Dal 2008 perso il 32% degli investimenti in costruzioni. Ma il mattone avanza
Neanche la crisi ferma il cemento, il Nulla italiano
Il ddl sul consumo di suolo è ancora fermo, da quando è stato presentato persi 25mila ettari
[6 Maggio 2015]
Nella regno di Fantàsia è il Nulla ad avanzare inesorabile, un non-luogo che sommerge con la sua ingombrante presenza tutto ciò che lo circonda; anche l’Italia ha la sua storia infinita, ed è quella del cemento. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’osservatorio congiunturale di Ance, il 2014 ha rappresentato il settimo anno consecutivo di crisi: «Dal 2008 il settore delle costruzioni ha perso il 32% degli investimenti pari a circa 64 miliardi di euro». Una picchiata impressionante, che è risultata tra l’altro decisiva nel cambiare il volto dell’Ance, ora tra i paladini più agguerriti delle ristrutturazioni, dell’efficienza energetica e delle piccole opere diffuse a tutela del territorio.
Ma nonostante uno scivolone così macroscopico, l’avanzata del cemento italiano non si arresta. Durante la presentazione del Rapporto Ispra sul consumo di suolo 2015, oggi a Milano, è stata presentata anche la prima “mappa italiana” sul consumo di suolo nazionale: l’Istituto, grazie alla nuova cartografia ad altissima risoluzione, ha potuto tracciare il perimetro della copertura artificiale dell’intera penisola scendendo nel dettaglio. E le notizie non sono delle migliori.
Tra il 2008 e il 2013 l’avanzata del cemento è effettivamente più lenta, ma prosegue comunque al ritmo di 6-7 metri quadrati al secondo (!). Oggi il 7% del suolo italiano è coperto dal cemento: una percentuale solo apparentemente ridotta, e che ammontava al 2,7% negli anni ’50 del secolo scorso.
Le zone predilette dalla cementificazione continuano a essere quelle costiere: è infatti lungo la fascia di costa che va dal mare a 300 metri nell’entroterra che le rilevazioni Ispra evidenziano un’impermeabilizzazione del suolo pari al 19,4%: un quinto di tutte le coste italiane.
Un’avanzata che ancora la politica non ha saputo o voluto fermare. «I drammatici dati del rapporto Ispra sul consumo di suolo, a partire dai cinquantacinque ettari persi ogni giorno, confermano – commenta dunque Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera – la necessità di fermare il consumo di suolo come una priorità per il Paese. Per contrastare la perdita di terreno libero è necessario anche favorire il recupero e la riqualificazione edilizia, come è stato fatto con il credito di imposta e l’ecobonus, e promuovere la rigenerazione urbana. Bisogna inoltre valutare le opere infrastrutturali sia in base alla loro utilità, che al loro impatto sui territori coinvolti. È da tempo in discussione alla Camera, alle Commissioni Ambiente e Agricoltura, un Ddl contro il consumo di suolo, il ministro Galletti mi ha assicurato che il dicastero dell’Ambiente procederà celermente a recuperare il ritardo nel dare i pareri sugli emendamenti depositati per poter consentire alla legge di procedere in tempi rapidi».
«E’ inaccettabile – gli fa eco Erasmo D’Angelis, Coordinatore della struttura di missione di Palazzo Chigi #italiasicura contro il dissesto idrogeologico – che in un Paese come il nostro si continui a cementificare senza che ci sia una pianificazione con vincoli di inedificabilità sulle aree esposte al rischio idrogeologico. E’ una via crucis il nostro giro dell’Italia dove franano pezzi di paesini montani e collinari dalla Sicilia alla Calabria dall’Emilia alla Liguria e spesso al Sud crollano villette e case costruite senza licenze edilizie o studi geologico del suolo. E’ un andazzo che può essere bloccato velocemente, a costo zero, anche con leggi regionali. Basta fare il copia e incolla con le norme in vigore in Puglia o in Toscana».
Ma il ddl in Parlamento è fermo. La speranza – al momento solo tale – è che si sblocchi presto il confronto politico sul tema, e che una volta approvata la legge venga applicata. Da quando il ddl è stato presentato per la prima volta nel dibattito istituzionale – nel febbraio 2014 – sono già passati 15 mesi: fanno quasi 25mila ettari di territorio lasciati inermi di fronte all’avanzata del Nulla.