Ogni giorno con il gigante asiatico vengono scambiati beni per oltre 1 miliardo di euro
Acciaio, l’Europarlamento dice no alla Cina economia di mercato
Il Parlamento Ue vota la risoluzione, e anche la Commissione si sbilancia: si guarda a un «nuovo approccio» sullo stile degli Usa
[12 Maggio 2016]
In base ai criteri vigenti in seno all’Unione europea, la «Cina non è un’economia di mercato». È la posizione raggiunta all’unanimità nel dibattito che ha coinvolto gli europarlamentari insieme ai membri della Commissione e del Consiglio Ue, dibattito incentrato su come l’Ue debba contrastare qualsiasi concorrenza sleale della Cina dopo l’11 dicembre 2016, quando, secondo il protocollo di accesso all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), saranno previsti cambiamenti nelle inchieste di difesa commerciale.
Il Parlamento europeo ha votato oggi una risoluzione non legislativa in merito: nel testo, adottato con 546 voti favorevoli, 28 voti contrari e 77 astensioni, i deputati invitano la Commissione europea a presentare una proposta che trovi un equilibrio tra due diverse esigenze. La Cina è il secondo partner commerciale dell’Ue, con un interscambio commerciale giornaliero di ben oltre 1 miliardo di euro, e gli europarlamentari evidenziano l’importanza di questo partenariato. Al contempo, 56 delle attuali 73 misure comunitarie antidumping in vigore si applicano alle importazioni dalla Cina, e i deputati affermano che fintanto che il gigante asiatico non avrà soddisfatto i cinque criteri stabiliti dall’Ue per definire le economie di mercato, le sue esportazioni verso l’Unione devono essere trattate con una metodologia “non standard”, che serve a determinare se in Cina i prezzi delle esportazioni sono prezzi di mercato o oggetto di sovvenzioni, al fine di assicurare la parità di condizioni per l’industria Ue e difendere l’occupazione sul territorio europeo.
L’orientamento di fondo, emerso già in fase di dibattito, è chiaro. Tutti i deputati intervenuti all’incontro con la Commissione e il Consiglio Ue, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, hanno sostenuto la loro contrarietà al paventato ingresso del gigante asiatico nel consesso delle economie di mercato: per l’Italia in particolare sono intervenuti Gianni Pittela (S&D) e Davide Borelli (EEF). Come ribadito con il voto odierno, gli eurodeputati «si oppongono a qualsiasi concessione unilaterale alla Cina dello status di economia di mercato» e chiedono di coordinarsi con gli altri principali partner commerciali per giungere a un’interpretazione congiunta del diritto del Wto, invitano la Commissione Ue a utilizzare già i prossimi vertici del G7 e del G20, nonché il vertice Ue-Cina, per proseguire su questa strada.
La maggior parte degli oratori intervenuti al dibattito dei giorni scorsi ha evidenziato che la Cina sovvenziona le sue aziende, non è trasparente per quanto riguarda gli aiuti di Stato e offre prezzi bassi delle esportazioni “chiaramente” non determinati dalla domanda e dall’offerta. Gli eurodeputati hanno inoltre sottolineato che la sua capacità produttiva in eccesso alimenta le esportazioni a basso costo verso l’Ue che creano un danno economico, in particolare per il mercato siderurgico.
Come noto, se la Cina raggiungesse lo status di economia di mercato (Mes), gli stati europei sarebbero costretti ad affrontare una concorrenza sleale senza la possibilità di contare su solide norme antidumping. Dal 2008 a oggi, sotto i colpi della crisi, le industrie europee dell’acciaio – comprese quelle italiane – hanno già lasciato a casa il 20% della forza lavoro, circa 92mila tra colletti blu e bianchi. Oggi la Cina produce la metà dell’acciaio mondiale – 860 milioni di tonnellate – in condizioni di accentuata sovrapproduzione. Esportando a prezzi bassissimi, spiazza i concorrenti (europei in primis). Le barriere commerciali risultano dunque ad oggi vitali per le imprese del Continente, ma è sempre più evidente come anche queste non basteranno. È l’industria che deve ristrutturarsi e innovare, puntando a una maggiore efficienza e sostenibilità: in un contesto generale dove le materie prime incidono fino al 60% del prezzo finale dei prodotti, puntare su minori consumi energetici e un maggiore impiego di materie prime seconde (unito alla produzione di manufatti di qualità) fa la differenza.
Il commissario europeo per la Salute, Vytenis Andriukaitis, intervenuto al dibattito nell’Europarlamento, ha rassicurato i deputati ribadendo che la lotta alla crisi del settore siderurgico è in cima alla lista delle priorità della Commissione: è «innegabile» che la Cina non sia un’economia di mercato – ha sottolineato Andriukaitis – e la Commissione Ue sta quindi lavorando a un «nuovo approccio», includendo un sistema di difesa commerciale che potrebbe essere modellato su quello degli Usa, che calcola margini di dumping caso per caso. Il Collegio dei commissari europei discuterà questa questione «prima della pausa estiva», ha promesso Andriukaitis. L’Europarlamento, invece, ha già deciso.
L. A.