In Uganda spillover di virus tra specie diverse a causa della deforestazione selettiva
Gli esseri umani hanno estinto le palme e scimpanzé, scimmie e antilopi ora mangiano guano di pipistrello che contiene virus simili a quello del Covid-19
[29 Aprile 2024]
Lo studio “Selective deforestation and exposure of African wildlife to bat-borne viruses”, pubblicato su Communications Biology da un team internazionale di ricercatori guidato da Pawel Fedurek e Caroline Asiimwe della Budongo Conservation Field Station – Uganda, ha gettato nuova luce sugli spillover di virus tra specie diverse che possono causare pandemie.
Fedurek, un ricercatore della Facoltà di scienze naturali dell’università britannica di Stirling ha scoperto in una foresta africana animali che mangiavano escrementi di pipistrello – il guano – dopo che una fonte di cibo chiave nella regione era scomparsa a seguito della deforestazione selettiva. L’analisi di laboratorio del guano di pipistrello ha identificato una serie di virus, tra cui un betacoronavirus correlato alla SARS-CoV-2, il virus che ha causato la pandemia di Covid-19. Non è noto se il betacoronavirus trovato nel guano sia trasmissibile agli esseri umani, ma fornisce un esempio di come nuove infezioni potrebbero superare le barriere tra le specie.
Lo studio ha preso il via quando Fedurek ha osservato degli scimpanzé selvatici consumare guano di pipistrello dalla cavità di un albero nella foresta di Budongo, in Uganda. Il ricercatore ha quindi installato delle telecamere che hanno registrato scimpanzé, scimmie e antilopi mentre mangiavano gli escrementi.
Il guano è diventato una fonte alternativa di minerali cruciali dopo che le palme che prima venivano consumate dai mammiferi sono state tagliate fono a portale all’estinzione. La palma veniva utilizzata dagli abitanti umani di Budongo per essiccare le foglie di tabacco che venivano poi vendute alle multinazionali.
All’università di Stirling ricordano che «Gli scienziati non comprendono ancora appieno le prime fasi della diffusione del virus, che può portare alla morte di decine di migliaia di persone, ma si ritiene che coinvolgano complesse catene causali che iniziano con l’alterazione dell’ambiente da parte degli esseri umani».
Fedurek ha sottolineato che «La nostra ricerca illustra come una piccola forma di deforestazione selettiva, guidata in ultima analisi da una domanda globale di tabacco, può esporre la fauna selvatica e, per estensione, gli esseri umani ai virus. residenti nel guano di pipistrello, aumentando il rischio di diffusione del virus. Studi come il nostro fanno luce sui fattori scatenanti e sui percorsi della trasmissione del virus sia dalla fauna selvatica alla fauna selvatica che dalla fauna selvatica all’uomo, migliorando in definitiva le nostre capacità di prevenire epidemie e pandemie in futuro. La maggior parte delle ricerche sulle epidemie e sulle pandemie si è concentrata sulla riduzione della diffusione del virus, trovando ad esempio un vaccino efficace, piuttosto che sulla prevenzione della trasmissione del virus da animale a uomo. Il nostro lavoro sottolinea l’importanza dello studio delle malattie l’ecologia prima che le malattie raggiungano l’uomo».
Dopo aver scoperto i mammiferi che mangiano il guano, Fedurek e la Asiimwe (allora coordinatrice della conservazione della Budongo Conservation Field Station) hanno coinvolto Tony Goldberg dell’università del Wisconsin-Madison, uno dei più famosi esperti mondiali in epidemiologia ed evoluzione delle malattie infettive, che ha identificato i virus nel guano in collaborazione con ricercatori che hanno quantificato il contenuto minerale del guano (Jessica Rothman dell’Hunter College della City University di New York) e stabilito la probabilità che il nuovo betacoronavirus infetti i le tre specie di mammiferi e gli esseri umani (Gregory Rice del Naval Medical Research Command Usa). A causa dell’entità e della complessità delle analisi di laboratorio necessariee, il completamento dell’intero progetto ha richiesto circa 6 anni.
Per Goldberg, «Il nostro studio collega la coltivazione del tabacco all’esposizione di almeno tre specie di fauna selvatica africana ai virus dei pipistrelli. Riteniamo che questo sia un esempio da manuale di come le nuove infezioni potrebbero superare le barriere delle specie ancor prima di raggiungere gli esseri umani. Questo è importante poiché le fasi iniziali dell’insorgenza di epidemie, epidemie e pandemie sono state particolarmente sfuggenti per la scienza. Potremmo esserci imbattuti in una serie di eventi che di solito sono nascosti alla vista di epidemiologi e funzionari della sanità pubblica. Il nostro studio potrebbe essere particolarmente rilevante per le origini delle malattie trasmesse dai pipistrelli come i coronavirus e, forse, l’Ebola. Si spera che la scoperta possa rendere possibile l’attuazione di interventi che spezzino questo tipo di catene causali, aiutando in definitiva a prevenire future pandemie».
La Asiimwe ha concluso: «Il nostro studio dimostra che le attività umane che alterano l’ambiente possono portare a conseguenze devastanti sulla salute sia della fauna selvatica che degli esseri umani e quindi dovremmo urgentemente imparare a utilizzare le risorse naturali in modo sostenibile. Sono necessari notevoli sforzi di ricerca anche per studiare come il degrado delle foreste e altre forme di attività umane possano influenzare il comportamento della fauna selvatica in modo da esporla insieme a gli esseri umani a virus pericolosi».