «L'importanza dell'utilizzo sostenibile delle risorse, dello sviluppo economico e della protezione dell'ambiente». La dichiarazione ha anche reiterato «La necessità urgente di aumentare le azioni nazionali e mondiali miranti ad attenuare e ad adattarsi al cambiamento climatico».
Infatti, teoricamente l'Arctic Council, creato nel 1996 e che comprende le 8 Nazioni artiche (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia ed Usa), dovrebbe coordinare le politiche regionali e promuovere la cooperazione in materia di tutela ambientale e dei popoli autoctoni, turismo e pesca, ma anche sfruttamento di petrolio, minerali e trasporti.
Di fatto l'Arctic Council è diventato il potente (e talvolta rissoso) club dove si discute delle nuove rotte commerciali marittime aperte dal global warming e dello sfruttamento del petrolio e del gas che i ghiacci marini e terrestri in ritirata rendono più accessibili. L'Arctic Council è quindi destinato diventare sempre più importante nei prossimi anni, quando il grande nord fornirà le risorse che naturali iniziano a scarseggiare altrove. Si pensa che l'Artico nasconda il 13% delle riserve di petrolio e il 30% dei depositi di gas non ancora scoperti del mondo, mentre lo scioglimento dei ghiacci marini sta aprendo nuove rotte commerciali. La Cina è attratta da tempo dell'Artico: è diventata uno dei maggiori investitori nel settore minerario in Groenlandia e ha firmato un accordo di libero scambio con l'Islanda. Rotte di navigazione più brevi attraverso l'Oceano Artico farebbero inoltre risparmiare alle aziende cinesi tempo e denaro.
Il capo della delegazione cinese a Kiruna, Gao Feng, a detto all'agenzia ufficiale Xinhua che «Lo status di osservatore tanto atteso della Cina è una decisione giusta e saggia e sarà costruttiva per la futura cooperazione internazionale sulle questioni legate all'Artico. La Cina, quindi, meglio conoscerà l'Artico e più sarà in grado di unirsi efficacemente alla cooperazione internazionale». La Cina ha aperto un centro di ricerca artica nelle isole Svalbard, in Norvegia, e nel 2012 una rompighiaccio cinese ha viaggiato dal Pacifico all'Atlantico attraverso la rotta artica al largo delle coste russe, un itinerario del 40% più breve per l'Europa.
«La Cina apprezza la ricerca scientifica e la tutela dell'ambiente del Consiglio artico - ha detto la portavoce del ministro degli esteri cinese Hong Lei - E ha sempre sostenuto i principi e le finalità del Consiglio Artico». Ai giornalisti che le facevano osservare che il global warming nell'Artico è due volte più veloce che altrove sul pianeta, ha risposto: «Il clima che cambia [...] crea nuove opportunità, anche per gli Stati artici. Questi, però, sono anche nel pieno di nuove sfide e minacce che devono essere affrontate».
Secondo il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, che ha presieduto il summit, «Si rafforza la posizione del Consiglio artico sulla scena internazionale» ed il suo collega danese, Villy Soevndal, ha aggiunto che questo «Segnala un'apertura e riflette il fatto che anche molti Paesi al di fuori della zona artica hanno interessi legittimi di sviluppo della regione. Per quanto riguarda Singapore, ad esempio, è molto chiaro che è il trasporto la questione di loro interesse. La stessa cosa vale per l'India».
Ma intanto è scoppiata una grossissima grana: il summit di Kiruna è stato boicottato dal nuovo governo socialdemocratico della Groenlandia (la più grande isola del mondo) perché la Svezia si è rifiutata di accettare i suoi rappresentanti in condizioni di parità con gli altri membri permanenti. La nuova premier della Groenlandia, Aleqa Hammond, ha spiegato sul quotidiano Sermistiaq che «Fino al 2011, quando la Svezia ha assunto la presidenza, la Danimarca aveva tre seggi al tavolo con un rappresentante per ogni parte del Commonwealth danese».
Infatti la Groenlandia semi-indipendente e le autonome Isole Fær Øer fanno parte come vere e proprie nazioni del Commonwealth danese e, nell'ambito di un accordo con la Danimarca, la Groenlandia ha il pieno controllo delle sue materie prime e degli affari interni, mentre le decisioni in materia di difesa e degli affari internazionali spettano ancora al regno danese. «Quando gli svedesi hanno assunto la presidenza, al Commonwealth è stato dato un solo seggio e la Groenlandia e le Isole Fær Øer hanno dovuto sedersi dietro e non direttamente nei negoziati - spiega la Hammond - temo che la nuova presidenza canadese adotti lo stesso principio».