I dati dell'indagine Unioncamere e ministero del Lavoro
Lavoro, in Toscana l’88% della nuova occupazione è a medio-bassa qualifica
Una regione dove crescono camerieri, cuochi, baristi e la somma fra laureati e diplomati richiesti è pari al 47%
[9 Novembre 2016]
Che fine ha fatto la Toscana che, seppur piegata dalla crisi, in questi terribili anni è riuscita a reggere il colpo in modo migliore rispetto al resto del Paese? L’Italia nel suo complesso, certifica oggi la commissione Ue diffondendo le stime economiche d’autunno, al contrario di quanto lascia trasparire la propaganda governativa rimane tra i fanalini di coda d’Europa. Da Bruxelles indicano una crescita del Pil nell’intera Ue all’1,8% quest’anno e all’1,6% nel 2017, mentre per l’Italia le stesse stime volano molto più basso: rispettivamente +0,7% del Pil nel 2016 e +0,9% nel 2017.
E la Toscana? Secondo le proiezioni diffuse dall’Irpet nel giugno di quest’anno, nel 2016 il Pil della Regione dovrebbe confermarsi a +1,1%, in linea con quello del 2015; maggiore dunque rispetto a quello medio italiano, ma inferiore a quello medio Ue. Per indagare più a fondo il contesto è però interessante osservarlo da un’altra angolazione, quella del lavoro, ben più aderente alla sostenibilità sociale rispetto al solo e sterile andamento del Pil.
Secondo l’indagine Excelsior realizzata da Unioncamere e ministero del Lavoro, diffusa ieri, i «programmi di assunzione delle imprese toscane prevedono l’ingresso di 50.270 unità alle dipendenze nel 2016: la dinamica è positiva rispetto al 2015 (+5%), anche se leggermente al di sotto della media nazionale (Italia +6%) ed in rallentamento rispetto al 2015». Dunque, l’occupazione quest’anno sembra crescere maggiormente nel resto d’Italia, nonostante l’andamento del Pil proceda all’inverso.
Secondo l’analisi congiunta tra Unioncamere e ministero del Lavoro, inoltre, il settore che manifesta la maggiore propensione ad assumere è quello delle tanto bistrattate delle public utilities (40%); osservando però il sistema toscano nel suo complesso risulta che nel 75% dei casi le assunzioni del 2016 sono concentrate nel settore dei servizi, e dunque anche il «gruppo professionale più richiesto è quello delle figure qualificate nelle attività commerciali e nei servizi (41%, pari ad oltre 20mila ingressi)», con mansioni che spaziano dai camerieri (7mila ingressi programmati) ai cuochi (2.500) e baristi (1.700), con una domanda elevata anche per commessi delle vendite al minuto (oltre 5mila).
In altre parole, tutte professionalità a media qualifica (medium-skilled), che «in Toscana coprono il 51% delle assunzioni programmate, sei punti percentuali al di sopra della media nazionale ed in crescita di un punto rispetto al 2015». A completare il quadro ci sono le professioni a bassa qualifica (low-skilled) come agricoltori e operai, che coprono il 37% delle assunzioni programmate, mentre la «quota di fabbisogni professionali corrispondente a lavoratori di alto livello (high-skilled workers) – e cioè a professioni intellettuali, scientifiche e ad elevata specializzazione, professioni tecniche e, in misura residuale, a dirigenti – è infine pari al 13% (per un totale di 6.400 assunzioni), quattro punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale ed in leggero decremento rispetto al 2015».
Concludendo, l’indagine sottolinea dunque che «la domanda di lavoro in Toscana è meno orientata su livelli formativi più elevati: «La somma fra laureati e diplomati è pari al 47%, due punti percentuali in meno rispetto al 2015 e sei punti percentuali al di sotto della media nazionale». Il lavoro in Toscana è poco e, quel che c’è, risulta in maggioranza rivolto a creare un’occupazione dalle basse competenze, che si correlano a loro volta con bassi salari.
Una spirale depressiva che per certi versi ricorda la parabola dell’occupazione in territorio Usa, dove il Pil cresce ormai da sette anni (in Toscana solo nel 2014 era ancora ancorato a poco più dello 0%) e sono stati creati 15,5 milioni di lavoro. Una performance che non è però riuscita a frenare l’ascesa di un populista come Trump, oggi neo presidente degli Stati Uniti, che ha cavalcato l’insoddisfazione causata in gran parte da bassi salari e alte disuguaglianze. Anche in Toscana, che pure ha affrontato questi anni di crisi in modo migliore rispetto al resto del Paese, il lavoro torna (poco) a crescere, ma lo fa alimentando un tipo d’occupazione poco qualificata e altrettanto poco redditizia, in una parola insoddisfacente.
Ancora oggi la presidenza della Regione si mostra sensibile a questi problemi, con Enrico Rossi che commenta l’elezione di Trump perorando la causa del «socialismo: piena occupazione, regolazione del mercato, redistribuzione della ricchezza, servizi pubblici di qualità e per tutti». I dati però dimostrano che anche in Toscana resti molto da lavorare.