Niente santuario nel mare dell’Antartide. Cina, Russia e Norvegia fanno fallire il summit Ccamlr
Greenpeace e Pew: l’Antarctic Ocean Commission così non serve. Ma non è finita qui
[6 Novembre 2018]
Il 37esimo meeting della Commission for the conservation of antarctic marine living resources (Ccamlr) tenutosi a Hobart, in Tasmania, è stato un clamoroso fallimento: i governi che fanno parte della Commissione che dovrebbe proteggere l’Oceano Antartico non sono riusciti a trovare un accordo per l’istituzione di un vasto Santuario dell’Antartide e 3 Paesi – Cina, Norvegia e Russia – sono riusciti a imporre ad altri 21 Paesi (Italia compresa) e all’Unione europea il rinvio di ogni decisione, ignorando così anche una petizione firmata da quasi 3 milioni di persone in tutto il mondo.
Frida Bengtsson di Greenpeace Nordic e della campagna Protect the Antarctic di Greenpeace, sottolinea che «Questa era un’opportunità storica per creare nell’Antartide la più grande area protetta della Terra, per salvaguardare la fauna selvatica, affrontare il cambiamento climatico e migliorare la salute dei nostri oceani globali. Ventidue delegazioni sono venute qui per negoziare in buona fede ma, invece, le serie proposte scientifiche di protezione marittima urgente sono state depistate da interventi che si sono a malapena impegnati in modo scientifico. Invece di presentare un’opposizione ragionata su basi scientifiche, alcune delegazioni, come la Cina e la Russia, hanno messo in atto tattiche dilatorie come la demolizione degli emendamenti e l’ostruzionismo, il che significava che non c’è stato quasi più tempo per una vera discussione sulla protezione delle acque antartiche. L’unico barlume di speranza è arrivato quando è stata approvata la protezione di piccoli ecosistemi marini vulnerabili identificati da Greenpeace nella nostra recente spedizione».
Le delegazioni di Cina, Norvegia e Russia hanno praticamente bloccato la proposta del Santuario marino antartico e probabilmente i negoziati internazionali avviati a settembre per un trattato globale sugli oceani che vada oltre i confini nazionali. I negoziati della sono il risultato di un processo lungo un decennio e potrebbero concludersi già nel 2020. Questo trattato fornirebbe il quadro per la creazione, entro il 2030, di una rete di santuari oceanici estesa sul 30% degli oceani del mondo, che gli scienziati sostengono sia necessaria per proteggere la fauna selvatica e aiutare l’umanità ad affrontare i cambiamenti climatici.
Commentando del summit Ccamlr di Hobart, la Polar advisor di Greenpeace Nordic Laura Meller, ha fatto un esame del comportamento ostruzionistico dei 3 Paesi fresponsabili del suoi fallimento: Sulla Cina_ «L’impegno dei leader cinesi ad essere i tedofori della protezione dell’ambiente e per il perseguimento di una comunità che condiovida il futuro dell’umanità sembra essere stato bypassato dalla loro delegazione all’Antarctic Ocean Commission, dove singolarmente non ha agito in buona fede come previsto da questi negoziati, invece, ha ostacolato tutte le opportunità per cooperare e creare la più grande area protetta marina del mondo».
Sulla Norvegia: «Nonostante abbia convenuto che la proposta di creare un Santuario dell’ Oceano Antartico comprendesse la migliore scienza disponibile, la Norvegia ha deciso di presentare la propria proposta dividendo l’area in due. Nello spirito di ricercare il consenso, esortiamo la Norvegia a impegnarsi in un piano di lavoro con un calendario chiaro, in merito a come la propria proposta contribuisca al mandato della Commissione di procedere urgentemente alla creazione di una rete di aree marine protette su vasta scala».
Sulla Russia: «Sotto la presidenza russa nel 2016, l’Antarctic Ocean Commission ha fatto notizia a livello globale quando ha accettato di proteggere il Mare di Ross, e da allora la Russia non ha agito in buona fede, perseguendo invece interessi di nicchia, impedendo pure alla Commissione di adempiere al suo mandato di creare una rete di santuari nell’Oceano Antartico».
