[20/11/2012] News

Le banche ombra valgono il 111% del Pil mondiale! Pensare che alla green economy basterebbe il 2%

Cambiare modello di sviluppo non è un problema di risorse, ma di conoscenza e responabilità

Il variopinto mondo della grande finanza si diverte a scoprire nuovi orizzonti. Il Financial stability board, l'organismo internazionale che monitora il sistema finanziario globale, ha annunciato nel suo ultimo rapporto che le attività del sistema bancario ombra ammontano - dati riferiti a fine 2011 - a 67mila miliardi di dollari (in 25 Paesi e nella zona euro), pari al 111% del Pil mondiale.

Lo shadow banking «è costituito - riporta il Sole24Ore - da tutti gli intermediari finanziari che operano al di fuori della tradizionale attività di intermediazione creditizia [...] Sono inclusi in questo settore i fondi monetari, veicoli strutturati fuori bilancio, repo market, derivati, obbligazioni, assicurazioni "monoline" e in generale tutte le attività over the counter (fuori Borsa)». Un agglomerato a cui «si attribuisce molte delle cause della crisi che ha quasi messo in ginocchio il sistema finanziario mondiale», e assieme ad esso, soprattutto, l'economia reale e una moltitudine di cittadini.

Intanto, nonostante la crisi - o forse proprio grazie ad essa - lo shadow banking è riuscito a superare il livello raggiunto all'inizio di questi cinque anni neri per l'economia, nel 2007 (vedi grafico, fonte Fsb). «Niente di illecito», precisa il Sole. Almeno, non per il momento. Anche se nel report del Fsb si legge che «l'obiettivo è di regolamentare lo shadow banking. Un obiettivo necessario a garanzia della stabilità del sistema».

Un obiettivo per il quale qualcuno dovrebbe chiedere scusa. La finanziarizzazione in corso della nostra economia, iniziata dagli anni '80, non è un evento ineluttabile. Precise politiche neoliberali ne hanno favorito l'ascesa, e adesso faticano a controllarla, lamentandone addirittura lo strapotere. Un potere che gli è stato consegnato, e che ovviamente ora è difficile chiedere indietro, da posizione minoritaria.

È un escalation incompatibile con ogni ambizione di sviluppo sostenibile: ecologico, economico, sociale. «La gestione del welfare - ricorda il sociologo Luciano Gallino in una recente intervista a Pubblico -  un bottino che fa gola ai privati. Le imprese, con la complicità dei governi europei, puntano a mercificare lo stato sociale e la spesa pubblica. Per loro parliamo di 3mila 800 miliardi l'anno di merci da comprare e da vendere, non più servizi da erogare. La privatizzazione del welfare - la sanità, gli asili, i trasporti, le pensioni - è una grave lesione della democrazia, perché non puoi mica discutere alla pari con chi ti vende una merce». È la nuova frontiera dell'arricchimento facile, che si accompagna a quella del depauperamento delle risorse naturali. Come in una nuova caccia all'oro, mentre svisceriamo il pianeta contribuiamo a scavarci da soli la fossa.

Invertire la rotta è ancora possibile. È la stessa, gigantesca entità del sistema che giudichiamo inadeguato al nostro presente e al nostro futuro a suggerircelo. Achim Steiner, sottosegretario generale dell'Onu e direttore esecutivo dell'Unep (il Programma Ambiente delle Nazioni Unite), da tempo ci ricorda come basterebbe investire il 2% del Pil mondiale annuo (da 1.053 a 2.593 miliardi di dollari) fino al 2050 in 10 settori chiave dell'economia globale per uscire dalla crisi economica e ambientale e avviare il cambio di paradigma verso un modello di sviluppo fondato sulla tutela dell'ambiente e delle risorse naturali e l'equità sociale.

Lo shadow banking, da solo, ammonta asset pari al 111% del Pil mondiale, contro un'esigenza per una transizione "verde" pari al 2%. È chiaro dunque come non sia (ancora) in ballo un problema di mancanza di risorse da mettere in campo: esiste piuttosto scarsa consapevolezza e volontà di agire. L'inversione di marcia consiste quindi in un compito squisitamente politico, che politica - ed elettori - devono scegliersi se accollarsi o meno. Ecco svelato il deficit più pericoloso: quello di conoscenza e responsabilità.

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