La mappa della vita sconosciuta

I ricercatori di Yale hanno creato una mappa delle specie viventi ancora da scoprire

[23 Marzo 2021]

Meno di un decennio dopo aver svelato la “Map of Life”, il database globale che cartografa la distribuzione di specie conosciute in tutto il pianeta, i ricercatori della Yale UNiversity hanno lanciato un progetto ancora più ambizioso e forse piùimportante: creare la mappa di dove la vita deve ancora essere scoperto.

Secondor Walter Jetz , che insegna ecologia e biologia evolutiva a Yale e che ha guidato il progetto Map of Life, «Il nuovo sforzo è un imperativo morale che può aiutare a sostenere la scoperta e la conservazione della biodiversità in tutto il mondo. Al ritmo attuale del cambiamento ambientale globale, non c’è dubbio che molte specie si estingueranno prima che noi abbiamo mai appreso della loro esistenza e abbiamo avuto la possibilità di occuparci del loro destino. Ritengo che tale ignoranza sia imperdonabile e  bisogna colmare rapidamente queste lacune di conoscenza, lo dobbiamo alle generazioni future».

La nuova mappa delle specie sconosciute è stata presentata nello studio “Shortfalls and opportunities in terrestrial vertebrate species discovery”, pubblicato su Nature Ecology & Evolution da Jetz e Mario Moura, un ex posdottorato del laboratorio di Jetz alla Yale che ora insegna all’Universidade Federal da Paraíba, e una versione consultabile è disponibile su MOL  Map of Life. In Italia le aree più interessanti per realizzare nuove scoperte sono la Sicilia e la Sardegna.

Moura, ha sottolineato che «Il nuovo studio sposta l’attenzione da domande come “Quante specie da scoprire esistono?” a quelle più concrete come “Dove e cosa?” Le specie conosciute sono le “unità di lavoro” in molti approcci di conservazione, quindi le specie sconosciute sono solitamente escluse dalla pianificazione, dalla gestione e dal processo decisionale della conservazione. Trovare i pezzi mancanti del puzzle della biodiversità della Terra è quindi fondamentale per migliorare la conservazione della biodiversità in tutto il mondo».

Secondo stime scientifiche prudenziali, solo il 10-20% delle specie sulla terra è stato formalmente descritto. Nel tentativo di aiutare a trovare alcune di queste specie scomparse, Moura e Jetz hanno compilato dati esaustivi che includono la posizione, l’areale geografico, le date di scoperte storiche e altre caratteristiche ambientali e biologiche di circa 32.000 vertebrati terrestri conosciuti. Questa analisi ha permesso loro di estrapolare dove e quali tipi di specie sconosciute dei 4 principali gruppi di vertebrati hanno più probabilità di essere identificate.

Hanno esaminato 11 fattori chiave che hanno permesso al loro team di ricerca prevedere meglio i siti n cui potrebbero essere localizzate specie non scoperte. »Ad esempio – spiegano alla Yale University – è più probabile che siano già stati scoperti animali di grandi dimensioni con ampie areali geografici in aree popolate. E’ probabile che nuove scoperte di queste specie siano rare in futuro. Tuttavia, gli animali più piccoli con areali limitati che vivono in regioni più inaccessibili hanno maggiori probabilità di aver finora evitato il rilevamento».

Moura  fa notare che «Le possibilità di essere scoperte e descritte  precocemente non sono uguali tra le specie. Ad esempio, l’emù, un grande uccello in Australia, fu scoperto nel 1790 subito dopo l’inizio delle descrizioni tassonomiche delle specie. Tuttavia, la piccola ed elusiva specie di rana  Brachycephalus guarani  non è stata scoperta in Brasile fino al 2012, suggerendo che restano da scoprire altri anfibi di questo tipo».

La mappa di Moura e Jetz dimostra che le possibilità di scoprire nuove specie variano notevolmente in tutto il mondo e suggerisce che Brasile, Indonesia, Madagascar e Colombia sono i Paesi dove esistono le maggiori opportunità di identificare nuove specie: un quarto di tutte le potenziali scoperte. E’ più probabile che specie non identificate di anfibi e rettili si presentino nelle regioni neotropicali e nelle foreste indo-malesi.

Moura e Jetz si sono concentrati anche su un’altra variabile chiave per scoprire le specie scomparse: il numero di tassonomisti che le stanno cercando: «Tendiamo a scoprire prima l’”ovvio” e poi l'”oscuro” – sottolinea Moura – bbiamo bisogno di più fondi per i tassonomisti per trovare le restanti specie da scoprire».

Jetz  ricorda però che «La distribuzione globale dei tassonomisti è notevolmente disomogenea e una mappa della vita sconosciuta può aiutare a concentrare nuovi sforzi. Quel lavoro diventerà sempre più importante man mano che le nazioni di tutto il mondo si riuniranno per negoziare un nuovo Global Biodiversity Framework nell’ambito della Convention of biological diversity entro la fine dell’anno e si impegneranno ad arrestare la perdita di biodiversità. Una distribuzione più uniforme delle risorse tassonomiche può accelerare le scoperte di specie e limitare il numero di estinzioni “sconosciute per sempre”».

Insieme a scienziati di tutto il mondo, nei prossimi anni Jetz, Moura e i loro colleghi hanno in programma di espandere la loro mappa della vita sconosciuta a specie vegetali, marine e invertebrati e Jetz conclude: «Queste informazioni aiuteranno i governi e le istituzioni scientifiche a scegliere dove concentrare gli sforzi per la documentazione e la conservazione della biodiversità».