Papa Francesco, contro i cambiamenti climatici «il più grande nemico è l’ipocrisia»
[11 Settembre 2015]
Nella lotta ai cambiamenti climatici non sono i vincoli economici l’ostacolo più duro da superare, né quelli tecnologici. «Qui il più grande nemico è l’ipocrisia». Le parole sono di Papa Francesco, che ha tenuto oggi in Vaticano un’udienza dedicata al tema della crisi climatica, a chiusura del meeting internazionale “Giustizia ambientale e cambiamenti climatici – Verso Parigi 2015”, ricordando che «il clima è un bene comune, oggi gravemente minacciato: lo indicano fenomeni come i cambiamenti climatici, il riscaldamento globale e l’aumento degli eventi meteorologici estremi. Un tema la cui importanza e urgenza non possono essere esagerate».
Nonostante il Vaticano stesso possa e debba migliorare nelle azioni per una concreta via verso la sostenibilità, scevra da ipocrisie, la costante attività del Pontefice contribuisce con forza a una battaglia che da tempo aveva perso carica morale, e che si rinnoverà a fine novembre a Parigi per la Cop 21, un appuntamento essenziale dove la comunità internazionale dovrà rinnovare gli obiettivi da perseguire contro l’avanzamento del riscaldamento globale. Il più grande merito meeting appena conclusosi a Roma, promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, è stato forse quello di ricordare la complessità dell’intreccio che dovrà essere affrontato a Parigi, al centro del quale è stato posto il cambiamento climatico.
La partita in corso è quella della sostenibilità, che – per dirla con le parole dell’economista Tommaso Luzzati – è «associata alla parola ambiente, ma questa stretta interpretazione ambientale è fuorviante. La sostenibilità non riguarda l’ambiente. Riguarda la riproducibilità sociale ed economica. In questo contesto, l’ambiente ha un ruolo fondamentale, perché fornisce tantissimi servizi – i quali solitamente non vengono solitamente considerati». Non dev’essere solo il clima a preoccupare, dunque, ma la gestione delle risorse naturali e la tutela degli equilibri ecosistemici dai quali dipendiamo. La crisi in corso, ha sottolineato oggi Papa Francesco, è sociale e ambientale insieme, ed è dunque possibile pensare di risolverla solo affrontando unitamente queste facce di un’unica medaglia: «Nessuno ha facili soluzioni, tutti devono contribuire».
Non dobbiamo dimenticare le «gravi implicazioni sociali dei cambiamenti climatici – ha affermato il Pontefice – sono i più poveri a patirne con maggiore durezza le conseguenze. È in gioco la dignità di ognuno, come popoli, come comunità, come donne e uomini».
La temperatura media del pianeta è già aumentata di 0,85 gradi centigradi dal 1880, e il tasso di crescita annuo è passato dall’1,3% del 1970-2000 al 2,2% del 2000-2010. Come ha evidenziato nella sua relazione introduttiva Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, in mancanza di una netta inversione di rotta, secondo le stime recenti dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, le emissioni mondiali di CO2 da processi energetici continuerebbero a crescere dell’8% fino al 2030: dai 32,2 miliardi di tonnellate del 2013 crescerebbero a 34,8 miliardi, anziché diminuire a 25,6 miliardi come previsto dalla traiettoria necessaria per limitare l’aumento della temperatura media globale a non più di 2°C, soglia di sicurezza concordata. «Trovo particolarmente rilevante l’appello a unire la famiglia umana “senza ipocrisia” per dare risposte ai problemi aperti dell’ambiente, delle diseguaglianze e dell’economia. L’Italia può dare un contributo alla costruzione di quella economia a misura d’uomo di cui parla il Pontefice con la sua capacità di collegare saper fare, territori e comunità con innovazione e green economy», afferma Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera, mentre per la consigliera alla Regione Lazio Cristiana Avenali «dobbiamo attuare strategie di adattamento e mitigazione per rafforzare la resilienza al cambiamento climatico e ridurre i costi della gestione di tali rischi».
Gli impegni assunti finora dai governi – compreso quello italiano – in vista della Conferenza di Parigi sul clima (Cop 21) non sono però sufficienti: seguendo i trend attuali, si va verso un aumento delle temperature compreso tra i 3,7 e i 4,8 gradi centigradi che avrebbe effetti catastrofici in particolare sui Paesi più poveri; di conseguenza, più di 250milioni di persone rischiano di essere sfollate a causa dei cambiamenti climatici.
Ma il richiamo dell’attenzione sui pericoli che in particolare i poveri del mondo corrono a causa dei cambiamenti climatici non traggano in inganno. Non è “solo” per generosità che è necessario intervenire con grande urgenza, in quanto i paesi di antica industrializzazione come l’Italia non possono dirsi al sicuro. Anzi, proprio nel Bel Paese l’anomalia della temperatura media (+1,57 °C) nel 2014 è stata quasi doppia a quella globale (+0,89 °C).
«Le trattative internazionali si sono trascinate per anni senza esiti risolutivi – ha osservato amaramente Ronchi – in campo ci sono stati troppi egoismi». Parigi potrebbe essere l’ultima occasione per evitare il peggio.