Oltre all’enorme santuario del Mare di Weddell. quest’anno all’ordine del giorno della Ccamlr c’era la proposta di istituire altre due Aree marine protette nell’Antartide orientale e nella Penisola Antartica occidentale. Insieme, le tre zone coprirebbero quasi 3 milioni di Km2.
Andrea Kavanagh, responsabile Antarctic and Southern Ocean del Pew Charitable Trusts evodenzia un altro aspetto del fallimento del summit di Hobsart: «Siamo molto delusi dal fatto che quest’anno la Ccamlr non abbia apportato nemmeno delle revisioni di base al suo protocollo di trasbordo, cosa che è molto necessaria nella lotta globale contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. I requisiti della Ccamlr sono indietro rispetto alle misure più forti che sono diventate prassi standard in altri organismi di gestione degli oceani, come la Western and Central Pacific Fisheries Commission, l’Inter-American Tropical Tuna Commission e l’International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas. La Ccamlr deve tenere sotto controllo questo grave divario nella pesca Iuu sotto controllo.
Secondo la Kavanagh, «E’ scoraggiante anche il fallimento della Ccamlr nel designare un’Amp nell’Antartide orientale per il settimo anno consecutivo. Questo avrebbe potuto essere la terza della serie di protezioni marine nell’Oceano Antartico, contribuendo in modo significativo all’obiettivo di salvaguardare il 30% degli oceani del mondo entro il 2030. Senza un’Amp dell’Antartide orientale, i territori critici per i pinguini imperatore e di Adelia, per gli austromerluzzi e molte altre specie non saranno salvaguardati. La Ccamlr deve onorare la sua responsabilità di proteggere l’Oceano del Sud prestando attenzione alle prove scientifiche e chiudendo le scappatoie per il trasbordo per i pescatori Iuu e designando ulteriori Amp, tra cui quelle nell’Antartide orientale, nel Mare di Weddell e nella Penisola Antartica, prima che sia troppo tardi per salvare uns delle ultime zone selvagge della Terra».
Anche la Bengtsson avverte che «Il tempo sta finendo tempo e gli scienziati sono stati chiari sul fatto che dobbiamo creare santuari marini in almeno il 30% dei nostri oceani entro il 2030, per proteggere la fauna selvatica, garantire la sicurezza alimentare per miliardi di persone e contribuire ad affrontare i cambiamenti climatici. Nel 2009 la Commissione ha concordato un mandato per creare una rete di santuari, ma da allora i loro sforzi diplomatici sembrano essere più interessati all’espansione della pesca che alla conservazione. Se organismi come l’Antarctic Ocean continuano a non rispettare il loro mandato di conservare l’oceano, sono chiaramente inadatti allo scopo e non fanno parte della soluzione. Invece dobbiamo guardare alle trattative storiche che si svolgono all’Onu per un trattato globale sull’Oceano».
Malachia Chadwick di Greenpeace UK non ha perso la speranza: «E’ un giorno triste per tutti coloro che amano il nostro pianeta blu. Ma questa non è la fine. In realtà, è solo l’inizio: 2,7 milioni di persone hanno aderito alla campagna per questo santuario dell’oceano e torneremo più forti che mai. In primo luogo, continueremo a lavorare per proteggere l’Oceano Antartico. Ma questo da solo non è abbastanza. Per iniziare veramente a guarire il nostro pianeta blu, dobbiamo pensare in grande. Ciò significa cambiare il funzionamento del sistema in modo che sia più facile proteggere vaste aree dei nostri oceani globali. Presto, avremo la possibilità di fare esattamente questo. Sul tavolo dell’Onu c’è un nuovo trattato globale sull’oceano. Se è approvato, aprirà la porta alla creazione di enormi nuove aree protette che coprano almeno un terzo degli oceani del mondo. Non dimentichiamo che ai negoziati antartici 22 dei 25 Paesi hanno sostenuto la creazione del nostro santuario. In quasi tutti gli altri forum politici, sarebbe bastato per renderlo realtà. Questo potrebbe essere un punto di svolta per la protezione dell’oceano e, insieme, possiamo farlo succedere».