A che punto è la direttiva europea contro le plastiche monouso
Per Assobioplastiche «gli Stati membri hanno tutti gli strumenti per recepirla», mentre i produttori di stoviglie monouso in plastica guardano alla legge di Bilancio italiana
[23 Gennaio 2019]
Con 44 voti favorevoli e 1 contrario la commissione Ambiente dell’Europarlamento ha dato ieri l’ok all’accordo raggiunto lo scorso dicembre tra Parlamento e Consiglio Ue sulle plastiche monouso, che prevede tra l’altro il bando per alcuni prodotti in plastica usa e getta – come piatti, posate, cannucce, cotton fioc, ma anche prodotti in plastica oxo-degradabile e contenitori per alimenti in plastica – a partire dal 2021, una raccolta differenziata al 90% per le bottiglie di plastica al 2029, un minimo del 25% di plastica riciclata nelle bottiglie al 2025 (innalzato al 30% cinque anni dopo). Il prossimo step prevede adesso la ratifica definitiva della direttiva (atteso nella plenaria di fine marzo a Strasburgo), in vista della pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
«Gli Stati membri – commenta Marco Versari, presidente di Assobioplastiche – hanno tutti gli strumenti per recepire le norme della direttiva Sup tenendo conto dei singoli contesti nazionali e dei relativi sistemi di gestione dei rifiuti, differenziando le misure di riduzione in base al diverso impatto ambientale dei singoli prodotti, come espressamente previsto dalla direttiva (Lca ed assessment)». Del resto, secondo l’Associazione italiana delle bioplastiche e dei materiali biodegradabili e compostabili , nel testo di questa direttiva «è stata tracciata una netta linea di demarcazione tra plastiche tradizionali, plastiche oxo degradabili – che vengono messe al bando nel territorio europeo in quanto non biodegradabili e compostabili – e plastiche biodegradabili (in compostaggio/digestione anaerobica)».
C’è invece comprensibilmente meno entusiasmo da parte di Pro.mo, ovvero il Gruppo produttori stoviglie monouso in plastica, ai quali «non sembra che la direttiva definisca un solco fra “buoni” (i prodotti in bioplastica) e “cattivi” (quelli in plastica tradizionale), anzi: a leggere le definizioni date dal documento, entrambi i materiali (e relativi prodotti) risultano sotto tiro e, nel caso specifico di piatti e posate, messi al bando».
E in attesa che la direttiva Sup venga definitivamente adottata Pro.mo guarda con interesse a una legge dello Stato che già c’è, ovvero quella di Bilancio: «C’è un comma, l’802, che prevede da un lato la crescita, opportunamente controllata, del riciclo delle stoviglie in plastica tradizionale, e dall’altro il progressivo inserimento, da subito, di prodotti in bioplastica di cui parimenti si verifichi oggettivamente la sostenibilità. Fino a giungere ad uno scenario, previsto per il 2023, in cui plastiche da fonte non fossile, disponibili in quantità ragionevoli, possano sostituire quelle tradizionali».
Come raggiungere dunque più elevati target di riciclo per i materiali plastici, che siano stoviglie o meno? A tal fine è opportuno ricordare che nella legge di Bilancio c’è anche un altro comma, il 73, che prevede un credito d’imposta nella misura del 36% per quelle imprese che acquistano prodotti contenenti plastica, carta o alluminio da riciclo, o imballaggi biodegradabili e compostabili. In questo caso la legge dello Stato già c’è, ma mancano ancora i relativi decreti attuativi. Non è un dettaglio da poco: con la legge di Bilancio 2018 venne fatto un simile tentativo, che si è però concluso con un nulla di fatto.
Senza dimenticare i necessari e finora non pervenuti impegni su quello che rappresenta da sempre il primo step nella gerarchia per una corretta gestione dei rifiuti, ovvero la loro prevenzione. «Mi auguro che i Paesi membri recepiscano questa direttiva in modo ambizioso con misure che si inseriscano come tasselli in un contesto più ampio che è quello della prevenzione dei rifiuti e del consumo di risorse. Perché è qui che si gioca la vera partita – commenta al proposito Silvia Ricci, di Comuni virtuosi – Assodato che per avere qualche chance di centrare questo obiettivo vanno intrapresi urgentemente drastici cambiamenti negli stili di vita, cosa c’è di più scontato che partire con una revisione dei modelli di consumo usa e getta che, in cambio di comodità fugaci garantiscono una distruzione perenne degli habitat naturali? In linea peraltro con l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile nr.12: Consumo e Produzione Responsabili delle Nazioni Unite».