Le disposizioni per l’emergenza Covid hanno tagliato le emissioni di NO2

Inquinamento atmosferico, ecco che aria si respira in Toscana

Ozono, particolato e biossido di azoto le principali criticità ancora aperte, ma complessivamente Arpat mostra «una situazione positiva per la qualità dell’aria»

[31 Agosto 2021]

La pandemia Covid-19, con le restrizioni sociali imposte per contenere il contagio, ha inciso sulla qualità dell’aria (anche) in Toscana: principalmente i suoi effetti si misurano sull’inquinamento da biossido di azoto, come documenta l’ultima Relazione annuale sullo stato della qualità dell’aria pubblicata dall’Arpat, e forse sui livelli di ozono troposferico.

Indipendentemente dai temporanei effetti legati alla pandemia, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) documenta «una situazione positiva per la qualità dell’aria nel 2020».

La criticità più evidente è quella nei confronti dei rispetto dei valori obiettivo per l’ozono, nonostante i valori «piuttosto buoni» registrati nel 2020; anche qui Covid-19 potrebbe averci messo lo zampino. Come documenta uno studio appena pubblicato dai ricercatori Cnr, che dall’osservatorio del Monte Cimone nel 2020 hanno rilevato i valori più bassi di O3 dal 1996, il dato potrebbe essere legato alla riduzione di emissioni di inquinanti legati ai lockdown.

Le altre criticità per la qualità dell’aria toscana riguardano Pm10 ed biossido di azoto per i quali, nonostante il miglioramento degli ultimi anni e confermato nel 2020, ci sono ancora dei siti per i quali il rispetto dei limiti non è ancora stato raggiunto.

Più nel dettaglio, l’Arpat informa che per il particolato Pm10 il limite massimo di 35 giorni di superamento del valore medio giornaliero di 50 μg/m3 è stato rispettato in tutti i siti, tranne la stazione di fondo LU-Capannori; il quadro peggiora però prendendo come riferimento il valore guida indicato dall’Oms (media annua di concentrazione di 20 µg/m3), dato che in questo caso nelle 10 stazioni di traffico è stata registrata una media superiore al valore guida nell’80% dei casi, mentre nelle 24 stazioni di fondo la media è stata superiore nel 42% dei casi circa.

Altrettanto problematico il particolato Pm2.5: il limite normativo di 25 μg/m3 come media annuale è stato rispettato in tutte le stazioni della rete regionale, ma solo due stazioni di fondo (entrambe della zona costiera) hanno registrato una media annuale inferiore al limite ben più restrittivo indicato dall’Oms (10 µg/m3).

I parametri del biossido d’azoto mostrano le correlazioni più chiari con la pandemia, dato che «nella maggior parte delle stazioni e in modo differenziato in funzione della zona è stata osservata una diminuzione del valore della media annua (da 0 a -64%) in conseguenza degli effetti delle disposizioni per l’emergenza Covid-19». Più in generale, il valore limite di 40 μg/m3 come media annuale è stato rispettato in tutte le stazioni eccetto presso la stazione di traffico FI-Gramsci, mentre il limite massimo di 18 superamenti della media oraria di 200 μg/m3 è stato rispettato in tutte le stazioni. E in questo caso i valori di riferimento suggeriti dall’Oms coincidono con i limiti della normativa vigente.

Non destano particolare preoccupazione neanche i valori del monossido di carbonio, del biossido di zolfo e del benzene: per tutti e tre gli inquinanti, il monitoraggio Arpat relativo al 2020 «ha confermato l’assenza di criticità alcuna ed il pieno rispetto dei valori limite».

Più sfumato, infine, il quadro relativo all’idrogeno solforato: «In mancanza di riferimenti normativi, ci si riferisce unicamente al valore guida indicato dall’Oms per la protezione della salute, che è pari ad una media giornaliera di 150 μg/m3 e che è stato ampiamente rispettato in entrambi i siti di monitoraggio. Le concentrazioni che caratterizzano i due siti sono sostanzialmente differenti con i valori registrati presso il sito di Pomarance nettamente superiori al sito di Santa Croce», concludono dall’Arpat.