Human Rights Council: Israele sfrutta illegalmente le risorse naturali palestinesi
La tragica situazione idrica a Gaza e in Cisgiordania. Accuse sia all’esercito israeliano che ad Hamas
[19 Marzo 2019]
Alla vigilia della Giornata mondiale dell’Acqua, il Relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967, Michael Lynk, ha denunciato davanti all’Human Rights Council dell’Onu che «Lo sfruttamento delle risorse naturali nei Territori Palestinesi Occupati per il proprio uso è in violazione diretta delle sue responsabilità giuridiche in quanto potenza occupante». Tra queste violazioni dei diritti umani Lynk ha citato la distruzione da parte della sicurezza civile israeliana delle condotte idriche nei villaggi della regione di Hebron. Nel suo rapporto “il diritto all’acqua, alle risorse naturali e all’ambiente” il relatore indipendente dell’Onu ha sottolineato che «Con la distruzione di questa condotta idrica nelle colline a sud di Hebron, questi villaggi sono obbligati ad acquistare dell’acqua costosa da camion-cisterna per le ,loro case e i loro animali».
Lynk, che non è stato autorizzato da Israele a visitare i Territori Palestinesi occupati da quando è diventato relatore speciale 3 anni fa, ha detto all’Human Rights Council che per quanto riguarda Gaza, «Le restrizioni per i residenti della Striscia sono soffocanti. Israele ha mantenuto un ermetico blocco aereo, marittimo e terrestre intorno a Gaza, controllando chi e cosa entra e lascia la striscia. Per quasi 5 milioni di palestinesi che vivono sotto occupazione, il degrado del loro approvvigionamento idrico, lo sfruttamento delle loro risorse naturali e il degradarsi del loro ambiente, sono sintomatici della mancanza di qualsiasi controllo significativo che hanno sulla loro vita quotidiana. Una delle maggiori preoccupazioni è il collasso delle fonti naturali di acqua potabile a Gaza e l’incapacità dei palestinesi di accedere alla maggior parte delle loro risorse idriche in Cisgiordania».
la situazione dell’acqua nella Striscia di Gaza è «Una crisi prossima a una catastrofe umanitaria. L’Onu nel 2017 ha stimato che più del 97% delle acque sotterranee dell’acquifero costiero – la sola fonte naturale di Gaza – siano divenute improprie per il consumo umano. Una situazione che contribuisce a una grave crisi sanitaria per i 2 milioni di palestinesi che ci vivono. Senza un intervento radicale e immediato, quest’acquifero sarà irrimediabilmente danneggiato, come risorsa di acqua potabile, entro il 2020».
Dopo aver ricordato che il diritto internazionale garantisce alle popolazioni che vivono sotto occupazione l’accesso alle risorse naturali, Lynk ha sottolineato che «Nel mondo moderno, l’acqua, così come il suo controllo e la sua gestione efficace, sono degli elementi essenziali per l’esercizio della sovranità. Mentre l’occupazione estende i suoi tentacoli, la distribuzione ingiusta dell’acqua da parte di Israele testimonia la mancanza di controllo dei palestinesi sulla loro vita quotidiana. Ad esempio, il Mar Morto e le sue abbondanti risorse naturali, alcune delle quali sono nel Territorio Palestinese Occupato, sono interdette a ogni sviluppo palestinese, mentre alle compagnie israeliane è permesso di sfruttare i minerali con un atto che assomiglia al saccheggio».
Nonostante i rigorosi divieti posti dal diritto internazionale a una potenza militare di sfruttare economicamente un territorio occupato, in tutta la Cisgiordania, le compagnie minerarie israeliane estraggono circa 17 milioni di tonnellate di pietra all’anno dalle cave, quasi tute destinate mercato locale di Israele. Riguardo alla banca dati delle imprese che operano negli insediamenti previsti dalla risoluzione 31/36, il relatore speciale ritiene che «La sua disponibilità sia essenziale in quanto strumento per valutare l’impatto delle di queste compagnie sui diritti umani» e ha espresso il suo disappunto per il fatto che «Questo database non è pronto per essere reso pubblico».
Inoltre, Lynk ha anche lamentato che «Gli oliveti in Cisgiordania vengono regolarmente distrutti impunemente dai coloni israeliani Ma questi oliveti in Cisgiordania sono sia una fonte di reddito per migliaia di agricoltori palestinesi che un simbolo dell’identità palestinese».
Il relatore indipendente dell’Onu ha concluso ricordando un altro grave problema: lo smaltimento dei rifiuti industriali israeliani nei Territori Palestinesi Occupati che «Contribuisce alla distruzione dell’ambiente».
