[23/03/2011] News

Gli antichi “ipertermali”, una guida per evitare il nuovo global warming?

LIVORNO. Nature in edicola pubblica la ricerca "Eocene global warming events driven by ventilation of oceanic dissolved organic carbon" che suggerisce che in tempi antichi la terra abbia subito, più frequentemente di quanto ritenuto in precedenza, periodi di forte riscaldamento globale e che probabilmente questi periodi furono innescati dal rilascio di CO2 da depositi nelle profondità degli oceani. Lo studio di questi antichi global warming  può aiutare  gli scienziati a prevedere come l'attuale cambiamento climatico potrebbe colpire gli ecosistemi e i modelli di circolazione dell'oceano.

Il lavoro, diretto da Philip Sexston della Open University (Gran Bretagna) si è svolto presso la Scripps institution of oceanography/University of California, San Diego e ha coinvolto anche ricercatori del National oceanography centre dell'università di Southampton in Inghilterra e del Center for marine environmental sciences dell'università di Brema, in Germania. La ricerca è stata finanziata nell'ambito del Sesto programma quadro dell'Ue e in parte attraverso il progetto "Climate change, hydrography and the paradox of plankton extinctions" (Plankton Paradox), una borsa internazionale Marie Curie per soggiorni all'stero da 265.000 euro, che ha permesso a Sexton, di lavorare alla  Scripps institution of oceanography 

Secondo il riassunto dello studio che fa Cordis, il bollettino scientifico dell'Ue, «Durante le epoche Paleocene ed Eocene (tra 65 e 34 milioni di anni fa), il nostro pianeta subì un certo numero di periodi di riscaldamento globale che iniziarono rapidamente e durarono per decine di migliaia d'anni. Questi riscaldamenti globali cessarono di verificarsi quando la Terra iniziò una fase di raffreddamento, circa 40 milioni di anni fa.  Tra questi eventi di riscaldamento, il più attentamente studiato è il massimo termico del Paleocene-Eocene (Petm) avvenuto 56 milioni di anni fa, durante il quale le temperature globali crebbero tra 4° e 7°C. Si ritiene che il Petm sia stato causato dal rilascio di gas serra da sedimenti sepolti. Quando esso si concluse, le temperature impiegarono circa 200.000 anni per ritornare a livelli normali».

Sexton e i suoi colleghi hanno studiato altri eventi di riscaldamento, meno drammatici, avvenuti durante il Paleocene e l'Eocene, conosciuti come "ipertermali" e della durata di circa 40.000 anni, che videro crescere le temperature globali medie fino a un massimo di 3°C. La ricerca si basa sullo studio di carotaggi di sedimenti prelevati al largo della costa del Sud America. Nei carotaggi fangosi, di colore verde pallido, i periodi caldi sono rappresentati da sedimenti grigi ricchi di argilla, rilasciata dal dissolvimento dei gusci calcarei di animali microscopici sul fondo del mare. Durante questi periodi l'oceano era molto più acido poiché, quando assorbe biossido di carbonio, questo viene convertito in acido carbonico.

La ricerca ha rivelato che questi periodi ipertermali si verificarono più frequentemente di quanto ritenuto in precedenza: «Ogni 100.000 - 400.000 anni. Mediamente gli ipertermali si svilupparono in meno di 10.000 anni, che è un periodo molto breve in termini geologici, ma ci volle più tempo (oltre 30.000 anni) affinché le temperature ritornassero a valori normali. Inoltre, anche se il Petm fu probabilmente generato dal rilascio di gas serra da sedimenti, la durata più breve degli ipertermali indica che essi furono generati da un diverso meccanismo».

Secondo i ricercatori il "colpevole" sarebbe  lo scambio di carbonio tra l'atmosfera e gli oceani: «Le profondità degli oceani rappresentano delle importanti riserve di carbonio; dei cambiamenti nella circolazione degli oceani potrebbero aver causato un accumulo di CO2 negli oceani profondi», quindi il rilascio della CO2 stoccata negli oceani carbonio potrebbe aver innescato un ipertermale. La durata media degli ipertermali, 40.000 anni, fa dire ai ricercatori che «Furono in definitiva innescati da cambiamenti nell'inclinazione dell'asse terrestre». L'asse della Terra è inclinato e si sposta tra 22,1° e 24,5° per poi tornare al valore iniziale con cicli che durano 41.000 anni.

Richard Norris (Nella foto), della Scripps Institution of Oceanography, spiega sul sito della sua università che «Questi ipertermali non sembrano essere stati degli eventi rari, per cui ci sono molti esempi antichi di riscaldamento globale su una scala a grandi linee confrontabile al previsto riscaldamento futuro. Noi possiamo usare questi eventi per esaminare l'impatto dei cambiamenti globali su ecosistemi marini, clima e circolazione oceanica» .

Gli autori dello studio hanno concluso che un'emissione di anidride carbonica dalle profondità degli oceani è la causa più probabile degli ipertermali rispetto ad altri eventi scatenanti che sono stati ipotizzati. La regolarità degli ipertermali e le temperature oceaniche relativamente caldo del periodo rendono meno probabile che siano stati causati da eventi come un grande scioglimento di idrati di metano, da incendi di torbiere o addirittura dagli ipotizzati impatti di comete. Gli ipertermali sarebbero stati innescati da accumuli  di CO2 nelle profondità oceaniche, causati dal rallentamento o dall'arresto della circolazione nei bacini oceanici che impediva il rilascio di anidride carbonica.

Secondo Norris  «Gli ipertermali forniscono una prospettiva storica su quello che Terra potrebbe sperimentare se continua a essere riscaldata da un utilizzo diffuso di combustibili fossili, che hanno aumentano le concentrazioni di biossido di carbonio nell'atmosfera di quasi il 50% a partire dall'inizio della rivoluzione industriale. Gli ipertermali possono aiutare gli scienziati a produrre una serie di stime su quanto tempo ci vorrà alle temperature per tornare pienamente alle norme storiche,a seconda di quanto le attività umane causano il riscaldamento. A giudicare dai dati geologici, entro 100 -  300 anni, potremmo produrre una situazione sulla Terra che richiederebbe decine di migliaia di anni per riequilibrarla».
Gli scienziati sperano di capire meglio quanto velocemente si siano sviluppate le condizioni che hanno scatenato lo sviluppo degli ipertermali. Secondo Norris «I sedimenti del Mare del Nord vecchi  50 milioni di anni sono stratificati abbastanza finemente da permettere agli scienziati di distinguere i cambiamenti decade per decade o anche anno per anno».

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