Il Gallo nero becca il Pit della Toscana
[28 Agosto 2014]
Il Consorzio del Chianti classico, del Gallo nero, cioè i viticoltori, battono un colpo in merito al PIT. E che colpo, dato atto della reazione ad adiuvandum dell’assessore all’Agricoltura della Regione. Se sussiste questa reazione, qualche problema in merito al PIT deve allora esserci.
Il “Consorzio” non è una lobby qualsiasi, non è una lobby del cemento, rappresenta imprese che danno lavoro e soprattutto che esportano in percentuali significative il prodotto.
Come dire che siamo di fronte ad un “asset” regionale (la viticoltura interessa tutta la Regione, non solo il Chianti) e quindi questa presa di posizione non può essere liquidata facilmente.
II fatto che una critica così intensa provenga da una categoria produttiva, induce però una riflessione che appare necessaria e forse urgente. Si è detto che il paesaggio è il biglietto da visita, il brand, della Toscana. E’ vero e nessuno forse mette in dubbio questa asserzione che però deve essere contestualizzata.
Cioè, la tutela, la valorizzazione del brand, non può prescindere dalle esigenze concrete dell’attualità dell’economia, della società. Altrimenti potremo anche godere belle vedute, ma probabilmente anche con meno occupati e meno ricchezza, fatto salvo il piacere di chi magari ha una bel “buon ritiro” sulla costa o su un’isola, in val d’Orcia o nel Chianti.
Una sola cosa dovrebbe farci riflettere. Abbiamo sempre magnificato il bel paesaggio rurale toscano che poi è nell’immaginario di tutti, quello della mezzadria, ma non possiamo non ricordare quali rapporti sociali ed economici erano i fattori determinanti di quella costruzione, quale povertà si scontava nella famiglia mezzadrile.
Quindi, si potrebbe anche dire che la presa di posizione del “Consorzio” chiama in superficie un problema, forse tipico prodotto dei tempi che viviamo, quelli sostanzialmente connotati da una decadenza della politica e dei partiti, quello ove le attività amministrative sembrano concretizzarsi in assenza di referenti politici e sociali. E, interrogarsi, confrontarsi, forse non è un esercizio inutile.
di Mauro Parigi
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