Una proposta unitaria al Governo da Utilitalia, Confindustria, Assoambiente, Cgil, Cisl, Uil
Dai rifiuti un contributo all’economia circolare, grazie a 10 miliardi di euro in 5 anni
In Italia mancano impianti, le norme sono troppo complesse e ci sono differenze abissali fra il sud ed il nord del Paese: serve una strategia di modernizzazione del settore, in grado di portare lavoro e scongiurare le emergenze sempre dietro l'angolo
[10 Luglio 2020]
Nella discussione sul Piano nazionale di rilancio economico arriva una proposta forte sui rifiuti. Le principali associazioni di impresa italiane (Utilitalia, Confindustria e Assoambiente) e le principali organizzazione sindacali (Cgil, Cisl e Uil) hanno firmato un documento congiunto indirizzato al Governo e al Parlamento, intitolato “Dai rifiuti, un contributo all’economia circolare”.
Un documento unitario, quindi, che condivide analisi e proposte e mette insieme le idee delle imprese e dei lavoratori, questa la prima novità e la forza del documento.
L’analisi: in Italia mancano impianti, le norme sono troppo complesse e ci sono differenze abissali fra il sud ed il nord del Paese. La soluzione: serve una strategia di modernizzazione del settore, una politica industriale che rafforzi il comparto, un piano di investimenti in impianti stimato in 10 miliardi di euro in 5 anni.
L’Italia rappresenta un paradosso: è uno dei più importanti distretti industriali del riciclo del mondo, ma presenta enormi criticità nella gestione degli scarti e dei rifiuti non riciclabili. Mancano impianti di recupero energetico, le discariche stanno esaurendosi, non ne abbiamo in numero sufficiente per i rifiuti pericolosi. Inoltre mancano piattaforme per il riciclo e impianti di digestione anaerobica e compostaggio, specie al centro-sud.
Conseguenza di questa situazione è che importiamo rottami di ferro ed esportiamo rifiuti da termovalorizzare e rifiuti pericolosi, sia urbani che speciali. Il sistema è in equilibrio precario, aumentano gli stoccaggi e l’emergenza rifiuti è dietro l’angolo ogni giorno, come testimoniano i molti incendi e l’enorme quantità di rifiuti trasportati da una regione all’altra.
La novità: le aziende e i sindacati lanciano un appello al Governo. Inserire gli investimenti nel settore dei rifiuti nel piano di rilancio economico del paese, puntando anche ad usare le risorse europee, per gli obiettivi di economia circolare previsti dalle direttive europee e dalla legge di recepimento nazionale che fra poche settimane entrerà in vigore.
Una proposta che tende a raggiungere obiettivi ambientali (riciclo, meno discarica) ma anche a generare valore aggiunto, ricchezza e posti di lavoro stabili e qualificati. Investimenti ed innovazione per un settore centrale nelle politiche green, ma spesso dimenticato. Una scelta urgente già negli anni scorsi, ma che diventa indispensabile dopo la crisi Covid-19.
Servono nuovi impianti di termovalorizzazione, ampliamenti di discarica, impianti di digestione anaerobica, piattaforme di riciclo, stoccaggi. Superato ogni tabù ideologico sulle scelte tecnologiche, in particolare per realizzare termovalorizzatori, aziende e sindacati chiedono che si facciano gli impianti che servono, tutti i tipi di impianto.Ma non basterà fare impianti. Occorre una regolazione moderna di un sistema complesso.
Non a caso aziende e sindacati propongono al Governo una strategia nazionale chiara ma anche una cabina di regia istituzionale (all’interno della governance del Green New Deal).
Per promuovere il mercato del riciclo occorrono regole semplici (end of waste), competenze chiare, semplificazione, ma anche strumenti economici nuovi, incentivi e disincentivi, una regolazione efficace a livello nazionale e locale. Deve funzionare meglio la responsabilità estesa del produttore e il green public procurement. Tutte cose che devono vedere il coordinamento del Governo attraverso il Mattm, il Mise e il Me), del Gse, di Arera, delle Regioni, accanto alle rappresentanze di imprese e lavoratori. Un’alleanza inedita ma efficace.
Le imprese vogliono crescere e vedono nell’economia circolare un’opportunità industriale. I sindacati vedono la possibilità di migliorare la qualità del lavoro (con l’innovazione e la limitazione del lavoro manuale), la riduzione dei rischi ed il miglioramento della sicurezza, ma vogliono anche generare nuova occupazione, specie per le nuove generazioni. Servono azioni ed investimenti rapidi, serve un programma nazionale di medio lungo periodo, ma servono anche accordi locali e regionali, sviluppando modelli di impresa a livello territoriale che esaltino le specificità e le caratteristiche locali.
Insomma una proposta forte, che il Governo non può non ascoltare.
di Alfredo De Girolamo, presidente Confservizi Cispel Toscana