Una situazione che alimenta le proteste soprattutto nella Striscia di Gaza, la più grande prigione all’aperto del mondo, e per questo Santiago Canton, che preside la Commissione di inchiesta sulle proteste del 2018 nei Territori Palestinesi Occupati ha chiesto a Israele di rivedere le sue regole di ingaggio militari: i manifestanti palestinesi, «Secondo le regole, potrebbero essere colpiti alla gamba in qualsiasi momento«, mentre in teoria «lo si dovrebbe fare solo quando la folla rappresenta una minaccia imminente per la vita».
Santiago ha detto che «La conclusione principale del panel … è che abbiamo trovato motivi ragionevoli per credere che le forze di sicurezza israeliane abbiano commesso gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario», con il risultato di uccidere 189 palestinesi durante manifestazioni come la “Grande Marcia del Ritorno e la Rottura dell’Assedio”, tra le vittime ci sono anche bambini, persone con disabilità – compreso un doppio amputato ucciso e ucciso mentre era seduto sulla sua sedia a rotelle – giornalisti e personale medico.
A meno di due settimane dall’anniversario dell’inizio delle proteste, la preoccupazione della Commissione d’inchiesta è quella di evitare il ripetersi di manifestazioni con morti come quelle del 30 marzo, del 14 maggio e del 12 ottobre 2018: «Ci auguriamo che la comunità internazionale venga coinvolta per evitare ulteriori uccisioni e altre sparatorie durante l’anniversario – ha detto Santiago ai giornalisti dopo il suo discorso all’ Human Rights Council – Penso che sia questo il motivo per cui questa relazione sia stata importante. In pratica, è importante che Israele cambi le regole del procedimento e fermi le sparatorie».
Un’altra componente della Commissione d’Inchiesta, Sara Hossain, ha sottolineato il danno causato dai “proiettili ad alta velocità”, che hanno sostituito i proiettili di gomma inizialmente utilizzati contro i manifestanti: «Nel caso di molti degli omicidi, c’erano ferite di ingresso molto piccole e ferite di uscita enormi. Abbiamo anche prove dettagliate sui tipi di proiettili, ma anche sull’utilizzo di fucili da cecchino a lungo raggio, sofisticati dispositivi di mira ottici. Sappiamo che l’obiettivo potrebbe essere ingrandito alla vista dei cecchini». I soldati israeliani sanno benissimo quali sono le conseguenze del loro indiscriminato tiro al n bersagli, ma dai palestinesi di Gaza, morti o feriti, sono stati estratti più di 6.000 volte “proiettili ad alta velocità”.
Israele si difende dicendo che tra i manifestanti disarmati (o armati solo di fionde) ci sono anche militanti di gruppi armati, ma la Hossain ribatte: «Crediamo che in situazioni di controllo della folla e in situazioni che consideriamo di natura civile, se ci sono individui nella folla che possono essere un bersaglio legittimo, non si può ugualmente sparare alla folla, perché si può uccidere o sparare a individui innocenti».
La Commissione d’inchiesta ha anche trattato la questione dei manifestanti che lanciano aquiloni e palloncini incendiari da Gaza e la Hossain, ha sottolineato «Il grave danno alla proprietà« che hanno causato nel sud di Israele.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha chiesto 5,3 milioni di dollari per aiutare molte migliaia di abitanti di Gaza colpiti durante le manifestazioni e diventati handicappati. Gerald Rockenschaub, a capo dell’ufficio Oms per il Territorio occupato palestinese ha sottolineato che «La vastità dei bisogni dei traumatizzati a Gaza è immensa; ogni settimana continuano ad arrivare negli ospedali pazienti feriti che richiedono un trattamento complesso e a lungo termine».
Ma dall’Human Rights Council è arrivata anche una condanna per chi Gaza la governa: Hamas. Il coordinatore speciale dell’Onu pe il processo di pace in Medio Oriente, Nickolay Mladenov, ha «Fermamente condannato la campagna di arresti e violenza condotta dalle forze di sicurezza di Hamas contro le manifestazioni a Gaza degli ultimi giorni. Una campagna che ha anche preso di mira donne e bambini».
Mladenov ha aggiunto: «Sono particolarmente allarmato per i pestaggi brutali inflitti ai giornalisti e al personale della Commissione indipendente per i diritti umani (CIDH) e per le violazioni dei domicili».
Hamas sta cercando di reprimere le proteste popolari contro la disperata situazione economica nella Striscia di Gaza e che chiedono un miglioramento della qualità della vita in questo infermo in terra. Per Mladenov «Hanno il diritto di manifestare senza temere rappresaglie» e ha chiesto a tutte le fazioni palestinesi di impegnarsi seriamente con l’Egitto per «Mettere pienamente in opera l’accordo del Cairo del 2017 che prevede il ritorno dell’Autorità Palestinese a Gaza. Le Nazioni Unite proseguiranno i loro sforzi per evitare un’escalation, mitigare le sofferenze della popolazione di Gaza, togliere il blocco e sostenere la riconciliazione».