Da governo e non solo una sfilza di provvedimenti di retroguardia
A passo di gambero: l’Italia plaude alla Cop21, ma arrivano retromarce sulla green economy
Ferrante: «Almeno un soprassalto di consapevolezza dopo Parigi sarebbe lecito reclamarlo»
Tra il dire il fare c’è di mezzo il mare. Tra le dichiarazioni della Cop21 e le scelte politiche concrete in questo Paese sembra esserci un oceano. A Parigi si firma un accordo che pur con tutta la prudenza e con le critiche che si possono fare alla vaghezza degli strumenti previsti, segna un punto di discontinuità perché come ha detto il direttore esecutivo di Greenpeace International «mette i combustibili fossili dalla parte sbagliata della storia».
E in Italia invece si susseguono scelte tutte contro le rinnovabili, l’efficienza, l’economia circolare. Spiace dovere fare l’elenco delle brutture cui abbiamo dovuto assistere nelle ultime settimane, proprio a cavallo di Parigi.
Cominciamo con il decreto del governo che dovrebbe prevedere gli incentivi per le rinnovabili non fotovoltaiche. È un decreto ponte che sarebbe dovuto uscire un anno fa e accompagnare le rinnovabili sino al 2017, quando dovrà entrare in vigore un sistema tutto nuovo. Un ritardo insopportabile che lascia gli operatori in un’incertezza insostenibile ha fatto sì che questo decreto fosse inviato a Bruxelles (per un indispensabile ok da parte Ue) solo da pochi giorni fa, e quindi non è possibile che il decreto venga emanato prima di gennaio 2016: considerando che da una parte ci vorrà un anno perché quegli incentivi entrino in vigore e tra un anno invece si dovrebbe di nuovo cambiare tutto, è legittimo che quegli operatori ritengano cialtrone un governo che si comporta così. Se poi si guarda ai contenuti di quel decreto ci sono solo tagli (indiscriminati) e senza tanti criteri a tutte le rinnovabili. Tranne salvare le solite lobby. Per cui si prevedono generosi incentivi per la conversione degli ex-zuccherifici e si arriva al paradosso che una “solita manina” nel passaggio in Conferenza Stato Regioni reinserisce gli incentivi per gli inceneritori (peraltro più alti di quelli previsti per vere rinnovabili quali eolico e biogas).
Nel frattempo l’Autorità delibera una riforma delle tariffe che, spostando gli oneri dalla parte variabile a quella fissa, di fatto scoraggia l’autoconsumo. E questo nonostante le proteste di tutti gli operatorim sostenuti dai presidenti delle commissioni Ambiente di Camera e Senato. Ma se ormai tutti condividono che il fotovoltaico – ad esempio – non abbia più incentivi se se ne scoraggia anche l’impiego in autoconsumo non è proprio comprensibile come si possa pensare di raggiungere gli obiettivi dichiarati a Parigi che necessariamente richiedono un aumento di ricorso alle rinnovabili.
Ma non finisce qui: il Gse in queste settimane si sta distinguendo per le scelte sui titoli di efficienza energetica che sostanzialmente intervengono in maniera retroattiva non riconoscendo (non si capisce su quali basi) operazioni già realizzate che in alcuni casi avevano persino avuto benestare preventivo dall’Enea o dallo stesso Gse, gettando nella disperazione Esco (serie), agricoltori che avevano investito in serre, imprese. Peraltro se questo è l’annuncio di ciò che ci riserverà la riforma dei titoli prevista per la primavera, dovremo aspettarci una grave battuta d’arresto anche sull’efficienza (e non è possibile limitarsi al pur ottimo provvedimento dell’ecobonus in edilizia).
Intanto il ministero dell’Ambiente (che su rinnovabili ed efficienza esprime silenzio assordante) fa circolare una bozza di decreto attuativo del famigerato articolo 35 dello Sblocca Italia in cui si prevedono 9 (nove) nuovi inceneritori con taglie che variano dalle 100.000 alle 350.000 tonnellate/anno – uno ciascuno in Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna e due in Sicilia –, si immagina con gli incentivi previsti nel decreto “rinnovabili” (sic!), sulla base di calcoli di fabbisogno che sembrano fatti negli anni ’90. Alla faccia dell’economia circolare!
E in quest’attacco (concentrico) che succede nella notte del solito assalto alla diligenza alla legge di stabilità alla Camera? Che la lobby delle biomasse (importate) ottiene una proroga degli incentivi per i suoi vecchi impianti (ampiamente ammortizzati) con il governo rappresentato dal solitamente “occhiuto” Morando che da parere favorevole. Poco importa se questo “regalo” andrà a pesare sulle bollette di famiglie e imprese e metterà a repentaglio le somme che dovrebbero essere destinate alle “vere” rinnovabili. Basta far contente le lobby, come quando lo stesso governo tiene impropriamente alta l’Iva sui pellet per favorire l’uso di combustibili fossili.
Insomma, un disastro in un Paese il cui governo che appare privo di qualsiasi strategia energetica che non sia quella di accompagnare la politica estera dell’Eni. Il 2 gennaio del 2015 il premier annunciò il green act, che si è poi inabissato e che forse non vedrà mai la luce. Non chiediamo tanto ma almeno un soprassalto di consapevolezza dopo Parigi sarebbe lecito reclamarlo.