«Questo non è (più) un Paese per architetti». I professionisti bocciano lo Sblocca Italia
[16 Settembre 2014]
Con lo “Sblocca Italia”, molto ridotto, il Governo Renzi – come peraltro accade tutti i giorni agli architetti italiani – ha sbattuto contro il muro della burocrazia conservatrice che ha mortificato e modificato il progetto di introdurre misure concrete per porre rimedio alla condizione delle città, del mercato dell’edilizia, degli architetti e degli altri professionisti del settore. Il Decreto contiene, infatti, solo norme che sarebbero adatte ad un Paese normale in tempi normali: per l’Italia di oggi ci voleva ben altro.
Il vero spread che divide l’Italia dal resto d’Europa è l’incolmabile distanza tra la cieca e autoreferenziale giurisprudenza legislativa e la drammatica realtà della nostra vita quotidiana. Aver rimandato, nello “Sblocca Italia”, il regolamento edilizio nazionale; non aver posto limiti temporali alla possibilità della P.A. di revocare un permesso o di cambiare le proprie decisioni; non aver modificato i requisiti di accesso alle gare per i progetti pubblici (che oggi escludono il 99% degli architetti a favore di poche grandi società capitalizzate); non aver varato un vero progetto di rigenerazione urbana sostenibile che mettesse mano agli 8 milioni di edifici italiani che possono cadere alla prima scossa, anche lieve, di terremoto: tutto ciò rappresenta la pietra tombale per un settore, quello dell’edilizia, che ha già perso metà del suo fatturato.
Alcuni dei dati dell’ “Osservatorio 2014 sullo Stato della professione di architetto in Italia” – realizzato dal Cresme e dal Consiglio Nazionale e che sarà presentato nelle prossime settimane – dimostrano, con la forza dei numeri, l’incapacità della politica di comprendere la drammaticità della situazione: gli architetti italiani hanno ormai un reddito medio annuo sotto i 17 mila euro che, al netto di tasse e previdenza, vale la metà; al Sud, scende a 11 mila, mentre quello dei trentenni – mediamente – non raggiunge i 500 euro mensili reali”.
L’Italia non è (più) un Paese per architetti: redditi medi da “incapienti” – senza peraltro avere alcuna garanzia “sindacale” né cassa integrazione, né bonus statali; debiti con le banche per quasi la metà dei progettisti italiani che nessuno paga, considerato che i giorni necessari per ottenere un pagamento da parte della Pubblica Amministrazione sono oltre 218, quelli da parte delle imprese 172 e, dei privati, 98.
Chiediamo alle Istituzioni – e in particolare al Capo dello Stato ed al Presidente del Consiglio – se l’Italia, patria dell’architettura, sia disponibile a fare a meno di noi architetti, visto che non sopravviveremo un altro anno (nel 2013 il calo del fatturato è stato del 33 per cento circa) e dovremo chiudere i nostri studi, grandi e piccoli. Ma anche se il Paese possa fare a meno del made in Italy che noi abbiamo inventato con le nostre idee e i nostri progetti; e come si potrà fare per rigenerare le città, riprogettare i territori, salvare i monumenti del Bel Paese quando l’assenza di visione e la burocrazia ottusa avranno finito di distruggere l’architettura italiana.
Ed ancora: si continuerà, per fare a meno di noi, a favorire l’abusivismo, il disastro ambientale, la bruttezza delle periferie, pronti anche a rinunciare ad oltre 60 mila giovani architetti che andranno all’estero senza tornare o cambieranno lavoro, uccidendo, così, per i cittadini italiani, la speranza di un habitat migliore per il futuro? E si continuerà a considerarci – a seconda delle convenienze del momento – ora una lobby di ricchi, ora “partite IVA” e non lavoratori che tutti i giorni per 12 ore sgobbano per fare il loro dovere e aiutare l’Italia a crescere?
Non abbiamo mai chiesto né chiediamo sussidi o favori. Pretendiamo, però – conclude il Consiglio Nazionale – il rispetto del nostro lavoro che viene, invece, quotidianamente vessato da una burocrazia ossessiva, da un mercato sregolato in cui i diritti sono solo quelli degli altri, da una concorrenza spietata delle società pubbliche, da regole per gli appalti che favoriscono i soliti pochi noti, da una fiscalità insensata, dal lasciarci indifesi di fronte alle banche, dall’emarginarci dalle politiche economiche; e per di più, chiudendo gli occhi, davanti agli abusi edilizi, ai centri storici che crollano, all’edilizia sommersa, alle vere lobby che razziano appalti a colpi di tangenti.
di Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori