Un terzo delle aree chiave della biodiversità non è protetto e meno dell'8% del territorio è protetto è connesso
Raggiunto l’obiettivo globale per le aree protette a terra, ma non a mare. E la qualità deve migliorare
Protetti oltre 22 milioni di km2 di terra e 28 milioni di km2 di oceano e il 42% dell'attuale copertura si è aggiunto nell'ultimo decennio
[20 Maggio 2021]
United Nations environment programma (Unep), Unep- World Conservation Monitoring Center (Unep-WCMC) e International union for conservation of nature (Iucn) hanno pubblicato il nuovo Protected Planet Report 2020 dal quale emerge che «La comunità internazionale ha compiuto importanti progressi verso l’obiettivo globale per la copertura delle aree protette e conservate», ma anche che, per quanto riguarda la qualità, è molto inferiore agli impegni presi per queste aree.
Il rapporto biennale, pubblicato grazie al contributo della National Geographic Society, rappresenta anche la “pagella” finale dell’Aichi Target 11, l’obiettivo globale decennale per le aree protette e conservate che puntava portare importanti benefici sia alla biodiversità che alle persone entro il 2020. L’Aichi Target 11 includeva l’obiettivo di proteggere almeno il 17% della terra e delle acque interne e il 10% dell’ambiente marino e il rapporto di ce a cha, ad oggi, «22,5 milioni di km2 (16,64%) di ecosistemi terrestri e di acque interne e 28,1 milioni di km2 (7,74%) di acque costiere e dell’oceano si trovano all’interno di aree protette e conservate documentate, con un aumento di oltre 21 milioni di km2 (42% dell’attuale copertura) dal 2010. E’ chiaro che, quando i dati per tutte le aree saranno resi disponibili, la copertura a terra supererà notevolmente l’obiettivo del 17% poiché molte aree protette e conservate restano non dichiarate».
Si prevede che il post-2020 global biodiversity framework che dovrebbe essere approvato alla 15esima Conferenza delle parti della Convention on Biological Diversity (CBD COP15), che si terrà a ottobre a Kunming, in Cina, includerà un aumento delle aree protette fino a coprire il 30% delle terre emerse e degli oceani, obiettivo già fissato da Unione europea, Usa e Gran Bretagna.
Il Protected Planet Report 2020 conclude che «La sfida sarà migliorare la qualità delle aree esistenti e nuove per ottenere un cambiamento positivo per le persone e la natura, poiché la biodiversità continua a diminuire, anche all’interno di molte aree protette». L’ Iucn Green List Standard e finora l’unica misura globale per determinare la qualità delle arre protette e recentemente tre Parchi Nazionali italiani, Gran Paradiso, Arcipelago Toscano e Foreste Casentinesi hanno ottenuto il riconoscimento della Green List delle Aree Protette e Conservate,.
Neville Ash, direttore Unep-WCMC, evidenzia che «Le aree protette e conservate svolgono un ruolo cruciale nell’affrontare la perdita di biodiversità e negli ultimi anni sono stati compiuti grandi progressi nel rafforzamento della rete globale di aree protette e conservate. Tuttavia, la designazione e la contabilizzazione di più aree protette e conservate è insufficiente, devono essere gestite in modo efficace e governate d equamente, se vogliono realizzare i loro numerosi vantaggi su scala locale e globale e garantire un futuro migliore per le persone e il pianeta».
Secondo l’Iucn. «Per essere efficaci, le aree protette e conservate devono includere luoghi importanti per la biodiversità». Ma dal rapporto viebne fuori che «Un terzo delle principali aree di biodiversità, siano esse terrestri, acque interne o oceaniche, non sono ancora affatto protette».
Inoltre, le aree protette e quelle conservate devono anche essere meglio collegate tra loro, per consentire alle specie di spostarsi e ai processi ecologici di funzionare. Il rapporto fa notare che «Sebbene ci siano stati miglioramenti recenti, meno dell’8% del territorio è sia protetto che connesso – molto al di sotto del quasi 17% dell’area terrestre che è ora sotto protezione – e resta la necessità di garantire che le aree circostanti siano gestite in modo appropriato per mantenere i valori di biodiversità».
Oltre a designare nuove aree protette a terra e a mare, il rapporto chiede «Le aree protette e conservate esistenti siano identificate e riconosciute, tenendo conto degli sforzi delle popolazioni indigene, delle comunità locali e delle entità private, riconoscendone allo stesso tempio i diritti e le responsabilità. Gli sforzi di conservazione di questi custodi rimangono sottovalutati e sotto-riportati, sebbene i loro contributi siano ampi nel garantire un futuro alla natura». Una chiara apertura alle richieste di associazioni come Survival Internaz tional che temopno che l’obiettivo 30X30, se applicato ai Paesi in via di sviluppo, si trasformerà in una negazione dei diritti dei popoli indigeni a vivere nelle loro terre secondo il loro stile di vita tradizionale, caccia e pesca comprese.
Inoltre, il rapporto rileva che «E’ necessario fare di più per gestire in modo equo le aree protette e conservate, in modo che i costi di conservazione non siano sostenuti dalla popolazione locale mentre i suoi benefici siano goduti da altri. Questa è la chiave per costruire reti di conservazione che ovunque abbiano il sostegno e la partecipazione delle persone».
Il direttore generale dell’Iucn, Bruno Oberle, ha commentato: «L’Iucn accoglie con favore gli enormi progressi compiuti, in particolare nell’ultimo decennio, con le aree protette che coprono una quota crescente del globo. Poiché la biodiversità continua a diminuire, ora chiediamo alle parti della Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità a Kunming di fissare un obiettivo ambizioso che garantirà una copertura dell’area protetta del 30% di terra, acqua dolce e oceano entro il 2030 e queste aree devono essere posizionate in modo ottimale per proteggere la diversità della vita sulla Terra ed essere gestite in modo efficace e governate equamente».
Iucn e Unep sono convinte che «Proteggendo le aree intatte e ripristinando gli ecosistemi degradati, i Paesi possono creare una rete per la natura che aiuti ad arrestare e invertire la perdita di biodiversità, a mantenere i servizi ecosistemici essenziali, ad aiutare la società ad affrontare e ad adattarsi ai cambiamenti climatici e a ridurre il rischio di future pandemie. Le aree protette e conservate gestite in modo efficace, possono aiutare a prevenire un ulteriore degrado dell’ecosistema e a consolidare i progressi durante l’UN Decade on Ecosystem Restoration». Il Decennio Onu per il ripristino degli ecosistemi che sarà lanciato ufficialmente il 5 giugno, Giornata mondiale dell’ambiente 2021. In molti casi, le aree in fase di ripristino verranno probabilmente aggiunte alla rete di aree protette e conservate, per garantire che i benefici del ripristino siano sostenuti.