Le sei grandi trasformazioni per raggiungere lo sviluppo sostenibile, spiegate da Nature
Per raggiungerle è indispensabile il ruolo attivo dei Governi: anziché incaponirsi sul totonomi, quello in pectore tra M5S e Pd dovrebbe partire da qui
[27 Agosto 2019]
Sono ore convulse per la formazione del possibile governo tra M5S e Pd, con la trattativa tra le due forze politiche sembra però incentrata prevalentemente – nonostante le dichiarazioni in senso opposto, in arrivo da entrambe le parti – sui nomi più che sui contenuti del nuovo esecutivo. In linea teorica è il macrotema dello sviluppo sostenibile a poter garantire le maggiori occasioni di convergenza tra i programmi dei due partiti, come emerge dai 5 punti inizialmente avanzati dal Pd e dai 10 proposti dal M5S, ma una sintesi non è ancora stata trovata: come declinarla? Un assist interessante arriva oggi per via indiretta dalla prestigiosa rivista scientifica Nature sustainability, che ai governi del mondo di punti ne indica 6: Six transformations to achieve the Sustainable development goals. Non sarebbe male se anche quello italiano ancora in pectore potesse trarne ispirazione.
Lo studio, firmato da economisti del calibro di Jeffrey Sachs e Marianna Mazzucato, prende le mosse dal precedente lavoro di The world in 2050 (TWI2050) e offre un approccio concerto per traguardare gli obiettivi che ufficialmente gli stati membri dell’Onu – Italia compresa – si sono già impegnati a onorare: l’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile al 2030 e l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
I ricercatori sottolineano che sia i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu sia l’Accordo di Parigi richiedono profonde trasformazioni, attraverso azioni complementari da parte di governi, società civile, scienza e imprese, e che tali trasformazioni ancora non si stanno compiendo: ci sono progressi significativi su alcuni obiettivi, ma «nessun paese è attualmente sulla buona strada per raggiungere tutti gli obiettivi Onu». E questo purtroppo è particolarmente vero per l’Italia, in quanto il nostro Paese fa peggio della media in 8 obiettivi Onu su 17 rispetto alla già insufficiente media europea.
Per invertire la rotta, lo studio indica sei pilastri sui quali i governi possono agire per uno sviluppo sia ambientalmente sia economicamente e socialmente sostenibile, in grado di non lasciare nessuno indietro: «Istruzione, genere e disuguaglianza; salute, benessere e demografia; decarbonizzazione energetica e industria sostenibile; cibo, terra, acqua e oceani sostenibili; città e comunità sostenibili; rivoluzione digitale per lo sviluppo sostenibile».
«Questa è una buona notizia – spiega il direttore del Potsdam institute for climate impact research, Johan Rockström, co-autore dello studio – realizzando il cambiamento in sei aree chiave possiamo salvare sia le persone che il pianeta. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici e soddisfare tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile identifichiamo leve molto concrete che i governi possono attuare. Ad esempio, investire in agricoltura con tecnologie e pratiche di gestione già note può consentire di conseguire sicurezza alimentare, salute e mitigazione del clima. Investire nell’istruzione dei bambini piccoli è un altro esempio: migliora il benessere umano, aumenta lo sviluppo economico e stabilizza la crescita della popolazione».
Il ruolo dei governi può e deve essere molto attivo in tutto questo. Perseguire le sei trasformazioni indicate nello studio richiederà infatti profondi e deliberati cambiamenti strutturali a lungo termine nell’uso delle risorse naturali, nelle infrastrutture, nelle istituzioni, nelle tecnologie e nelle relazioni sociali, che devono avvenire in un arco di tempo relativamente breve. Le trasformazioni sociali precedenti, come l’industrializzazione nell’Europa del XIX secolo, erano state avviate da cambiamenti tecnologici – un esempio su tutti, il motore a vapore – ed erano in gran parte non dirette, mentre le tecnologie del XX secolo come i semiconduttori, Internet e i sistemi di Gps sono state promosse attraverso l’innovazione diretta dalla mano pubblica, come documenta la Mazzucato nel suo ormai celebre Lo Stato innovatore. Una sfida che oggi si ripropone ancora più urgente: gli autori dello studio sottolineano infatti che è fondamentale che le trasformazioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità siano formalmente dirette dalla mano pubblica, al fine di raggiungere obiettivi quantitativi limitati nel tempo come le emissioni di carbonio nette zero entro la metà del secolo indicate dall’Accordo di Parigi.
«Le sei trasformazioni indicate in questo documento hanno l’obiettivo finale di migliorare la prosperità umana e ridurre le disuguaglianze. Questo ovviamente non è facile. In effetti – sottolinea Rockström – è il più grande sforzo umano di tutti i tempi. La scienza è qui per fornire ai governi un quadro basato sui fatti. Se la leadership politica non riuscisse ad agire, tuttavia, ci troveremmo ad affrontare rischi senza precedenti per la stabilità delle società e per il nostro sistema terrestre». Nel suo piccolo, anche il Governo italiano è dunque chiamato a svolgere il proprio ruolo.