Osservatorio europeo sulla sicurezza, oggi è l’ambiente a far più paura agli italiani
L’inquinamento è fonte di crescenti insicurezze nel nostro Paese, e il 67% degli intervistati ritiene che la protezione dell'ambiente dovrebbe avere la priorità sulla crescita economica. Lo sviluppo sostenibile resta sconosciuto
[26 Febbraio 2019]
La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza. Nonostante la dotta citazione arrivi nientemeno che dal maestro Jedi Yoda non si tratta solo di filosofia spicciola da Star Wars, ma di una tendenza sociale ormai visibilmente in atto in molti Paesi occidentali, e in Italia in particolare. Come documenta l’ultimo rapporto dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza, giunto all’undicesima edizione e realizzato da Demos & Pi insieme alla Fondazione Unipolis attraverso due sondaggi che hanno coinvolto migliaia di persone, gli anni della crisi economica «hanno generato negli italiani un preciso sentimento: la paura. Che è diventata uno dei tratti fondamentali del nostro tempo, alimentata dall’insorgere di un insieme di insicurezze di diversa natura».
Anziché provare ad affrontare e risolvere queste legittime insicurezze, una fetta rilevante della politica ha scelto di cavalcarle e alimentarle pur di raccogliere voti, come testimonia il segretario generale dell’Onu António Guterres aprendo il Consiglio dei diritti dell’uomo in corso a Ginevra: «L’odio è diventato ordinario, nelle democrazie liberali come nei sistemi autoritari. Alcuni partiti e leader politici fanno il copia incolla di idee provenienti dall’estremismo nella propria propaganda e nelle loro campagne elettorali». Un fenomeno di cui purtroppo l’Italia sta dando ampiamente prova.
Nel lavoro dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza si possono leggere però due sorprese. La prima è che il picco di insicurezza generato dalla grande crisi in Italia sarebbe ormai sorpassato, per lasciare però il posto a un non meno preoccupante «processo di graduale “normalizzazione” del quadro sociale»; non a caso il rapporto appena pubblicato è stato intitolato La banalità della paura. La seconda sorpresa sta nell’oggetto di questa paura: l’insicurezza legata alla criminalità risulta in calo dal 2012 (e del resto i dati in questo caso confermano le percezioni, testimoniando reati in picchiata), e neanche quella economica – seppur ben presente – è più al primo posto. La classifica della paura è infatti dominata da un tema emergente: l’ambiente.
L’insicurezza globale, che anche in quest’edizione del rapporto detiene il primato, è «alimentata soprattutto da timori di tipo ambientale: l’inquinamento (64%, 9 punti in più rispetto al 2017) e la distruzione dell’ambiente e della natura (60%). A seguire la sicurezza dei cibi che mangiamo (44%)» e solo dopo, ad ampia distanza, figurano la globalizzazione (36%) e gli atti terroristici (34%). Si tratta di un rilevazione coerente con quella elaborata a inizio anno da Ipsos e Istituto per gli studi di politica internazionale, che in questo caso si arricchisce di nuove sfumature.
«Come si è visto – argomenta il rapporto – le principali paure derivanti “dal mondo globale” sono quelle più strettamente connesse al deterioramento ambientale, in particolare alla problematica dell’inquinamento. Questo timore, molto probabilmente, porta circa il 70% degli italiani a sostenere che la protezione dell’ambiente dovrebbe avere la priorità, anche al costo di frenare la crescita economica. Percentuale che sale all’83% tra i giovani che mostrano una particolare sensibilità su questo versante (come testimoniato anche dall’Osservatorio giovani, ndr) e indicano come prioritarie le politiche a favore della protezione dell’ambiente, molto più degli anziani. Si registra una percentuale superiore alla media anche tra coloro che vivono nei grandi centri urbani con oltre 500 mila abitanti (76%)».
Si tratta di una positiva presa di coscienza, ma anche in questo caso il concreto rischio è quello di scivolare dalla paura all’odio (e dunque alla sofferenza) sull’onda di pulsioni elettorali – come sembra mostrare il dilagare del fenomeno Nimby, capitaneggiato proprio da enti pubblici e politica – anziché cercare soluzioni condivise a un problema reale. «Se da un lato si osserva una forte domanda di protezione ambientale, dall’altro – conferma il rapporto – il 78% degli intervistati dichiara di non essere informato sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile promossi dall’Onu da raggiungere entro il 2030. Obiettivi che sono orientati a coniugare crescita economica, tutela dell’ambiente e un maggior benessere sociale per le persone». Al contempo, anche se la maggior parte degli intervistati non conosce il programma dell’Onu sullo sviluppo sostenibile, l’84% si dichiara «comunque favorevole» a questi intenti.
Tra la distruzione dell’ambiente e la decrescita infelice la stretta via da percorrere resta quella dello sviluppo sostenibile, ma gli italiani mostrano di non avervi confidenza. Un dato di fatto che richiama alle proprie responsabilità la politica come il vasto mondo dell’informazione, indicando al contempo un’urgente via di redenzione: comunicare lo sviluppo sostenibile è oggi più importante che mai.