Dissesto idrogeologico, il governo presenta il piano: 1,3 miliardi di euro, ne servono 40
Un problema di scelte, non di soldi: sarebbero bastati quelli individuati per gli sconti alle imprese
[6 Agosto 2015]
Il piano nazionale contro il dissesto idrogeologico è stato presentato oggi, dopo l’ennesima frana che ha spezzato delle vite (stavolta in Cadore, Veneto), a Palazzo Chigi. Il ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, intervenendo insieme al ministro Graziano Delrio e al direttore della struttura di missione #Italiasicura, Mauro Grassi, l’ha definito «un grande passo in avanti per la messa in sicurezza del Paese. Un piano vero, con soldi veri, spendibili immediatamente», e richiamando poi le regioni a un impegno concreto «perché queste risorse diventino subito cantieri».
Si tratta di un passo avanti importante, per un Paese che dal Dopoguerra a oggi – secondo le stime Cresme e Ance – ha subito oltre a migliaia di vittime anche danni economici per oltre 240 miliardi di euro a causa di frane, alluvioni e terremoti. Cifre che avrebbero potuto (e dovuto) essere contenute da una più accurata manutenzione del territorio, che non c’è stata. L’attuale governo, assai poco versato sulle tematiche ambientali, sin dal suo insediamento ha mostrato di voler finalmente prendere di petto il problema. Quello di oggi è un primo segnale, e per questo rilevante, ma indicativo è anche misurarne la sostanza.
Purtroppo, il documento da tempo atteso risulta alquanto etereo. Il piano – «un piano vero» – non è reso disponibile; come consuetudine del governo Renzi, che predilige le slide ai documenti ufficiali per la comunicazione coi cittadini. In questo caso si tratta di 14 fogli (quelli in allegato in fondo pagina). I soldi – «soldi veri, spendibili immediatamente» – ammontano a un totale di 1,303 miliardi di euro; da quanto è possibile apprendere, circa la metà di essi consistono in risorse precedentemente già stanziate ma non utilizzate, mentre nel loro complesso – se è lecito tener fede al titolo delle slide, che recita Piano nazionale 2015-2020 contro il dissesto idrogeologico – saranno anche “spendibili immediatamente”, ma dovranno bastare per ben 5 anni. Si tratta, infine, di interventi circoscritti a pochi agglomerati urbani: Bologna, Cesenatico, Olbia, Firenze, Genova, Milano, Padova, Venezia, Pescara.
Grandi città per le quali interventi contro il dissesto idrogeologico sono necessari quanto urgenti, ma i problemi del territorio italiano certo non possono circoscriversi all’interno dei loro confini. Il ministro Galletti rivendica come già sia stato fatto altro dal suo governo, e che non è finita: «In questi mesi abbiamo semplificato le norme, fissato le priorità, firmato un protocollo con il presidente Cantone e l’Anac per la legalità nei cantieri, chiuso un accordo di grande responsabilità con i sindacati per avere più turni di lavoro. È un lavoro lungo e difficile, che dovrà andare avanti oltre questa legislatura: si è perso troppo tempo e i cambiamenti climatici stanno rendendo ancor più complessa, ma sempre più necessaria, la sfida che abbiamo di fronte».
Quel che traspare dal piano presentato oggi è però che neanche questo governo, al di là delle apparenze, ha ancora fatto del dissesto idrogeologico una delle proprie priorità. Il territorio italiano ha bisogno di investimenti, prima ancora che di nuovi piani d’intervento, e sono le risorse stanziate a parlare per il governo Renzi.
Sul piatto ci sono 1,3 miliardi di euro per una programmazione lunga 5 anni, mentre lo stesso ministero dell’Ambiente due anni aveva stimato in 40 miliardi di euro lungo 15 anni di lavori gli interventi necessari per cancellare quantomeno la parola emergenza dal dizionario del dissesto idrogeologico italiano. «Curiosamente – commentò già allora Nicola Casagli, docente di Geologia applicata presso l’università di Firenze – si tratta della stessa stima che era stata fatta già nel 1970 alla conclusione dei lavori della Commissione De Marchi, istituita all’indomani dell’alluvione di Firenze per la predisposizione di un Piano di protezione idrogeologica di tutto il Paese. Il Piano quindi c’è già, è pronto da 43 anni; peccato che in tutto questo tempo non siano mai state reperite risorse per finanziarlo in maniera adeguata».
D’altronde si tratta di politica e di priorità. In questo la crisi economica c’entra poco. Come ha ricordato pochi giorni fa anche il Corriere della Sera, il governo Renzi ha individuato proprio 40 miliardi di euro (per gli anni 2015-2019) da destinare a sgravi contributivi per le assunzioni e sconti Irap, prebende le cui ricadute sull’occupazione sono ad oggi assai discutibili. Le stesse risorse avrebbero potuto essere dirottate nella creazione di lavoro per curare il territorio italiano, sanando in 4 anni anziché in 15 l’emergenza del dissesto idrogeologico, e dando al contempo una spinta potente all’occupazione. Sono state fatte altre scelte: spenta la fanfara, al territorio rimangono come sempre solo le briciole.