Vulcani, l’Ue finanzia la ricerca per prevedere le eruzioni
[19 Settembre 2014]
Le eruzioni vulcaniche sono difficili da prevedere e l’aumento dell’attività sismica nel vulcano islandese di Bardarbunga e la colata lavica che fuoriesce dal vicino Holuhraun sono oggetto di attento monitoraggio da parte degli esperti che analizzano grandi quantità di dati raccolti nell’area.
Molti vulcani islandesi sono ricoperti di ghiaccio e questo contribuisce ad eruzioni esplosive con grandi emissioni di cenere e lapilli, come quella dell’Eyjafjallajökull dell’aprile 2010, con l’emissione di una spessa nube di cenere nei cieli del Nord Europa, causando ingenti costi di cancellazione per le compagnie aeree e disagi a circa 10 milioni di viaggiatori alla fine il danno venne stato stimato in 3,9 miliardi di euro.
Questa volta però è diverso: dall’eruzione dell’Eyjafjallajökull l’Ue finanzia studi pionieristici per la messa a punto di sistemi di allerta più precisi e rapidi e spiega che «Gli approcci sperimentati da questi studi intendono dare più tempo alla protezione civile e a importanti gruppi commerciali, come le compagnie aeree, di intervenire in modo efficace, contribuendo così a salvare vite umane e a ridurre i danni per l’economia europea. Ne è un esempio il Futurevolc, dal suo avvio nell’ottobre 2012, i ricercatori hanno rafforzato la rete esistente con una serie di apparecchiature, quali rilevatori di gas vulcanici, sensori infrasonici, videocamere ad alta risoluzione, sismometri e sensori per la rilevazione dei movimenti tellurici, disseminate nelle regioni più attive dell’Islanda. Molti di questi sensori fanno parte di reti mobili e possono quindi essere inviati sui siti attivi, secondo le necessità, per potenziare la rete permanente. I nuovi sistemi di monitoraggio, come i sismometri, permettono di rilevare i più piccoli movimenti (tremori sismici), possibile segnale dello spostamento di magma verso la superficie della Terra o di inondazioni causate dall’estrusione del magma sotto lo strato di ghiaccio. Queste inondazioni rappresentano una grave minaccia per le infrastrutture e gli abitanti della zona».
I nuovi sistemi GPS e i dati satellitari permettono di individuare anche variazioni minime: «Nel caso del Bardarbunga, sono stati utilizzati per stimare il volume di magma in risalita verso la crosta terrestre fino a una distanza di 10 km dalla superficie – si legge in un comunicato della Commissione europea – Il progetto prevede inoltre il monitoraggio delle eruzioni già in superficie, misurando ad esempio i gas pericolosi e il tasso di emissione di lava. Queste informazioni possono indicare se l’attività vulcanica rischia di trasformarsi in un’eruzione simile a quella del 2010. A luglio la rete islandese si è dotata di tre videocamere terrestri a infrarossi per rilevare le particelle di silicati presenti nelle ceneri vulcaniche. Grazie a un sensore installato su un aereo, il team è riuscito a individuare le ceneri raccolte da uno dei vulcani islandesi e gettate dall’alto sul golfo di Biscaglia, in Francia. Il sensore, dotato di videocamere multispettrali che distinguono le particelle di silicati da quelle di ghiaccio, ha rilevato la cenere da una distanza di 60 chilometri. Se il Bardarbunga dovesse eruttare, il team potrebbe utilizzare lo stesso sensore per monitorare il rilascio di ceneri.
Secondo il coordinatore del progetto, Freysteinn Sigmundsson dell’università d’Islanda, «I risultati di Futurevolc, utilizzati in combinazione con i dati meteorologici e le tecniche di modellizzazione avanzata, permetteranno di prevedere con maggiore affidabilità la dispersione di ceneri nell’atmosfera. Le attività di ricerca svolte nell’ambito del progetto Futurevolc confluiranno nel lavoro del gruppo di osservazione della Terra (GeoO), quale contributo dell’Europa agli sforzi profusi a livello mondiale per migliorare le previsioni vulcaniche».
Un altro progetto di ricerca finanziato dall’UE è l’European Volcano Observatory Space Services (Evoss), che ha sviluppato un nuovo sistema satellitare per individuare e monitorare automaticamente i vulcani in attività in tutto il mondo. Una “nuvola” di server specializzati trasmette quindi automaticamente i dati in tempo reale alle autorità della protezione civile. I ricercatori spiegano che «Il sistema misura le eruzioni tenendo conto di tre fattori: il calore emanato dal vulcano, le ceneri e i gas sprigionati e le mutazioni fisiche che si verificano sulla superficie terrestre. Partendo da questi dati gli scienziati possono prevedere meglio il comportamento futuro di un vulcano, ad esempio se l’attività è in aumento o in diminuzione. Evoss è già operativo in Europa, in Africa e nelle isole vulcaniche degli oceani circostanti.
Uno studio condotto nell’ambito del progetto Volcanic Unrest in Europe and Latin America (Vuelco su sei vulcani in Europa e nel mondo ha portato alla creazione di una banca dati del parossismo vulcanico e allo sviluppo di modelli di previsione migliori. Il team di scienziati è inoltre al lavoro per individuare metodi che consentano di migliorare la comunicazione tra vulcanologi e protezione civile. L’obiettivo è aiutare le comunità locali a tradurre le informazioni provenienti dal mondo scientifico in provvedimenti adeguati. Tra i progetti sui vulcani finanziati dall’UE figurano inoltre MedSuv e MarSite
Futurevolc beneficia di finanziamenti Ue per 6 milioni di euro e riunisce ricercatori di 27 università, istituti di ricerca, enti pubblici e imprese di Italia,Islanda, Irlanda, Regno Unito, Svezia, Germania, Norvegia, Svizzera, Francia e Paesi Bassi. Evoss con 2,9 milioni di euro di finanziamenti, ha visto la partecipazione di partner provenienti da Italia, Francia, Belgio, Regno Unito, Germania e Paesi Bassi. Vuelco ha ricevuto 3,5 milioni di euro e ha visto coinvolti partner di Italia, Regno Unito, Spagna, Germania, Messico, Giamaica ed Ecuador.
Máire Geoghegan-Quinn, Commissaria europea per la ricerca, l’innovazione e la scienza, conclude: «L’attività vulcanica può ripercuotersi su migliaia di europei, sia che vivano in prossimità di vulcani attivi o che si trovino a chilometri di distanza. Orizzonte 2020, il nuovo programma di ricerca dell’Ue con una copertura di 80 miliardi di euro, continuerà a sostenere la ricerca in questo settore a beneficio di tutti gli europei».