Plastica: quando il riciclo costa di più (o non è possibile) l’unica alternativa è l’eco-design
L’adozione di una strategia ad hoc porterebbe ad un aumento di valore pari a circa 2-3 miliardi di dollari all’anno nei paesi Ocse
[2 Maggio 2017]
Il piano di azione The NPE: Catalysing Action rappresenta la roadmap del programma The New Plastics Economy (NPE), pubblicato dalla Ellen MacArthur Foundation e sostenuto da oltre quaranta soggetti prevalentemente industriali, è stato lanciato un anno fa per aumentare i tassi di riciclo e introdurre nuovi modelli circolari nell’utilizzo del packaging in plastica. In particolare, la terza strategia dedicata al riciclo del piano “The New Plastics Economy: Catalysing action” delinea come attraverso un maggiore impegno e sforzi concertati mirati alla progettazione del packaging e ai sistemi post consumo si possa arrivare a rendere il riciclaggio un’importante opportunità economica per almeno il 50% del packaging in plastica. Per contribuire al raggiungimento di questo obiettivo e rinforzare l’appeal economico del riciclo rispetto a discariche ed inceneritori il programma The NPE sta lavorando all’implementazione di standard di riferimento per il design del packaging e dei processi di gestione post consumo delle plastiche normate da un Protocollo globale.
Dopo aver visto in cosa consiste la prima strategia basta sulla riprogettazione radicale del 30% in peso di quel packaging che attualmente non può essere né riutilizzato, né riciclato, la seconda strategia basata sul riuso che può proficuamente interessare il 20% del packaging in plastica passiamo adesso alla terza strategia dedicata al riciclo.
La strategia dedicata al riciclo del piano The New Plastics Economy: Catalysing action analizza quali siano le principali barriere progettuali del packaging – oltre a quelle già affrontate con la strategia della riprogettazione – che impediscono un efficace riciclo dal punto di vista ambientale ed economico creando problemi durante le fasi di selezione e riciclo. In alcuni casi gli effetti negativi causati da una progettazione del packaging che non è sistemica si presentano anche nella fase post riciclo andando ad impattare il mercato degli aggregati riciclati, come documenta l’allarme recentemente lanciato da Plastic Recyclers Europe, l’associazione europea dei riciclatori.
Come andremo a vedere è la progettazione del packaging che ne determina il grado di riciclabilità attraverso le scelte che riguardano il polimero (imballaggio monomaterico o polimaterico), gli additivi, i coloranti, gli adesivi, gli inchiostri e le etichette. Sono le possibili combinazioni tra questi elementi che determinano le caratteristiche finali e l’impatto del packaging. Non è sufficiente utilizzare un polimero potenzialmente di alto valore post consumo come il PET o HDPE (polietilene ad alta densità) se poi non si seguono le linee guida per l’eco-design degli imballaggi. Ma non basta perché nella fase di progettazione (sistemica) di un imballaggio è altrettanto importante tenere conto del sistema post consumo (raccolta-selezione-riciclo) esistente che lo accoglierà a fine vita.
Purtroppo, ad oggi, avviene esattamente l’opposto, con il risultato che anche imballaggi tecnicamente riciclabili o compostabili (ad esempio il PLA) non vengono riciclati, oppure vengono riciclati in misura molto limitata rispetto alle quantità immesse al consumo. È questo il caso del Tetra Pak che dispone di due unici impianti in tutta Italia in grado di riciclarlo. Contrariamente a quanto avviene in altri paesi, in Italia non esiste un dibattito pubblico e neanche dati e informazione accessibile su quali e quanti siano gli imballaggi “problematici” ai fini del riciclo (di qualunque materiale) che poi finiscono per lo più termovalorizzati. Al contrario in Francia persino il ministro all’Ambiente Ségolène Royal, sollecitata da una specifica campagna condotta da Zero Waste France, è intervenuta nel dibattito lo scorso febbraio e ha proposto di penalizzare le bottiglie del latte in PET opacizzato in fase di applicazione del contributo ambientale.
Riciclo per almeno il 50% degli imballaggi
L’economia del riciclo nel suo complesso vive uno stato di incertezza e fragilità per un insieme di condizioni fotografate nel corposo rapporto The New Plastics Economy frutto del lavoro collaborativo di tutti i portatori di interesse della filiera del consumo del packaging. La bassa performance di riciclo del 14% a livello globale riflette le sfide economiche che il riciclo della plastica incontra un po’ in tutto il mondo; trattandosi di dover gestire una vasta gamma di imballaggi con polimeri e formati diversi all’interno di sistemi di gestione post consumo che sono spesso frammentati, quando non sottosviluppati.
Succede infatti che, anche nel caso di imballaggi che hanno un alto valore post consumo come le bottiglie in PET per bevande, i costi riferiti alla raccolta, selezione e riciclaggio, superino i ricavi generati. In Italia il cosiddetto deficit di catena che caratterizza gli imballaggi gestiti dal consorzio Corepla si aggira intorno ai 200 euro a tonnellata per le plastiche/imballaggi di maggior valore (bottiglie e flaconi), e oltre 500 euro per quelle di basso valore come le plastiche miste (tutto il resto del packaging).
