
[04/04/2011] News
LIVORNO. Mentre Berlusconi torna dal suo viaggio tunisino con un quasi nulla di fatto ed evapora l'accordo mai sottoscritto, mentre continuano i bombardamenti dal cielo e dal mare e i combattimenti a terra in Libia, nello Yemen gli stessi giovani arabi che si ribellano da Lampedusa a Manduria, vengono massacrati nelle piazze dalla polizia del regime filo-occidentale.
Oggi, secondo fonti mediche, almeno 10 manifestanti sono stati uccisi in scontri con la polizia nella provincia. La Polizia conferma solo un morto o due e diversi feriti che stavano tentando di assalire il palazzo del governo provinciale. Ma secondo il responsabile di un ospedale "temporaneo" che opera sulla piazza della Liberazione a Taez, 200 km a sud della capitale Sana'a, i medici hanno ricevuto i cadaveri di 10 ragazzi uccisi da colpi di armi da fuoco.
Intanto la situazione continua ad essere tesissima in Siria, dove il presidente Bashar al Assad, che ha rivelato un'insospettabile ferocia dietro il suo aspetto mite, ha nominato primo ministro l'ex ministro dell'agricoltura Adel Safar chiedendogli di formare un nuovo governo. Un rimpasto che avviene tutto all'interno del regime e del partito Baath e che avviene dopo le proteste antigovernative che dalla città meridionale Darra si sono estese in tutto il Paese.
Secondo fonti ufficiali riportate dall'agenzia Sana, ci sarebbero stati 50 morti, ma le fonti dell'opposizione parlano di un vero e proprio bagno di sangue a Darra e di moltissime vittime negli altri scontri con la polizia del regime baathista.
Assad ha cercato di placare gli anime promettendo la fine dello stato di emergenza, l'aumento dei redditi dei dipendenti pubblici e la liberazione dei prigionieri politici . Poi il regime ha accusato dei disordini e degli scontri «I gruppi armasti sostenuti dalle potenze straniere» (che tradotto in arabo-siriano significa Israele e gli Usa) che cercano di incitare i conflitti settari nel Paese. Inoltre il regima ha accusato i reportages delle agenzie di stampa internazionali di «Esagerazione e mancanza di professionalità», per come hanno coperto i disordini in Siria (definiti «Gli ultimi avvenimenti»).
Sembrano le stesse parole usate da Ben Ali in Tunisia e Mubarak in Egitto durante le rivoluzioni che hanno fatto cadere le loro dittature, come le motivazioni dei giovani siriani sembrano quelle di tutti gli arabi che si stanno ribellando contro tutti i loro regimi autoritari, che siano monarchie assolute, repubbliche filo-occidentali o Stati nazional-socialisti come si definiscono la Siria e la Libia.
Lo tsunami umano che potrebbe travolgere l'Europa, se non troverà velocemente un altro modello di rapporti politici ed economici con il mondo arabo, potrebbe essere ancora peggiore delle piccole ondate tunisine che arrivano a Lampedusa e che terrorizzano tanto Berlusconi e la Lega Nord.
E l'onda potrebbe non arrivare solo dal nord dell'Africa e dalle nostre ex colonie dell'Eritrea, della Somalia e della Libia, ma anche dall'Africa sub sahariana che è nuovamente in fiamme in Costa d'Avorio, dove sono ritornati gli ex padroni francesi a mettere un po' d'ordine fra il disinteresse del mondo.
Ieri i partigiani dell'ex presidente Gbabo hanno cannoneggiato le installazioni dell'Operation des Nations Unies en Côte d'ivoire (Onuci), nel quartiere popolare di Attecoubé, minacciando direttamente la popolazione civile.
I combattimenti proseguono ad Abidjan e il capo dell'Onuci, Young Jin Choi, a messo in guardia i miliziani di Gbagbo sul fatto di non creare un ulteriore "Casus belli" che probabilmente costringerebbe le truppe Onu ad attaccarli per proteggere i civili ed il suo personale.
Ma mentre l'Onu ci pensa e i francesi occupano l'aeroporto ad Abidjan regnano il caos ed i saccheggi. Le Forces républicaines de Côte d'Ivoire del presidente eletto Alassane Ouattara non riescono ad impadronirsi degli ultimi bastioni di Gbagbo, tra i quali c'è ancora la Rti, la radiotelevisione ivoriana, che serve ai golpisti per mobilitare i militari e i jeunes patriotes che li appoggiano.
Più le ore passano e più la capitale economica della Costa d'Avorio si avvicina a una crisi umanitaria terribile che potrebbe moltiplicare le colonne di profughi che già ci sono: l'acqua corrente non esiste praticamente più e il cibo è sempre più raro. Gli abidjanesi hanno fame, sete e paura e sono ostaggi di una guerra che non vogliono. Le sole presenze umanitarie rimaste in Costa d'Avorio sono Msf e la Croce rossa internazionale.
Medici senza frontiere domenica ha lanciato l'allarme per il numero di feriti che continuano ad affluire a Danané, Man e Bangolo, malgrado nella regione occidentale i combattimenti siano finiti il 31 marzo.
I profughi si contano a migliaia: nella sola é Zouan-Hounien ce ne sono più di 15 000 nella missione cattolica, dove manca tutto e soprattutto il cibo.