Snpa, l’emergenza coronavirus mette in (ulteriore) crisi la gestione rifiuti: mancano gli impianti
«Le problematiche sono prevalentemente legate ad una carenza di possibili destinazioni per specifiche tipologie di rifiuti e a difficoltà organizzative e logistiche»
[26 Marzo 2020]
Mai come in questi giorni la gestione dei rifiuti che produciamo in Italia – oltre 170 milioni di tonnellate, tra urbani e speciali – si riscopre un servizio essenziale alla cittadinanza: gli oltre 90.000 addetti delle imprese di settore continuano ad essere in prima fila nonostante l’epidemia da coronavirus in corso, e sono anzi chiamati a uno sforzo ulteriore: presso le strutture ospedaliere sono le attività sono arrivate a triplicarsi, a causa dell’enorme incremento nella produzione di rifiuti nei nosocomi e – dopo le disposizioni arrivate dall’Istituto superiore della sanità – per la necessità di gestire diversamente i rifiuti prodotti nelle abitazioni dove soggiornano soggetti positivi al tampone in isolamento o in quarantena obbligatoria.
A fare il punto della situazione è direttamente il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), che ha diramato le prime indicazioni generali per la gestione dei rifiuti in questa fase d’emergenza. Un’emergenza che, purtroppo, va a sovrapporsi a quella permanente che grava sul comparto: sul territorio nazionale, costellato da sindromi Nimby e Nimto, non ci sono abbastanza impianti per gestire in sicurezza, secondo logica di sostenibilità e prossimità, tutti i rifiuti che produciamo. Una lacuna che adesso pesa doppiamente.
«L’emergenza sanitaria nazionale connessa all’infezione da virus SARS-Cov-2 – sottolinea il Snpa – sta determinando problematiche nel settore dei rifiuti, in particolar modo nel ciclo di gestione dei rifiuti urbani, dei fanghi generati dal trattamento delle acque reflue, nonché per i rifiuti prodotti dagli impianti produttivi. Le problematiche sono prevalentemente legate ad una carenza di possibili destinazioni per specifiche tipologie di rifiuti, attualmente non gestite sul territorio nazionale per l’assenza di una specifica dotazione impiantistica e, nel caso dei rifiuti urbani, a difficoltà organizzative e logistiche», data la mancanza di impianti di prossimità in molte aree del Paese e soprattutto al sud.
Pur in questo contesto «la raccolta e la gestione dei rifiuti urbani e speciali di cui all’art. 183 lettere n) e o) del decreto legislativo 3 aprile, n. 152 devono essere garantite, in quanto servizi pubblici essenziali». I rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata sono avviati alle consuete modalità di gestione, ma chi è positivo al tampone o in quarantena obbligatoria in questa fase non deve fare la raccolta differenziata: i rifiuti che produce vanno conferiti tutti nell’indifferenziato, per poi essere «prioritariamente avviati a incenerimento senza alcun trattamento preliminare»; negli impianti Tmb che possano garantire l’igienizzazione del rifiuto; agli impianti di sterilizzazione o direttamente in discarica senza alcun trattamento preliminare (previo eventuale inserimento in big-bags).
Per prevenire eventuali criticità nel sistema di raccolta e gestione dei rifiuti, tra gli interventi proposti dal Snpa spiccano quelli per «incrementare la capacità di stoccaggio e deposito temporaneo sul territorio nazionale», per «garantire il prioritario avvio ad incenerimento dei rifiuti sanitari a rischio infettivo, dei rifiuti urbani indifferenziati provenienti dalle abitazioni in cui sono presenti soggetti positivi al tampone o in quarantena obbligatoria» e per «garantire lo smaltimento in discarica dei flussi dei rifiuti per i quali dovessero presentarsi difficoltà di destinazione». Per tutto questo, però, occorre una dotazione impiantistica adeguata: un tema, che in tempo di pace, non dovrà essere dimenticato ancora.