[07/03/2011] News

Tutte le democrazie sono uguali, ma la mia è più uguale delle altre

LIVORNO. Dai tragici conflitti in nord Africa, alle legittima aspirazione dei Paesi in via di sviluppo di accedere a una qualità della vita migliore, dal boom dei prezzi delle materie prime, ai conseguenti problemi di sicurezza alimentare, fino alle beghe della Piana fiorentina (e non è un paradosso), c'è un filo rosso che si chiama democrazia. A secondo del valore che ad essa si dà, è possibile affrontare tutte queste questioni nel migliore dei modi possibili a patto che - come dice giustamente Gustavo Zagrebelsky su Repubblica - non si creda che questo si possa fare eliminando gli aspetti, certamente problematici, ma essenziali della democrazia stessa quali: politica, conflitto, ingiustizia e discordia.

Pensare che la caduta auspicabile (ma non certa, sia ben chiaro) di un leader sanguinario e dittatore come Gheddafi, ma non per questo isolato, anzi, dalle democrazie occidentali, non abbia conseguenze anche "spiacevoli" per il resto del mondo dal punto di vista economico e sociale e pure ambientale, è avere un'idea di democrazia davvero riduttiva. Della serie tutte le democrazie sono uguali, ma la mia è più uguale delle altre.

Così vale per il paradosso che quando finalmente i Paesi in via di sviluppo cominciano ad essere veramente in "sviluppo" e questo genera una crisi nel mondo occidentale, questo sia quasi incredulo di fronte a quello che sta accadendo e ne faccia una colpa alla Cina e all'India se producono i beni del mondo, quando si è lavorato per decenni proprio per questo. Anche se ci sentiamo assolti, siamo tutti coinvolti è un verso di una vecchia canzone ma di grande attualità.

Cercare una via democratica per riuscire a far quadrare un bilancio difficilissimo quale quello che fa stare insieme boom demografico, boom delle materie prime, boom degli impatti sociali e ambientali, se diventa l'orizzonte verso cui tutti tendere riconvertendo il nostro modello economico è la migliore pratica possibile della democrazia, che dovrà affrontare ovviamente chi non sarà mai d'accordo con questo approccio.

Trovare tutti i modi per sviare da questo orizzonte, per mantenere lo status quo sotto forma di consenso popolare, o di lobbies è sempre interno alla democrazia, come ci spiega bene sempre Zagrebelsky, ma è la sua anima più nera aggiungiamo noi. E' la sua degenerazione. Non è semplicemente "fare i conti con la sua naturale tendenza alla riduzione del potere nelle mani di elites" ma essere completamente soggiogati.

Dal macro al micro poi, il passo non è così grande. Se in decenni e nonostante politicamente si sia più o meno tutti dalla stessa parte non si trova una soluzione - quale che sia - per decidere che fare in un territorio delimitato, significa che si è vittime di quella democrazia che vuole eliminare i problemi e non affrontarli attraverso la presa di una decisione e la forza successiva di difenderla da chi sarà comunque in disaccordo.

Certo, la "tutela delle minoranze (anche politiche)" è sancito dalla Costituzione e va difesa, ma altra cosa è la ricerca del consenso assoluto, che è roba da governi del millennio passato dal fetido puzzo di dittature, non di democrazie illuminate. Le scelte nei tempi moderni si fanno attraverso il prisma della loro sostenibilità sociale e ambientale. Non è facile, certo. E' uno sforzo enorme. La globalizzazione se ha avuto un merito è quello di averci messo tutti di fronte a temi globali che solo globalmente possono essere affrontati.

La finanziarizzazione dell'economia, la sua velocizzazione e riduzione in mano a pochissimi delle sue operazioni in grado di spostare capitali in un nano secondo da una parte all'altra del mondo, rendono tutto ancora più complicato. Ma le carte sono più o meno tutte sul tavolo, la partita è all'inizio (purtroppo) ma non è persa. Al momento attuale, nonostante tutto, non vediamo qualcosa di migliore della democrazia. Pratichiamola e costringiamo soprattutto i nostri leader a farlo.

Altrimenti facciamoli democraticamente cadere. Cambiamo le regole elettorali se serve per avere più fiducia nella democrazia stessa. Non diamo ulteriori alibi a chi si sente forte della sua carriera costruita sulla capacità di scansare i problemi e non affrontarli. Stringiamoci intorno ai beni comuni da difendere. Torniamo a credere che se sta bene il nostro vicino (anche ambientalmente) sto bene anch'io.

 

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