Una storia da romanzo e un’iniezione di fiducia
Un Gufo a Livorno: il primo radar italiano parlava in vernacolo
[4 Marzo 2014]
Ha segnato una svolta nella tecnologia moderna, aprendo nuovi orizzonti per le navi di tutto il mondo per poi estendersi nei più svariati campi d’azione: stiamo parlando del radar, e non ci stupiamo se l’apparecchio risponderà in vernacolo. Il primo sistema di radar italiano è infatti nato a Livorno, città di navigatori per eccellenza, anche se la mostra che ne ripercorre le origini non sarà ospitata dalla città labronica ma dalla dirimpettaia Pisa.
La mostra “Il radar: una storia italiana” ripercorre una storia che si scopre da romanzo, oltre che da libri di scienza. Come ricorda l’università di Pisa, nel 1996 a Livorno, Paolo e Roberto Tiberio, figli di Ugo Tiberio – ingegnere e ufficiale della Regia Marina, nato a Campobasso ma distaccato presso l’Istituto di Radiocomunicazioni della Marina Militare a Livorno – ritrovano in vecchio baule di famiglia un manoscritto del padre del 1936, in cui si anticipano molti delle basi concettuali e delle soluzioni tecniche dei futuri radar, in particolare del primo radar italiano, il “Gufo”.
Il racconto del “manoscritto ritrovato” può essere letto come un flash-back che ci riporta agli anni ’30 del secolo scorso e, prima ancora, agli inizi del secolo, a pochi anni dall’invenzione della radio da parte di Guglielmo Marconi. La mostra è un percorso che da quegli anni si sviluppa fino ad oggi.
Destano ammirazione i risultati scientifici e tecnologici conseguiti da Ugo Tiberio insieme all’indispensabile aiuto di Nello Carrara, il padre delle microonde, anche lui di stanza a Livorno: due isolati pionieri della ricerca sul radar in Italia, mentre su questo tema all’estero si confrontavano folti gruppi di scienziati, sostenuti da cospicui supporti economici.
Ugo Tiberio e Nello Carrara, realizzando con successo il primo radar, ne hanno posto le basi teoriche e formulato il modello di calcolo della portata. La nascita del radar è una storia toscana, che si svolge principalmente a Livorno, dove Tiberio e Carrara operarono negli anni ’30 del secolo scorso, e a Pisa e Firenze, dove la loro scuola ha prodotto allievi e risultati che hanno tutt’oggi un posto di primo piano nel panorama scientifico e tecnologico. La mostra – che prende il via domani, alle ore 11 nella sede del Comune di Pisa, insieme alla parallela esposizione “100 Anni di Ingegneria a Pisa” – ripercorre la storia e il progresso scientifico legati a questo strumento, mostrando il grande impatto nello sviluppo industriale che le ricerche sul radar hanno avuto nel nostro Paese. Un’occasione in più per riscoprire quanto l’Italia sia stata da sempre in grado di fare, e una testimonianza di come quelle energie siano ancora latenti.
Da ultimo l’alba del giorno dopo la notte degli Oscar è stata in questo senso di quelle rivelatrici. Ha aiutato a capire per quanti italiani sia oggi difficile poter essere orgogliosi del Paese bello per eccellenza, nonostante tutto. L’eco mediatica che si è scatenata attorno a una statuetta (placcata) d’oro alta 35 centimetri, conquistata da un apprezzatissimo film, è però lì a dimostrare quanto basti poco per ridare fiducia – foss’anche solo passeggera – a un popolo, che di trofei da alzare nella sua lunga storia ne avuti forse più di ogni altro al mondo, spaziando dalle arti alle scienze. E non solo millenni fa: avere un radar che individui e rilanci ogni giorno questi successi darebbe certo un’iniezione di fiducia in sé stessi agli italiani ben più di quanto possano fare gli asettici ed effimeri dati sullo spread.