Le stime indicano che in Europa i costi dovuti per l’avvio a riciclo degli imballaggi di plastica provochino un costo aggiuntivo di circa 170-250 dollari per tonnellata raccolta rispetto ad una loro gestione con il rifiuto indifferenziato. Questa stima però non tiene conto dei benefici ambientali e socio-economici che il riciclo delle materie plastiche apporta con un incremento occupazionale ed una riduzione delle esternalità negative associate alle emissioni di gas serra, agli impatti sul suolo, biodiversità e qualità dell’aria.
Ad esempio, una tonnellata di plastica raccolta ed effettivamente riciclata si stima eviti l’emissione di una tonnellata di anidride carbonica rispetto ad un’opzione di fine vita che preveda un mix (50%+50%) tra discarica e incenerimento con recupero di energia. Così, complessivamente, una tonnellata di materia plastica raccolta e avviata a riciclaggio rappresenta un risparmio di costi per la società pari ad oltre 100 dollari. L’attuazione della strategia per il riciclo del piano che vedremo sulla base di esempi concreti potrebbe portare – per ogni tonnellata di plastiche da raccolta differenziata – ad un aumento di valore pari a circa 190-290 dollari, o a 2-3 miliardi di dollari all’anno nei paesi OCSE.
Tuttavia, anche se la redditività media ne guadagnerà positivamente, continueranno a sussistere delle barriere tecnologiche ed economiche nella gestione post consumo di particolari tipologie di imballaggio come quello flessibile.
Considerando la fragilità strutturale del mercato del riciclo è necessario mettere in campo politiche e misure a supporto della domanda di plastica ed altre azioni di sostegno economico al settore per poter innescare degli effetti positivi nel breve termine. Tra le misure legislative o di altra natura, incentivanti e disincentivanti, il piano indica: obiettivi vincolanti di riciclo, tassazioni o divieti per conferimento in discarica o incenerimento delle plastiche, tasse sul consumo di risorse o sulle emissioni di carbonio, schemi di responsabilità estesa del produttore a supporto dei sistemi che gestiscono la fase di post consumo degli imballaggi, sistemi di deposito su cauzione ed altri.
Secondo gli autori la fragilità del sistema attuale è determinata da un insieme di fattori. Al primo posto c’è la minaccia rappresentata dalla frenetica e inarrestabile differenziazione verso nuovi materiali e formati che contraddistingue il mercato del packaging. Se per alcune tipologie di packaging ne sono derivati importanti benefici funzionali, i costi complessivi di gestione degli imballaggi sono aumentati e il loro valore post consumo è diminuito. Inoltre, come anticipato, la frammentazione che spesso caratterizza l’intero sistema di raccolta e selezione impedisce economie di scala e un approvvigionamento costante di flusso di materiali di alta qualità per i riciclatori. Infine, a complicare ulteriormente il quadro, che ha causato la chiusura di diversi impianti di riciclo negli Usa così come in Europa, si inserisce la volatilità dei prezzi di mercato. Tra il 2012 e il 2015 si è infatti verificato un calo dei prezzi per molti tipi di plastica, sia vergine che riciclata, e in particolare per il PET con il prezzo del riciclato sceso del 30 – 40%.
L’importanza dell’eco-design
Lo studio ha stimato, sulla base di elaborazioni da dati provenienti da varie fonti internazionali che è possibile arrivare ad aumento di valore pari a circa 190-290 dollari, o a 2-3 miliardi di dollari all’anno nei paesi OCSE per ogni tonnellata di plastiche raccolte.
Il design del packaging, come già introdotto, ha un diretto e significativo impatto sui costi di raccolta, selezione e riciclo. La scelta dei materiali, colori, formati e altri componenti del design determinano se uno specifico imballaggio avrà un valore post consumo (e di quanto), se verrà riciclato, o se invece arrecherà costi aggiuntivi di smaltimento. Gli imballaggi non riciclabili che entrano nel flusso del riciclaggio causano un costo aggiuntivo netto che può arrivare sino 300-350 dollari per tonnellata raccolta rispetto ad imballaggi che sono facilmente riciclabili.
Ad esempio le bottiglie in PET opaco incontrano un bassissima riciclabilità rispetto alle bottiglie trasparenti. Nella sola Francia ne vengono vendute circa 5.000-6.000 tonnellate, con una stima di 1-2 milioni di dollari all’anno di costi evitabili causati al sistema di riciclaggio francese. È molto probabile che queste stime siano applicabili alla realtà italiana.
Il piano identifica quattro aree di intervento progettuale possibile – progettazione del contenitore, scelta del polimero, scelta del pigmento, scelta dell’addittivo, tutte approfondite a questo link – che possono innescare un impatto positivo sull’economia del riciclo quantificabile in 90-140 dollari per tonnellata raccolta.
di Silvia Ricci, associazione Comuni virtuosi