Disuguaglianza, lo 0,134% degli italiani più ricchi ha in tasca quanto il 60% più povero del Paese

Oxfam: continua a crescere anche la disuguaglianza tra i redditi, con l’Italia agli ultimi posti Ue

[16 Gennaio 2023]

Tra il 2020 e il 2021, a livello globale’1% più ricco ha visto crescere il valore dei propri patrimoni di 26.000 miliardi di dollari in termini reali, e anche nel 2022 la ricchezza dei miliardari nei settori energetico e agro-alimentare è aumentata in concomitanza con la rapida crescita dei profitti delle imprese che controllano.

Allo stesso tempo, almeno 1,7 miliardi di lavoratori vivono in Paesi in cui l’inflazione supera l’incremento medio dei salari e oltre 820 milioni di persone – circa 1 persona su 10 sulla Terra – soffrono la fame.

Sono i dati riportati nel nuovo rapporto Oxfam, pubblicato per l’apertura del World economic forum di Davos, che non risparmia neanche l’Italia.

Se la ricchezza nelle mani del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41,7% della ricchezza nazionale netta) a fine 2021 era superiore a quella detenuta dall’80% più povero dei nostri connazionali (il 31,4%).

I super ricchi con patrimoni superiori ai 5 milioni di dollari (lo 0,134% degli italiani) erano titolari, a fine 2021, di un ammontare di ricchezza equivalente a quella posseduta dal 60% degli italiani più poveri.

Lo stesso vale per la disuguaglianza tra i redditi degli italiani. Seppur attenuata fortemente dai trasferimenti pubblici emergenziali, cresce nel 2020 – ultimo anno per cui le dinamiche distributive sono accertate – la disuguaglianza dei redditi netti, per cui l’Italia si colloca tra gli ultimi paesi nell’Ue. Non che fino ad allora andasse meglio: l’Italia è l’unico membro dell’Ocse in cui nel trentennio 1990-2020 il salario medio annuo è diminuito del 2,9%, con una forte caduta (-8,3%) in particolare nel decennio 2010-2022.

Al contempo la povertà assoluta, stabile nel 2021 dopo un balzo significativo nel 2020, interessa ormai 5,6 milioni di persone (il 9,4% degli italiani). Un fenomeno allarmante che ha visto raddoppiare in 16 anni la quota di famiglie con un livello di spesa insufficiente a garantirsi uno standard di vita minimamente accettabile e che oggi vede quelle più povere maggiormente esposte all’aumento dei prezzi, in primis per beni alimentari ed energetici.

Il rapporto Oxfam pone infine l’accento sui nodi strutturali irrisolti della “crisi del lavoro” nel nostro Paese: la ridotta partecipazione al mercato del lavoro della componente giovanile e femminile, marcate e crescenti disuguaglianze retributive, il crescente ricorso a forme di lavoro non standard e conseguente diffusione del lavoro povero.

«Se il dilagare del lavoro povero rappresenta una caratteristica strutturale del mercato italiano, destano preoccupazione le iniziative già messe in campo e le intenzioni del nuovo Governo – spiega  Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia  – Piuttosto che disincentivare il ricorso a forme di lavoro atipico che intrappolano nella precarietà milioni di lavoratori, il governo allarga le maglie per il lavoro discontinuo e invoca ulteriori interventi di flessibilizzazione. La previsione di un salario minimo non è all’ordine del giorno e gli incentivi all’occupazione (all’insegna del “più assumi, meno paghi”) non sono valutati sotto la lente della qualità e sostenibilità dell’occupazione promossa».

La riduzione delle disuguaglianze rappresenta una questione cui nessun Governo ha finora attribuito centralità d’azione, ma si è trovata ulteriormente ridimensionata sia nell’ultima campagna elettorale che con l’avvio del Governo Meloni.

Qualche esempio? Invece di rendere più equo ed efficiente il reddito di cittadinanza, lo si abroga dal 2024, adottando per il 2023 un approccio categoriale alla povertà che, noncurante del contesto e delle opportunità territoriali di lavoro, vede nell’impossibilità di lavorare e non nella condizione di bisogno il titolo d’accesso al supporto pubblico; invece di porre fine a iniqui trattamenti fiscali differenziati tra i contribuenti, si rafforzano regimi come la flat-tax per le partite Iva; invece di puntare a un contrasto senza quartiere all’evasione fiscale, ci si prodiga in interventi condonistici.

«Le misure di sostegno alle famiglie – commenta Maslennikov – devono proseguire ed essere indirizzate meglio verso le famiglie in condizioni di maggior bisogno. È inoltre indispensabile abbandonare il regime transitorio del Reddito di cittadinanza per il 2023, riformando l’unica misura strutturale di contrasto alla povertà di cui disponiamo; come pure stimolare nuovi accordi tra le parti sociali volti a ridefinire celermente sistemi più efficaci di indicizzazione dei salari ai prezzi per fornire protezione adeguata ai gruppi sociali meno abbienti e alle forme di lavoro meno tutelate in settori a bassa retribuzione».