[18/04/2011] News toscana

Prs: sviluppismo, grandi impianti e abbandono del modello decentrato

FIRENZE. In altra sede abbiamo già detto che uno dei punti di maggiore debolezza del PRS 2011-2015, varato la settimana scorsa dalla Giunta regionale, è la mancanza di orientamenti all'evoluzione del sistema sociale, economico e produttivo toscano in rapporto alle politiche energetiche ed in particolare al contenimento della produzione di gas serra (CO2 e CH4). Per di più esso non contiene alcuna indicazione di Piano per la lotta ai cambiamenti climatici.

Anzi, le parti più direttamente interessate a questo proposito come il "Distretto energetico" si muovono in altra direzione. Infatti esso si identifica con l'intero territorio regionale e si fonda su 4 grandi impianti. Due rigassificatori, un metanodotto e un elettrodotto. Due dei quali, del resto, già autorizzati (problematicamente) in altre sedi e che, perciò, esulano dal PRS. Questa scelta è il contrario del "modello decentrato" (che corrisponde, invece, al modello produttivo e insediativo toscano) della gestione economica delle fonti energetiche e della loro distribuzione.

Così come il "modello toscano" il concetto e la pratica del "distretto" richiamano la diffusione di piccoli e medi impianti sul territorio che in rete tra loro assicurano flessibilità delle forniture, la diversificazione orizzontale delle fonti, la vicinanza tra la produzione e trasformazione dell'energia e gli utilizzatori finali (es. la fonte geotermica, la fonte eolica in territorio rurale, il recupero di calore, il solare termodinamico, il fotovoltaico in ambiente urbano e industriale, la bioclimatica nel ciclo caldo/freddo dell'edilizia, il recupero di calore a valle dei processi industriali integrati, i biocarburanti e i biolubrificanti, etc.).

La scelta fatta, invece, si muove nel senso "sviluppista" di grandi impianti centralizzati, poco flessibili in quanto tali e difficilmente in grado sia d'integrarsi con le tecnologie produttive locali, che di favorire la loro evoluzione in termini di risparmio e di uso razionale delle risorse. Certamente il gas e le relative centrali (che per essere tali sfuggono al controllo decentrato dei territori) è fonte più facile da gestire rispetto ai picchi di domanda, è meno invasivo, è certamente indispensabile nella transizione verso la generazione di energia distribuita, ma non risolve affatto il problema della CO2. Per cui, se il metano appare chiaramente come il passaggio intermedio necessario al processo di progressivo abbandono delle fonti fossili, esso deve essere affiancato da quelle fonti energetiche rinnovabili, decentrate e decentrabili sopra indicate, pena, ancora una volta un errato approccio alla risoluzione del problema energetico.

E questo fa il pari, come abbiamo già riferito in altra occasione su Greenreport, con la mancanza di anche solo una idea di politica energetica collegata ad una Politica Industriale Regionale e integrata con la Ricerca e l'innovazione.

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