Il sogno dell’Europa si apre al futuro chiudendosi a riccio

Il Five Presidents' Report si concentra sul futuro dell’Uem, e la democrazia rimane indietro

[23 Giugno 2015]

Il grande progetto dell’Europa unita nelle sue diversità, che ha dato slancio al Vecchio continente per risollevarsi dalle miserie – materiali e morali – della II Guerra mondiale rappresenta ancora l’irrinunciabile orizzonte cui tendere. Tornare all’isolamento di piccoli stati nazionali significa autocondannarsi ad essere schiacciati dal peso di un mondo sempre più globale.

Il problema non sta dunque nel se, ma nel come: fiaccata da anni di crisi economica e scopertasi di nuovo scenario di crescenti disuguaglianze economiche e sociali, l’Europa di oggi sembra aver perso per strada l’eredità che gli è propria dalla Rivoluzione francese in poi. Uguaglianza, fraternità, libertà sono obiettivi da riconquistarsi giorno per giorno.

Viene dunque da chiedersi dove siano questi principi all’interno del Five Presidents’ Report reso noto ieri dalla Commissione europea. Lo scopo, nobile, è quello di dare nuova linfa a un progetto sempre più sfilacciato, come dimostrano l’ignominiosa gestione dell’arrivo e ripartizione dei migranti, la pluriennale crisi greca, l’aumento esponenziale di movimenti populisti o l’autodistruttiva insistenza su programmi d’austerità. La road map concretamente delineata dal documento solleva però più di una perplessità.

A partire dagli stati cui si rivolge, ovvero essenzialmente ai soli 19 all’interno del club euro, e al come. Il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker cita espressamente la necessità di misure «socialmente più eque e democraticamente legittimate», ma il documento presentato porta solo 5 firme: oltre a quella di Juncker sono presenti quella di Donald Tusk (presidente dell’Eurosummit, di Jeroen Dijsselbloem (Eurogruppo), Mario Draghi (Bce) e Martin Schulz (Europarlamento). Di tali autorità, soltanto Schulz rappresenta un organo democraticamente eletto – il Parlamento europeo –, il che non pare garanzia sufficiente «legittimazione democratica» del presente documento. Si tratta certo di una prima bozza, ma i vizi d’origine rimangono.

Come a rimanere sono i dubbi sui contenuti. Il più importante progetto di riforma europea degli ultimi anni si concentra infatti unicamente sugli sviluppi dell’Unione economica e monetaria (Uem), e anche quando si parla di obiettivi sociali la terminologia è da agenzia di rating: «Voglio che l’Europa sia impegnata a diventare da tripla A sui temi sociali – ha dichiarato il presidente Juncker – tanto quanto lo è quello nell’ottenere la tripla A in senso finanziario ed economico».

In questo contesto, pare quasi superfluo precisare che la sostenibilità ambientale come elemento-guida per un nuovo sviluppo, dell’Uem come dell’Ue, non è stata materia esaminata dai cinque nel documento. La speranza che possa rientrarvi rimane viva, sospinta dall’opinione pubblica dei cittadini europei; all’interno del dibattito, quale peso venga dato a quella dei cittadini italiani in particolare (e ai loro rappresentanti politici) rimane però un mistero. Un piccolo cameo: a ventiquattrore dalla pubblicazione (in inglese) del documento, vista l’importanza dello stesso è stata diffusa una presentazione tradotta in ben 19 lingue. Manca solo l’italiano.