[19/04/2011] News

Malaria: scoperta cura rivoluzionaria finanziata dall’Ue

BRUXELLES. A pochi giorni dal 25 aprile, Giornata mondiale della malaria, dei ricercatori finanziati dall'Ue hanno scoperto che «Farmaci originariamente destinati ad inibire la crescita delle cellule tumorali possono anche uccidere il parassita che provoca la malaria. Tale scoperta potrebbe aprire la strada ad una nuova strategia per combattere questa malattia mortale che, secondo le statistiche dell'Organizzazione mondiale della sanità, nel 2009 ha contagiato in tutto il mondo circa 225 milioni di persone, uccidendone quasi 800 000. I tentativi di trovare una cura sono finora stati ostacolati dalla capacità del parassita di sviluppare rapidamente una resistenza ai farmaci».

La ricerca ha coinvolto quattro progetti finanziati dall'Ue: Antimal, Biomalpar, Malsig ed Evilmar ed è stata condotta da laboratori in Gran Bretagna, Francia e Svizzera insieme a partner provenienti da Italia, Belgio, Germania, Danimarca, Grecia, Spagna, Olanda, Portogallo e Svezia e da numerosi Paesi in via di sviluppo gravemente colpiti dalla malaria.

Dal 2002 a oggi l'Ue ha investito circa 180 milioni di euro per la ricerca sulla malaria attraverso i programmi quadro per la ricerca e contribuisce inoltre al partenariato Europa-Paesi in via di sviluppo per gli studi clinici (Edctp), che ha l'obiettivo di accelerare lo sviluppo di nuovi farmaci, vaccini e microbicidi contro l'Aids, la malaria e la tubercolosi, o di rendere più efficaci quelli esistenti. Un partenariato istituito nel 2003 e che si fonda su una fruttuosa collaborazione tra l'Europa e l'Africa, con particolare attenzione agli studi clinici ed al rafforzamento delle capacità nell'Africa subsahariana. Fino ad oggi l'Edctp ha finanziato 10 studi clinici sulla malaria, per un totale di 69 milioni di euro, di cui 35 forniti dall'Ue.

La Commissione Ue spiega che «La malaria è provocata da un parassita chiamato Plasmodium, che si trasmette attraverso le punture di zanzare infette. Nel corpo umano i parassiti si riproducono nel fegato e poi infettano i globuli rossi, dove proliferano. Una ricerca congiunta svolta da laboratori finanziati dall'Ue presso l'Inserm-Epfl Joint Laboratory di Losanna (Svizzera/Francia), il Wellcome Trust Centre for Molecular parasitology dell'Università di Glasgow (Scozia), e l'Università di Berna (Svizzera) ha mostrato che la proliferazione del parassita della malaria dipende da un percorso di segnalazione presente nelle cellule epatiche e nei globuli rossi della persona colpita. I ricercatori hanno dimostrato che il parassita dirotta le chinasi (enzimi) attive nelle cellule umane, usandole a proprio beneficio. Trattando i globuli rossi attaccati dalla malaria con farmaci inibitori delle chinasi (farmaci chemioterapici antitumore), i ricercatori hanno fermato il parassita. Finora la lotta contro la malaria è stata ostacolata dalla capacità del parassita di sviluppare rapidamente resistenza ai farmaci mutando e di sottrarsi al sistema immunitario insediandosi nel fegato e nei globuli rossi della persona colpita, proliferandovi.

La scoperta che il parassita ha bisogno di dirottare alcuni enzimi dalla cellula nella quale vive apre una strategia nuova per combattere la malattia. Invece di attaccare il parassita stesso, l'idea è di rendergli ostile l'ambiente della cellula ospite, ossia bloccando le chinasi nella cellula. Questa strategia priva il parassita di un modus operandi essenziale per sviluppare la resistenza ai farmaci. Numerosi farmaci chemioterapici inibitori delle chinasi sono già usati clinicamente nelle terapie contro i tumori, e moltissimi hanno già superato i test clinici di fase I e di fase II. Pur avendo effetti collaterali tossici, questi farmaci sono ancora usati per periodi prolungati per le cure dei tumori. Nel caso della malaria, che richiederebbe un periodo di trattamento più breve, il problema della tossicità sarebbe meno acuto. I ricercatori propongono pertanto di valutare immediatamente le proprietà antimalariche di questi farmaci, cosa che consentirebbe di ridurre drasticamente il tempo e i finanziamenti necessari per mettere in pratica questa nuova strategia antimalaria.

Secondo la Commissaria Ue per la ricerca, l'innovazione e la scienza, Máire Geoghegan-Quinn, «Questa scoperta potrebbe portare ad una cura antimalaria efficace, in grado di salvare milioni di vite e di trasformarne numerosissime altre. Ciò dimostra ancora una volta il valore aggiunto sia della ricerca - e più in generale dell'innovazione - finanziata dall'Ue sia della collaborazione con i ricercatori, in particolare nei paesi in via di sviluppo. L'obiettivo ultimo, ossia l'eradicazione completa della malaria, può essere raggiunto soltanto attraverso una vasta cooperazione internazionale, unico strumento efficace per lottare contro un flagello di tale portata». 

Prima che le nuove cure possano essere autorizzate e rese disponibili alle persone colpite da malaria in tutto il mondo, occorrerà mobilitare i partner pubblici e il settore industriale per verificare l'efficacia degli inibitori delle chinasi e effettuare test clinici per adattare il dosaggio.

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