Assocarta, senza impianti per gli scarti del riciclo a rischio (anche) la raccolta differenziata
«In assenza di qualsiasi azione, il rischio sempre più vicino è che si blocchi il riciclo della carta e, conseguentemente, la raccolta differenziata della carta su suolo pubblico (e su quello privato) in Italia. Né il Paese né l'industria della carta vogliono questo, ma l'inerzia può andare oltre le peggiori aspettative»
[1 Febbraio 2019]
Commentando le recenti vicende che hanno portato all’accantonamento, nel decreto Semplificazioni, di ogni intervento sull’end of waste – ovvero l’attesa normativa necessaria per stabilire quando un rifiuto può tornare sul mercato come prodotto al termine di un processo di recupero – il direttore generale di Assocarta parla di «un cattivo servizio all’economia circolare del nostro Paese. Nel dl Semplificazioni si introduce un nuovo registro sulla tracciabilità dei rifiuti (al posto del Sistri, ndr) e relativo contributo, ma non una disciplina che semplifichi e sblocchi le attività’degli impianti regionali in materia di end of waste. E questo in un contesto in cui mancano le infrastrutture per la gestione dei rifiuti e quindi aumentano i costi, a cui si aggiungono gli incrementi delle tasse regionali per il conferimento in discarica a partire dal 1 gennaio».
Ad oggi in Italia vengono riciclate circa 10 tonnellate di carta ogni minuto, ovvero circa 5 milioni di tonnellate all’anno: un processo industriale circolare dal quale esitano – documenta Assocarta – 300 mila tonnellate di scarti di riciclo, che non trovano però adeguata allocazione, in quanto ad oggi per questi rifiuti speciali «c’è solo un impianto di termovalorizzazione dedicato, in Umbria, mentre un secondo impianto in Lombardia non è utilizzato in maniera costante».
Come sottolineano infatti dall’associazione, dal processo di riciclo della carta si genera uno scarto «il cui recupero energetico è una Best available technique (Bat) a livello Ue: ma nel nostro Paese uno degli ostacoli al riciclo (oltre che all’aumento della capacità di riciclo) è proprio la difficoltà di gestione di questi scarti che, seppur ricchi di energia, continuano a finire nelle discariche, che sono sempre meno, per l’impossibilità da parte imprese italiane di installare questo tipo di impianti all’interno dei propri siti produttivi, e per la mancanza, all’esterno dei siti produttivi, di infrastrutture sufficienti per recuperare energeticamente le quantità di scarto di pulper generate dall’industria del riciclo. Un evidente limite alla “circolarità” e un enorme spreco di risorse e di energia che i nostri concorrenti europei non fanno».
Questo a sua volta comporta sia uno svantaggio competitivo per le cartiere italiane – che rappresentano di fatto veri e propri impianti di riciclo –, sia un’efficiente gestione dell’intera filiera, con ricadute anche in termini di igiene urbana: «In assenza di qualsiasi azione, il rischio sempre più vicino è che si blocchi la produzione, quindi il riciclo della carta e, conseguentemente, la raccolta differenziata della carta su suolo pubblico (e su quello privato) in Italia. Né il Paese né l’industria della carta vogliono questo, ma l’inerzia può andare oltre le peggiori aspettative».
Che fare dunque per evitare l’emergenza? Da Assocarta avanzano tre proposte, oltre a sottolineare l’urgente necessità di passi avanti sul fronte end of waste: «Accesso prioritario agli scarti di riciclo della carta negli impianti esistenti; avviare gli impianti industriali già completati, inclusi gli impianti di recupero degli scarti del riciclo asserviti alla produzione (che non graverebbero in questo modo sul sistema di gestione regionale dei rifiuti); considerare in maniera strutturale, nella pianificazione regionale in materia di rifiuti, il recupero degli scarti del riciclo».